vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Henning Mankell,
“Muro di fuoco”
Ed. Marsilio, trad. Giorgio Puleo, pagg. 517, Euro 18,00
“La
gente ha l’abitudine di dire che la tecnologia ha reso il mondo più piccolo”
disse Hökberg. “E’ un concetto opinabile. Ma è indubbio che il mio mondo è
diventato più grande. Da questa casa alla periferia di Ystad, io posso operare
su tutti i mercati del mondo. Posso contattare agenzie per scommesse a Londra o
a Roma. Posso chiedere un’opzione alla Borsa di Hong Kong e vendere dollari
americani a Giacarta.”
C’è solo Henning Mankell che è
capace di tenere avvinto il lettore per più di 500 pagine, e, ancora, c’è solo
Henning Mankell che è in grado di mantenere in vita il personaggio di un
ispettore, in una serie che è arrivata all’ottavo romanzo, senza conoscere
cedimenti e senza stancarci. E c’è un’altra cosa che non cessa di stupirci
nell’autore svedese: la grandiosità delle sue trame. Mankell è grandioso- il
Male, nei romanzi di Mankell, non è mai il male con la m minuscola, lo striminzito e meschino male di provincia che ci si
potrebbe aspettare nella regione periferica della Scania. Non si tratta mai di
delitti dettati da avidità o passione o gelosia o vendetta, è un Male
immaginifico e grandioso che muove le sue trame in ampi spazi, attraversando i
confini, superando le barriere del tempo- e pensiamo agli ultimi due libri
pubblicati da Marsilio, “La leonessa bianca” e “L’uomo che sorrideva”. Se
sostituiamo il titolo italiano “Muro di fuoco” con il vocabolo inglese Firewall, comprendiamo immediatamente
che il nodo centrale del nuovo romanzo di Mankell è nascosto nei computer,
difeso da protezioni ad altissima sicurezza a prova di hacker. L’inizio può
trarre in inganno, e non solo il lettore, visto che lo stesso Kurt Wallander
pensa che il tassista brutalmente assassinato da due ragazzine sia un caso che
dimostra la scelleratezza dei tempi in cui viviamo, la degenerazione dei
giovani. Poi succede dell’altro: un blackout fa piombare l’intera Scania nel
buio totale e, subito dopo, viene trovato in una centrale elettrica il corpo
carbonizzato di una ragazza; il cadavere di un uomo scompare dall’obitorio per
riapparire- con due dita mozzate- vicino allo sportello di bancomat dove era
stramazzato a terra, presumibilmente colpito da un infarto; su un traghetto per
la Polonia
muore un ragazzo orrendamente maciullato dall’elica. Non sembra esserci alcun
nesso tra queste morti, eppure…qualcuno spara a Wallander mentre questi entra
nell’appartamento del morto del bancomat, il ragazzo era amico dell’assassina
del tassista, spunta un uomo dai lineamenti asiatici, vengono trovate una
cartolina e una fotografia che portano a Luanda, in Angola.
Non diciamo altro
riguardo alla trama che è ricca di colpi di scena, di tensione e di sorprese. Ma
soprattutto ci pone dei quesiti che ci fanno riflettere sul mondo in cui
viviamo, su dove ci abbiano condotto le nuove tecnologie, su quanto ci abbiano
reso vulnerabili proprio le innovazioni che ci fanno sentire padroni
dell’universo. E’ la concezione stessa dello spazio che è cambiata: quando
Wallander trova scritto in un appunto che lo spazio tace, il suo pensiero va
allo spazio della poetica romantica e invece si tratta dello spazio
attraversato in una frazione infinitesimale di tempo da un messaggio inviato da
un computer. Mai come adesso il mondo è stato così piccolo e così facilmente
raggiungibile in ogni suo angolo, ma, nello stesso tempo, mai è stato così
trasparente e fragile: se si riesce a intercettare persino un banale annuncio
personale del nostro Wallander, che si sente solo e cerca una donna, possiamo
immaginare le conseguenze che può scatenare un sabotaggio finanziario eseguito
attraverso la rete elettronica. Ed è quello che succede in “Muro di fuoco”.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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