lunedì 4 settembre 2017

Willa Cather, “Il mio nemico mortale” ed. 2017

                                    Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
           love story
           FRESCO DI LETTURA

Willa Cather, “Il mio nemico mortale”
Ed. Fazi, trad. S. Tummolini, pagg. 90, Euro 7,65

      Di Myra Henshawe conosciamo prima la leggenda. L’io narrante ha quindici anni quando la incontra per la prima volta, in occasione di un ritorno di Myra nella cittadina dove aveva abitato da giovane insieme allo zio Driscoll che l’aveva cresciuta come fosse stata una figlia. Adesso- Myra ha superato i quarant’anni- la splendida casa Driscoll è proprietà della Chiesa, Myra fa una risatina secca quando ne parla. E’ la zia della ragazzina che racconta alla nipote la storia romantica della sua cara amica Myra. Myra Driscoll si era innamorata di Oswald Henshawe, un giovane senza grandi prospettive, lo zio si era opposto al matrimonio: l’avrebbe diseredata se lei avesse sposato Oswald. E Myra se n’era andata via di casa, soltanto con il cappotto che aveva indosso, e un manicotto per proteggersi dal freddo. Lo zio aveva tenuto fede alla minaccia. La ragazzina che sogna ancora il grande amore per sempre, chiede se siano stati felici, se per loro è stato valido il ‘e vissero felici e contenti’. “Come la maggior parte della gente”, è l’asciutta risposta.

    Scritto nel 1926, “Il mio nemico mortale” è un gioiellino di 90 pagine che, per la perfezione della costruzione e per l’occhio esterno della ragazzina Nellie che osserva la coppia, ci fa pensare ad alcuni romanzi brevi di Henry James (“Ciò che sapeva Maisie”, ad esempio). Novanta pagine e tre strati temporali- l’inizio con l’aura leggendaria della fuga d’amore, il secondo incontro di Nellie con Myra e Oswald a New York qualche mese dopo e il terzo incontro una decina di anni più tardi. Crolla il mito, in queste novanta pagine. Non solo della coppia Myra-Oswald ma di tutti gli amori fulminanti che, quando nascono, sembrano promettere una luce gloriosa per tutta la vita.
    Quando Nellie va a New York, è affascinata dalla casa degli Henshawe, dalla raffinatezza degli arredi, dalla brillante compagnia di cui si circondano. Ma, pur essendo così giovane, Nellie percepisce qualcosa che non va, delle crepe- e ancora penso a Henry James, alla venatura nella ciotola di vetro acquistata da Maggie nel romanzo “La coppa d’oro”- in questo matrimonio che dovrebbe essere perfetto. Dei gemelli da polso che Oswald riceve in regalo (ma chiede alla zia di Nellie di fingere sia lei a regalarglieli), parole dure di un litigio, Myra che, inaspettatamente, le raggiunge sul treno in partenza. Sembra che Myra abbia due personalità, quella scintillante e arguta che assume quando è in compagnia e quella amara, da sconfitta, che trapela nel privato.

     L’ultimo incontro, quando Nellie insegna in una piccola città, è casuale. Nellie non riesce a capacitarsi che l’uomo invecchiato che ha una stanza nella stessa economica casa-albergo in cui anche Nellie alloggia sia Oswald Henshawe. Myra ormai è molto ammalata, il marito si prende cura di lei. Del fasto di una volta sono rimaste le pesanti tende color prugna che Nellie aveva ammirato a New York. Finiscono così, i grandi amori? Aveva ragione lo zio, dopo tutto? E’ il denaro a fare la differenza nella vita? E Myra diventa una figura tragica che non ha saputo vivere la quotidianità, non è stata capace di adattarsi e di cambiare.



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