domenica 3 settembre 2017

José Carlos Somoza, "La caverna delle idee" ed. 2002 Intervista

                                            Voci da mondi diversi. Penisola iberica
                                             cento sfumature di giallo
                                             Intervista


José Carlos Somoza è nato a La Avana nel 1959 e si è trasferito nel 1960 con la famiglia in Spagna dove vive tuttora. Ha studiato psichiatria, ma scrive dal 1994. Con il suo primo romanzo "Silencio de Blanca" ha vinto, nel 1996, un importante premio spagnolo per la letteratura erotica. Parliamo con lui de "La caverna delle idee", il suo sesto romanzo, già tradotto in 12 lingue e appena pubblicato in Italia dalla casa editrice Frassinelli.

Un cubano che vive a Madrid, uno psichiatra che scrive un giallo e lo ambienta nella Grecia di Platone. Incominciamo dal perché da Cuba si è trasferito in Spagna.
    Sono nato a Cuba nel 1959 ma i miei genitori sono emigrati in Spagna per motivi politici quando ero piccolissimo e io non ho nessun ricordo di Cuba e nessun legame con l' isola, anche perché non c' è più nessuno della mia famiglia che abita a Cuba.

Ha esercitato, o esercita, come psichiatra? e come è arrivato alla scrittura e al genere giallo?
    Ho esercitato pochissimo come psichiatra, solo qualche mese. Ho incominciato a scrivere perché mi piaceva e ho deciso che avrei tentato la fortuna scrivendo. Ce l' ho fatta e allora ho lasciato la psichiatria per dedicarmi interamente alla scrittura.

Come è nato questo romanzo e l' idea di ambientarlo nella Grecia classica?

    Non so mai da dove vengono le mie idee e perché. La Grecia mi ha sempre interessato ma non è certo questo il motivo. Anche Beethoven mi interessa ma non ho mai scritto un libro su Beethoven. Non so perché un giorno ho deciso di scrivere sulla Grecia classica. Il libro è nato come qualcosa di diverso. Avevo inventato una trama di suspense con protagonista Eracle Pontor, il decifratore di enigma. La storia mi piaceva, mi sembrava interessante. Poi iniziai a pensare che, se fosse stata una storia scritta a quell' epoca, c' era bisogno di un traduttore perchè io non so il greco. Prese forma in me il personaggio del traduttore. Vi pensai molto intensamente, ma per delle settimane negai la vita a questo mio personaggio. Avevo già scritto un bel testo, se incominciavo a scrivere delle note al testo sarebbe stata una follia. Sarebbe diventato un altro tipo di storia. Eppure questo traduttore che non aveva nome aveva una forza incredibile, incominciò a muoversi. Gli dicevo di andarsene e lui diceva che restava. Sembrava incredibile, ma ho dovuto includerlo. E' finita che ho cambiato tutto il romanzo per lui. In genere non si fa un romanzo per un personaggio: sarebbe la dittatura della fantasia. Ho dovuto organizzare il romanzo intorno all' ultimo arrivato e il libro è diventato qualcosa di diverso, non so se meglio o peggio. Poi, visto il successo che ha avuto, il risultato mi ha dimostrato che il traduttore doveva nascere.

I suoi due investigatori assomigliano alla classica coppia di detectives della tradizione poliziesca e, nello stesso tempo, rappresentano due diverse correnti di pensiero filosofico. Lei riesce a dare un' attrattiva "quotidiana" alla filosofia.
   E' vero che i miei due investigatori assomigliano alla classica coppia di detectives e che rappresentano due correnti di pensiero filosofico. Ma non credo che siano né detectives tipici né filosofi tipici. Da una parte Eracle Pontor si sbaglia, non arriva alla verità con la ragione, e in questo è diverso dal detective tipico. Dall' altra parte non credo neppure che Diagora sia un buon rappresentante della filosofia: è troppo temperamentale, troppo emotivo, impetuoso. Formano una bella coppia.

Il nome di Eracle Pontor: una derivazione da Hércule Poirot?

     In effetti la scelta del suo nome è un ammiccamento al lettore di gialli, ma c' è un dettaglio curioso: ai tempi platonici era esistito un filosofo membro dell' Accademia di nome Eraclide Pontico.


Per essere un giallo ambientato nei tempi antichi, il suo libro contiene delle tematiche molto attuali: quella dell' assassinio rituale
     Certo, è forse più attuale adesso, nell 'epoca di fanatismo in cui viviamo. Credo che il libro voglia dire che le cause dei grandi massacri sono emozionali, non si possono spiegare né capire sul piano razionale.

Quella del coinvolgimento del traduttore nel testo che traduce e del lettore in quello che legge.
     Il traduttore è come una figura, una maschera del lettore. Il modo con cui il traduttore, almeno quello del mio romanzo, resta coinvolto nel testo è somigliante a quello del lettore. Si pone delle domande, è sorpreso da quello che legge, dialoga col testo. E' come un coro individuale.


Ho pensato a Italo Calvino, leggendo "La caverna delle idee": quali sono i suoi scrittori preferiti? e c' è un genere che predilige?
Borges
     In effetti Italo Calvino è uno dei miei scrittori preferiti, insieme a Borges e a tutti quelli che non prendono troppo sul serio la letteratura, che giocano con la letteratura e non credono che la realtà possa essere plasmata dalla letteratura. Non credo nei generi. I miei romanzi sono difficili da classificare. "La caverna delle idee" non è un noir tipico. Penso che si debbano creare delle regole e non sottomettersi ad esse. Se ci si incasella in un genere non si trasforma la letteratura. Quindi penso che il punto di inizio sia rompere le regole e scrivere in libertà.

José Carlos Somoza, "La caverna delle idee"
Ed. Frassinelli, pagg. 306, Euro 16,00





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