lunedì 18 settembre 2017

Jan Brokken, “Bagliori a San Pietroburgo” ed. 2017

                                                            vento del Nord
         la Storia nel romanzo
         FRESCO DI LETTURA 

Jan Brokken, “Bagliori a San Pietroburgo”
Ed. Iperborea, trad. Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo, pagg. 211, Euro 17,00

     Che città grandiosa e tragica e poetica, San Pietroburgo! Per chi ci è nato e ci vive, è semplicemente, affettuosamente, Piter, come fosse un amico. Nel corso della storia ha cambiato nome più volte. Dall’originale Sankt Piter burkh, in olandese perché lo zar Pietro il Grande, il suo fondatore, aveva studiato in Olanda ed era un ammiratore dei Paesi Bassi, a Pietrogrado e poi Leningrado, per tornare ad essere trionfalmente San Pietroburgo tranne che un giorno all’anno, il 9 di maggio, in cui è di nuovo Leningrado per ricordare il tremendo assedio durato 29 mesi durante la seconda guerra mondiale.
E’ San Pietroburgo la protagonista assoluta del bel libro dell’olandese Jan Brokken intitolato “Bagliori a San Pietroburgo”. Un bel titolo. Con quel ‘bagliori’ che ci fa pensare alle luci stregate dell’aurora boreale, ai riflessi dei lampioni sulla Neva ghiacciata, a tutti i grandi scrittori, poeti, musicisti, compositori a cui la città meno russa della Russia ha dato i natali. Jan Brokken era già stato nel 1975 a Leningrado, una città diversa da quella di oggi, e i paragoni sono inevitabili. Nel 1975 era impossibile aggirarsi liberamente, si era guardinghi nel fare domande, le risposte potevano non essere mai complete o soddisfacenti. E tuttavia l’atmosfera era ancora pallidamente simile a quella in cui avevano respirato i grandi sulle cui tracce si mette lo scrittore olandese. E, ancor prima di terminare la lettura del libro, ci chiediamo che cosa ci sia nell’aria di San Pietroburgo per averci regalato un numero così alto di geni. Ci viene perfino il dubbio che c’entri la Storia, che- è triste dirlo- dittature, precarietà della vita, l’ombra degli arresti e delle torture, le privazioni e la fame, non solo temprino l’anima ma anche offrano l’arte come sfogo e sostegno, come ‘bagliore’ che illumini la via, mentre benessere, ricchezza e abbondanza paradossalmente spengano le luci e appiattiscano le menti.

    I nomi da citare sarebbero troppi- il primo è quello della poetessa Anna Achmatova, l’ultimo quello di Nina Berberova. Fra i due ce ne sono altri- giganteggiano Dostojevskij e Turgenev, ma anche Solzhenitsyn e Nabokov, Esenin e la moglie di Osip Mandel’štam, e poi i musicisti (di quanta musica echeggia la città!), Rachmaninov e Šostakovič, Rimskij Korsakov e Stravinskij e la pianista Marija Judina. Tutti rivivono nelle pagine di questo libro, come nei versi di Osip Mandel’stam, Noi ci rincontreremo a Pietroburgo, quasi avessimo lì sepolto il sole, Jan Brokken segue i loro passi, ci porta nelle loro case, ammira la statua dell’uno o dell’altra, il ritratto che lascia indovinare il carattere, ci racconta un qualche dettaglio della loro vita. Passioni, amori, amicizie, arresti e sofferenze, virtù e vizi. Cita versi che vanno dritti al cuore del lettore, che ce li fanno ricordare, che ci invogliano a scoprire altro su di loro. Jan Brokken è parco con le sue storie, non ci lascia mai sazi. Ci fa notare quanti di questi grandi nomi siano stati costretti all’esilio- ‘Con pochissime eccezioni, scrisse Nabokov in “Parla, ricordo”, tutte le energie creative di orientamento liberale avevano lasciato la Russia di Lenin e di Stalin’. E tuttavia ‘andarsene da San Pietroburgo per molti significava: non essere più a casa da nessuna parte’.
Anna Achmatova
    Un personaggio famoso che fuggì all’estero è anomalo tra gli altri- si tratta del principe Jusupov, l’uomo che uccise  Rasputin. La sua vita è tratteggiata in un capitolo breve e illuminante- due ritratti che ce ne fanno ammirare la bellezza, in uno è con la moglie che suscitò le voglie di Rasputin e scatenò il desiderio di vendetta di Feliks Jusupov, un accenno veloce al monaco barbuto e lussurioso che teneva in scacco lo zar Nicola e la zarina Alexandra promettendo la salute del piccolo Aleksej (malato di emofilia), la scena del crimine, il dettaglio piccante dell’organo sessuale di Rasputin conservato in formalina ed esposto al Museo dell’Erotismo.

   Le parole di Jan Brokken nel finale del libro esprimono quello che ogni lettore deve aver pensato, ammaliato da questa città. Tutto qui predispone a riflettere, osservare, ricordare; tutto spinge quasi impercettibilmente a una sconsolata malinconia. Se San Pietroburgo non fosse esistita, avrei inventato io questa città che sonnecchia sul fiume, come uno stato d’animo che mi corrisponde per sempre.



per contattarmi: picconem@yahoo.com

trovate le recensioni degli altri libri di Jan Brokken in post precedenti: "Anime baltiche" in quello dell'1/12/2014 e "Il giardino dei cosacchi" in quello del 29/12/2016

Nessun commento:

Posta un commento