mercoledì 13 settembre 2017

Aleksej Nikitin, “Istemi” ed. 2013

                                                          Voci da mondi diversi. Russia
                                                                        distopia
        satira
        il libro ritrovato

Aleksej Nikitin, “Istemi”
Ed. Voland, trad. Laura Pagliara, pagg. 131, Euro 13,00
Titolo originale: Istemi

   Mi interrogò dettagliatamente su Istemi, sulle relazioni tra l’imperatore Carlo e il presidente Betancourt, sulla storia della guerra tra il Khanato e i Califfati. Mi interrogò su molti punti e gli interessava tutto. Le sue domande spesso mi sbalordivano. E quando succedeva, cercavo di non darlo a vedere. Lui, invece, reagiva con fervore alle mie risposte, richiedeva e precisava la stessa cosa due o tre volte. E ascoltava sempre con grande attenzione.

      Diciamo subito chi è l’Istemi del titolo di questo romanzo ironico e divertente dello scrittore ucraino Aleksej Nikitin. Istemi è l’alter ego del protagonista Aleksandr Davydov, il nome da lui usato per crearsi l’indirizzo di posta elettronica, quello inventato, prima di tutto, per il gioco di ruolo fantastorico che aveva aiutato Aleksandr e altri quattro amici a superare la noia di un’estate. L’Istemi del gioco era stato l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e. Già, perché il gioco (qualcosa di simile al conosciutissimo Civilization) partiva da una supposta partizione dei territori dell’Unione Sovietica in un khanato, un califfato, un regno, una confederazione e un impero. I quali Stati si davano guerra, si vendevano armi, si battagliavano a parole in incontri/scontri.
   Tutto era iniziato nel settembre del 1984 (Konstantin Chernenko, stretto collaboratore di Brežhnev, era segretario del Comitato Centrale dell’URSS, da lì a cinque anni l’Unione Sovietica si sarebbe veramente disintegrata: l’aver scelto questa data, che ci ricorda inevitabilmente il titolo del romanzo di George Orwell, è un indice di lettura?). I cinque amici facevano parte di un gruppo di studenti mandati a raccogliere mele in campagna- sono pagine divertentissime, queste del preludio al dramma, un indizio ironico di come mal funzionino le cose nell’Unione Sovietica.
Perché le mele da raccogliere sono di due specie diverse che maturano le une in agosto e le altre in ottobre. Ma era stato concesso un solo invio di studenti per aiutare nella raccolta e non si poteva fare torto a nessuno. Quindi gli studenti erano arrivati in agosto, per non avere nulla da fare e annoiarsi all’infinito. E uno di loro aveva inventato il ‘gioco’, l’ultimo atto del quale era stato un ultimatum da parte di Carlo XX, imperatore del Sacro Romano Impero, a Stephane Betancourt, presidente della Confederazione Slovenorussa. C’era stata una delazione, gli amici erano stati arrestati e interrogati per due mesi nelle prigioni del KGB. Una volta rilasciati, erano stati espulsi dall’Università.
    Il tempo del romanzo di Nikitin si sposta tra il 1984 e il 2004, quando Davydov riceve una mail indirizzata a qualcuno che credeva fosse scomparso vent’anni prima, a Sua Altezza Khan del Khanato di Zaporož’e. In allegato alla mail c’è una copia del fatidico ultimatum- cambia solo l’anno della data, e l’ultimatum scade da lì a due giorni. Non può essere che uno scherzo. A che scopo? Urge mettersi in contatto con qualche altro membro del gruppo dei cinque, urge consultarsi.

   Aleksandr Nikitin non perde mai il tono giocoso nel raccontarci una storia che oscilla tra il grottesco e il tragico, rimanendo sempre divertente. E’ il divertimento di leggere tra le righe, di cogliere la pesante ironia di situazioni della cui assurdità i personaggi che le vivono non sembrano affatto rendersi conto. Che gli agenti del KGB prendano sul serio il ‘gioco’ è ridicolo, è un esempio che vuol essere paradossale dell’ottusità generalizzata, che poi ad un certo punto giochino pure loro è ancora più risibile. Non ci divertiamo più, tuttavia, anzi, avvertiamo tutta la nascosta tragicità dell’accaduto, quando leggiamo il prezzo in valuta di vita che gli studenti pagano, perché è esagerato, non è commisurato al ‘gioco’- in scala minore è come uno dei famigerati esili in Siberia per crimini inesistenti. Uno dei cinque muore, uno è ricoverato in manicomio, Istemi lavora (ironia, ancora ironia) per un’azienda americana che produce bibite gassate di color marrone, uno gestisce una rete di piccoli caffè. Solo uno di loro è arrivato al successo, addirittura nella carriera politica, ed è a lui che Davydov si rivolge, l’ingenuo Istemi che ancora crede nella lealtà e nell’amicizia.

    Ci sono un paio di sorprese nel finale, un paio di colpi di scena: delatori e traditori, affaristi, intrallazzatori, spie, doppiogiochisti, esistono e sono sempre esistiti, nell’Unione Sovietica e nella nuova Russia.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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