Voci da mondi diversi. Russia
distopia
satira
il libro ritrovato
Aleksej Nikitin,
“Istemi”
Ed. Voland, trad. Laura Pagliara, pagg. 131, Euro 13,00
Titolo originale: Istemi
Mi interrogò dettagliatamente su Istemi, sulle relazioni tra
l’imperatore Carlo e il presidente Betancourt, sulla storia della guerra tra il
Khanato e i Califfati. Mi interrogò su molti punti e gli interessava tutto. Le
sue domande spesso mi sbalordivano. E quando succedeva, cercavo di non darlo a
vedere. Lui, invece, reagiva con fervore alle mie risposte, richiedeva e
precisava la stessa cosa due o tre volte. E ascoltava sempre con grande
attenzione.
Diciamo subito chi è l’Istemi del titolo
di questo romanzo ironico e divertente dello scrittore ucraino Aleksej Nikitin.
Istemi è l’alter ego del protagonista Aleksandr Davydov, il nome da lui usato
per crearsi l’indirizzo di posta elettronica, quello inventato, prima di tutto,
per il gioco di ruolo fantastorico che aveva aiutato Aleksandr e altri quattro
amici a superare la noia di un’estate. L’Istemi del gioco era stato l’ultimo
signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e. Già, perché il gioco (qualcosa di simile al
conosciutissimo Civilization) partiva da una supposta partizione dei territori
dell’Unione Sovietica in un khanato, un califfato, un regno, una confederazione
e un impero. I quali Stati si davano guerra, si vendevano armi, si
battagliavano a parole in incontri/scontri.
Tutto era iniziato nel settembre del 1984
(Konstantin Chernenko, stretto collaboratore di Brežhnev, era segretario del Comitato Centrale dell’URSS,
da lì a cinque anni l’Unione Sovietica si sarebbe veramente disintegrata:
l’aver scelto questa data, che ci ricorda inevitabilmente il titolo del romanzo
di George Orwell, è un indice di lettura?). I cinque amici facevano parte di un
gruppo di studenti mandati a raccogliere mele in campagna- sono pagine
divertentissime, queste del preludio al dramma, un indizio ironico di come mal
funzionino le cose nell’Unione Sovietica.
Perché le mele da raccogliere sono di
due specie diverse che maturano le une in agosto e le altre in ottobre. Ma era
stato concesso un solo invio di studenti per aiutare nella raccolta e non si
poteva fare torto a nessuno. Quindi gli studenti erano arrivati in agosto, per
non avere nulla da fare e annoiarsi all’infinito. E uno di loro aveva inventato
il ‘gioco’, l’ultimo atto del quale era stato un ultimatum da parte di Carlo
XX, imperatore del Sacro Romano Impero, a Stephane Betancourt, presidente della
Confederazione Slovenorussa. C’era stata una delazione, gli amici erano stati
arrestati e interrogati per due mesi nelle prigioni del KGB. Una volta
rilasciati, erano stati espulsi dall’Università.
Il tempo del romanzo di Nikitin si sposta
tra il 1984 e il 2004, quando Davydov riceve una mail indirizzata a qualcuno
che credeva fosse scomparso vent’anni prima, a Sua Altezza Khan del Khanato di Zaporož’e. In allegato alla mail c’è
una copia del fatidico ultimatum- cambia solo l’anno della data, e l’ultimatum
scade da lì a due giorni. Non può essere che uno scherzo. A che scopo? Urge
mettersi in contatto con qualche altro membro del gruppo dei cinque, urge
consultarsi.
Aleksandr Nikitin non perde mai il tono giocoso nel raccontarci una
storia che oscilla tra il grottesco e il tragico, rimanendo sempre divertente.
E’ il divertimento di leggere tra le righe, di cogliere la pesante ironia di
situazioni della cui assurdità i personaggi che le vivono non sembrano affatto
rendersi conto. Che gli agenti del KGB prendano sul serio il ‘gioco’ è
ridicolo, è un esempio che vuol essere paradossale dell’ottusità generalizzata,
che poi ad un certo punto giochino pure loro è ancora più risibile. Non ci
divertiamo più, tuttavia, anzi, avvertiamo tutta la nascosta tragicità
dell’accaduto, quando leggiamo il prezzo in valuta di vita che gli studenti
pagano, perché è esagerato, non è commisurato al ‘gioco’- in scala minore è
come uno dei famigerati esili in Siberia per crimini inesistenti. Uno dei
cinque muore, uno è ricoverato in manicomio, Istemi lavora (ironia, ancora
ironia) per un’azienda americana che produce bibite gassate di color marrone,
uno gestisce una rete di piccoli caffè. Solo uno di loro è arrivato al
successo, addirittura nella carriera politica, ed è a lui che Davydov si
rivolge, l’ingenuo Istemi che ancora crede nella lealtà e nell’amicizia.
Ci sono un paio di sorprese nel finale, un
paio di colpi di scena: delatori e traditori, affaristi, intrallazzatori, spie,
doppiogiochisti, esistono e sono sempre esistiti, nell’Unione Sovietica e nella
nuova Russia.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Nessun commento:
Posta un commento