Casa Nostra. Qui Italia
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
Carla Maria Russo, “La bastarda degli Sforza”
Ed. Piemme, pagg. 221, Euro 15,22
“Sono ancora viva insieme ai miei figli,” scrissi a Feo “e resterò viva
ancora per un poco perché vorranno usarmi come mezzo per esercitare pressioni
su di voi e costringervi a consegnare loro la rocca. Vi ordino di restare
irremovibile e fermissimo, anche se mi vedeste supplicare o mettere ai
tormenti. Se cederete al ricatto anche solo per pietà di me o dei miei figli,
allora sì, condannereste tutti a morte certa. Finché voi resisterete, noi
vivremo.”
Quella tygre di la madonna
di Forlì che aveva tucta spaventata la Romagna- viene definita così, nelle
cronache del tempo, Caterina Sforza Riario, affascinante protagonista del nuovo
romanzo di Carla Maria Russo. Una tigre. Splendida, ruggente, pericolosa. Forse
anche il bagliore dei capelli dorati e la fierezza dello sguardo fanno pensare
all’animale che abbatte il nemico con una zampata.
All’inizio del libro, però,
quando la conosciamo, Caterina ha solo cinque anni, è solo un tigrotto che
conquista il cuore del maestro d’armi e di tutta la guarnigione del castello
sforzesco di Milano quando esige di essere ammessa a prendere lezioni e a
tirare di spada come i fratelli e i cugini. Ma se non riesce neppure a tenerla
in mano, una spada? Non importa, lei irrobustirà le sue braccine, è la nonna
Bianca Maria Sforza ad incoraggiarla. Eppure Caterina è una dei figli bastardi
che il conte Galeazzo Maria Sforza ha avuto da Lucrezia Landriani, moglie del
cortigiano Gian Piero Landriani. Cresciuta però a corte insieme ai figli che
Galeazzo Maria ha avuto dalla moglie Bona, una donna dolcissima che aveva
adottato i bastardi del marito.
Il racconto della vita straordinaria di
Caterina, che diventerà contessa di Imola e di Forlì, prima insieme al marito
Girolamo Riario e poi come reggente per il figlio Ottaviano, procede alternando
una narrativa in prima persona- quasi fosse un diario della stessa Caterina,
una voce soggettiva e personale carica di emozione- ed una in terza persona che
intesse un quadro più vasto e arricchisce la scena di personaggi portando avanti
le vicende, fornendo una sorta di cronaca delle ingarbugliate relazioni tra i
vari staterelli, con le rivalità, le alleanze, le inimicizie, i giochi di
potere portati avanti usando le persone come scacchi umani, trascurando
qualunque valore morale o senso di rispetto.
1472. Come tenersi Imola, conquistata da
Galeazzo Maria, senza scatenare una guerra con il papa Sisto IV che pretende la
restituzione della città? Con un compromesso, dando in sposa una Sforza a
Girolamo Riario, nipote del papa. Ci sono due fanciulle disponibili, due
bambine, anzi. Costanza, di undici anni, cugina di Galeazzo Maria, e sua figlia
Caterina di nove anni. Che si mandi al sacrificio Costanza! Sua madre, però,
Gabriella Gonzaga, si oppone. Teme che non venga rispettata la legge
ecclesiastica che impone si aspetti il compimento dei quattordici anni per
consumare il matrimonio. Allora toccherà a Caterina. Nove anni e un marito di
ventisette che ha premura di assicurarsi che il matrimonio sia un passo
definitivo. Che violenta una bimba a cui è stato inculcato il principio che una
Sforza non piange, non fiata, è coraggiosa. Un trauma che si porterà dietro per
sempre, anche se, dopo, darà sei figli a Girolamo Riario, disprezzandolo ma
obbligata a sottomettersi.
Carla Maria Russo ci ha avvisato che questa
è un’opera di fantasia e che i fatti storici sono da lei liberamente
interpretati. Se il lettore intende leggere un libro di storia, ha sbagliato
libro. Se però vuole tuffarsi nella storia, accettando che la trama del
canovaccio sia solida ma che i colori delle scene raffigurate siano rese
brillanti dall’immaginazione, “La bastarda degli Sforza” è un’appassionante
escursione nel passato, tra il 1472 e il 1488, da quando la piccola Caterina
impugna la spada per gioco a quando si erge come una furia, come una tigre,
dagli spalti della fortezza di Ravaldino, più uomo lei- se attribuiamo il
coraggio guerriero solo agli uomini- di quel codardo di suo marito.
Caterina
che stringe la bambola mentre Girolamo si impone su di lei, Caterina nella
gloria della sua bellezza adolescente quando deve raggiungere il marito,
Caterina che si interessa di erbe medicali che le serviranno per curare gli
ammalati, Caterina che sfida ali di folla minacciosa uscendo a cavallo da
Castel Sant’Angelo, Caterina e si suoi figli prigionieri: Caterina ci incanta,
ammiriamo la donna Caterina che ci pare una femminista ante litteram, vogliamo
sapere altro di Caterina, giriamo pagina con ansia e…il libro è finito. Con la
promessa che ci sarà un seguito.
Rocca di Ravaldino |
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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