Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
la Storia nel romanzo
love story
il libro ritrovato
Simon Montefiore, “L’amore ai tempi della
neve”
Ed. Corbaccio,
trad. Silvia Bogliolo, pagg. 432, Euro 16,60
Titolo originale: One Night in Winter
Senka Dorov quel giorno fu il
primo a essere condotto agli interrogatori. Malgrado avesse dieci anni e fosse
perfino basso per la sua età, aveva trascorso la notte in una cella da adulti.
A dodici anni si poteva essere condannati a morte, ma lui ne aveva meno, perciò
non potevano sparargli…però forse la legge era cambiata e…
Mosca, giugno 1945. Nel giorno della parata della Vittoria per
festeggiare la sconfitta della Germania nazista, due liceali muoiono sul Ponte
di Pietra che unisce il Cremlino all’altra sponda del fiume Moscova: è lui che
ha sparato a lei e poi si è ucciso o viceversa? I due giovani non erano ragazzi
qualunque, erano figli di persone che facevano parte della cerchia più vicino a
Stalin, frequentavano la Scuola 801, quella dell’élite moscovita, la stessa
frequentata da Svetlana, la figlia di Stalin. Fu un avvenimento piuttosto
misterioso, i servizi segreti indagarono, i compagni dei due ragazzi furono
detenuti nella famigerata Lubjanka per estenuanti interrogatori e alla fine
condannati ad una pena non eccessiva- un periodo di ‘esilio’ nell’Asia
centrale.
Il soggetto dell’appassionante romanzo “L’amore ai tempi della neve” di
Simon Montefiore non è nuovo. Ne avevamo letto un paio di anni fa ne “Il ponte
di pietra” dello scrittore russo Aleksandr Terechov, ma l’approccio è diverso,
l’omicidio-suicidio è un caso intrigante, il periodo storico quanto mai
interessante- vale la pena di rileggere la storia dei due innamorati. La
ricostruzione di Terechov, giornalista oltre che scrittore, era più storicamente
accurata, il suo era un romanzo molto ‘russo’ con qualcosa della stravaganza di
Bulgakov nel personaggio dei nostri tempi che indaga su quanto è accaduto
servendosi della documentazione fornita dall’apertura degli archivi. Simon
Montefiore ha romanzato la storia, ha cambiato i nomi, ha dipinto un vasto
quadro dell’epoca- la vita nella scuola, nelle famiglie, sul fronte durante la
guerra. Su tutti e su tutto, lo sguardo implacabile di Stalin che, per mostrare
la sua equità, aveva strappato le mostrine al figlio (per poi riabilitarlo),
che aveva spinto la seconda moglie al suicidio (Nadia aveva appena trentun
anni, Stalin aveva pianto- in ritardo).
Niente di strano, quindi, che alla
Lubjanka fossero portati non solo gli amici diciottenni di Nikolaj e di Rosa,
ma anche il fratello di uno di questi (dieci anni) e la sorellina di un altro,
di appena sei anni. Perché il padre
del decenne Senka era ministro del Controllo di Stato (aveva forse detto che
c’era un difetto nella costruzione degli aerei che continuavano a cadere?) e
quello della piccola Mariko era segretario del Comitato centrale (fu poi
allontanato da Mosca): si voleva colpire i genitori attraverso i figli. In uno
scenario politico così buio e terrificante, dove per evitare le microspie si va
a parlare passeggiando nei giardini di Alessandro oppure si aprono i rubinetti
in bagno perché il rumore dell’acqua copra le parole, dove si professa amore
incondizionato per un leader d’acciaio che non può mai sbagliare e a cui si deve essere sempre e comunque grati perché ha sempre ragione, Montefiore sposta il fuoco del suo obiettivo
sull’amore.
Nadezhda moglie di Stalin |
Un insegnante della scuola (ci ricorda
quello del film “L’attimo fuggente” di Peter Weir) fa appassionare gli studenti
alla poesia di Puškin,
tanto che questi fondano un club segreto il cui credo è borghese e
antisovietico, “vogliamo vivere nell’amore e nel romanticismo. Se non possiamo
vivere nell’amore, siamo pronti a scegliere la morte.”
L’amore come essenza
della vita per sopravvivere in un mondo dominato dalla “fredda macchina della
Storia”, l’amore ad ogni età anche se destinato a finire- paradossalmente-
nella morte (come quello dei due giovani) e nella deportazione (come la ragazza
che spera le venga permesso di seguire in America il diplomatico di cui si è
innamorata, o come la bella dottoressa ebrea madre di uno dei ragazzi coinvolti
nel caso), l’amore dei genitori per i figli (strazianti le scene in carcere
degli incontri della bimba Mariko con la mamma) e quello, sublime, del professore
che offre la sua vita mentendo per salvare i ragazzi a cui ha fatto amare Puškin.
Nel
romanzo di Simon Montefiore l’amore è l’unica realtà- come auspicavano i soci
del Club dei Romantici- in un mondo allucinato in cui la stupidità, la
grettezza e l’ignoranza trasformano un gioco fantastico da ragazzi in una
congiura di Stato.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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