Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
painting fiction
il libro ritrovato
Susan Vreeland, “Una ragazza da Tiffany”
Ed. Neri Pozza, trad. Massimo
Ortelio, pagg. 498, Euro 18,00
Titolo originale: Clara and Mr. Tiffany
Non era il quinto giorno che Dio diceva: Brulichino le acque di moltitudini di esseri
viventi? Libellule! Libellule che
sfrecciavano intorno ad un sole fiammeggiante, sopra una piccola cupola di
luce, splendida come la volta celeste! Niente filigrana, il vetro delle ali
avrebbe avuto venature violette, se non magenta, contro un cielo turchino.
Nella frenesia del volo, le piccole ali si sarebbero sovrapposte creando
imprevedibili combinazioni di colore.
Immaginate del glicine. Immaginate una
cascata di grappoli di glicine su un muro assolato. Immaginate il colore dei
fiori, le diverse tonalità di azzurro, o di lilla. Immaginate la perfezione
della natura in quegli infiniti petali che si ammassano, ricadendo l’uno
sull’altro, con una leggerezza e una grazia senza pari. Ora immaginate che
questa pianta di glicine sia in qualche modo riportata sul vetro del paralume
di una lampada e che sia illuminata dall’interno: si accenderà di vita, le
sfumature dei petali palpiteranno. Farà restare senza fiato ad ammirarla in una
commozione stupita.
E’ difficile mettere in parole quello che
si prova leggendo “Una ragazza da Tiffany”, il nuovo romanzo di Susan Vreeland,
pubblicato in italiano prima ancora che in originale. E’ la gioia tranquilla
della visione dell’arte, perché, raccontandoci la storia di Clara Driscoll,
disegnatrice di vetri per la Tiffany Glass
&Decorating Company, la scrittrice americana ci racconta anche di come sono
nate le famose lampade di vetro a piombo ormai note come ‘di stile Tiffany’. Ci
parla delle idee ‘dietro’ i paralumi, delle visioni che li hanno ispirati-
libellule e cavallucci marini, papaveri e peonie, farfalle e oche selvatiche,
glicine e gelsomini. Ci fa ‘vedere’, insieme a Clara Driscoll. Prima la natura,
poi l’imitazione della natura sul vetro. Quando l’arte sembra persino più bella
del vero. Ci porta dentro il laboratorio di Clara, ci fa seguire le tecniche di
lavorazione, le difficoltà pratiche di adeguare il vetro alla visione che è
diventata disegno, i problemi che insorgono davanti ai costi delle lampade-
ognuna un oggetto d’arte squisito e di grande valore, troppo elevato per il
mercato degli acquirenti medi. C’è di che restare incantati.
Ma non è tutto. Susan Vreeland ha letto
l’epistolario di Clara Driscoll e, sulla base di quello, ci dipinge il ritratto
di una giovane donna di fine ottocento, che lavora, che ama, che si muove in
una New York che sta iniziando a diventare la metropoli che è ora. Tra il 1892
e il 1908 Clara disegna le prime lampade, rende famoso Louis Tiffany con le sue
creazioni, riesce a dare uno spirito di corpo alle altre ragazze che lavorano
con lei, riesce addirittura a renderle consapevoli dei loro diritti come
lavoratrici operaie sfidando un mondo in cui la manodopera è quasi soprattutto
maschile e in cui i sindacati accettano solo le iscrizioni degli uomini. “Una
ragazza da Tiffany” diventa, così, il romanzo di un’epoca di grandi
cambiamenti- sociali, economici, di costume- ambientato nella città che aveva
inaugurato da poco il ponte di Brooklyn, il più lungo ponte sospeso, e dove i
primi grattacieli suscitano meraviglia e perplessità:
Clara cita più volte il
Flatiron, l’insolito grattacielo a pianta triangolare che deve il nome al fatto
che sembra un ferro da stiro e che fu terminato nel 1902. Le carrozze cedono a
poco a poco il posto alle automobili, Clara abita in una pensione i cui altri
inquilini sono artisti e intellettuali: in questo ambiente l’omosessualità è
tacitamente accettata, non fa scandalo e ci stupisce un poco che Clara, così
aperta alle diverse inclinazioni altrui, si attenga ad una stretta moralità per
quello che la riguarda. Passano molti anni prima che Clara, vedova non
particolarmente bella anche se non priva di un suo fascino, trovi l’amore: il
secondo uomo della sua vita scompare all’improvviso e il terzo deve prima
liberarsi dai legami di un matrimonio. Forse è proprio perché è così libera da
legami famigliari che Clara riesce a dedicarsi interamente alla sua arte:
l’arte diventa il valore supremo, arte come ispiratrice del bene, arte come
elevazione dello spirito. Arte che contagia, anche noi attraverso la bella
scrittura di Susan Vreeland.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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