martedì 25 novembre 2014

Susan Vreeland, "Una ragazza da Tiffany" ed. 2010

                                      Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America              
                                                           painting fiction
                                                           il libro ritrovato


Susan Vreeland, “Una ragazza da Tiffany”
Ed. Neri Pozza, trad. Massimo Ortelio, pagg. 498, Euro 18,00

Titolo originale: Clara and Mr. Tiffany   
 
    Non era il quinto giorno che Dio diceva: Brulichino le acque di moltitudini di esseri viventi? Libellule! Libellule che sfrecciavano intorno ad un sole fiammeggiante, sopra una piccola cupola di luce, splendida come la volta celeste! Niente filigrana, il vetro delle ali avrebbe avuto venature violette, se non magenta, contro un cielo turchino. Nella frenesia del volo, le piccole ali si sarebbero sovrapposte creando imprevedibili combinazioni di colore.



    Immaginate del glicine. Immaginate una cascata di grappoli di glicine su un muro assolato. Immaginate il colore dei fiori, le diverse tonalità di azzurro, o di lilla. Immaginate la perfezione della natura in quegli infiniti petali che si ammassano, ricadendo l’uno sull’altro, con una leggerezza e una grazia senza pari. Ora immaginate che questa pianta di glicine sia in qualche modo riportata sul vetro del paralume di una lampada e che sia illuminata dall’interno: si accenderà di vita, le sfumature dei petali palpiteranno. Farà restare senza fiato ad ammirarla in una commozione stupita.
     E’ difficile mettere in parole quello che si prova leggendo “Una ragazza da Tiffany”, il nuovo romanzo di Susan Vreeland, pubblicato in italiano prima ancora che in originale. E’ la gioia tranquilla della visione dell’arte, perché, raccontandoci la storia di Clara Driscoll, disegnatrice di vetri per la Tiffany Glass &Decorating Company, la scrittrice americana ci racconta anche di come sono nate le famose lampade di vetro a piombo ormai note come ‘di stile Tiffany’. Ci parla delle idee ‘dietro’ i paralumi, delle visioni che li hanno ispirati- libellule e cavallucci marini, papaveri e peonie, farfalle e oche selvatiche, glicine e gelsomini. Ci fa ‘vedere’, insieme a Clara Driscoll. Prima la natura, poi l’imitazione della natura sul vetro. Quando l’arte sembra persino più bella del vero. Ci porta dentro il laboratorio di Clara, ci fa seguire le tecniche di lavorazione, le difficoltà pratiche di adeguare il vetro alla visione che è diventata disegno, i problemi che insorgono davanti ai costi delle lampade- ognuna un oggetto d’arte squisito e di grande valore, troppo elevato per il mercato degli acquirenti medi. C’è di che restare incantati.

    Ma non è tutto. Susan Vreeland ha letto l’epistolario di Clara Driscoll e, sulla base di quello, ci dipinge il ritratto di una giovane donna di fine ottocento, che lavora, che ama, che si muove in una New York che sta iniziando a diventare la metropoli che è ora. Tra il 1892 e il 1908 Clara disegna le prime lampade, rende famoso Louis Tiffany con le sue creazioni, riesce a dare uno spirito di corpo alle altre ragazze che lavorano con lei, riesce addirittura a renderle consapevoli dei loro diritti come lavoratrici operaie sfidando un mondo in cui la manodopera è quasi soprattutto maschile e in cui i sindacati accettano solo le iscrizioni degli uomini. “Una ragazza da Tiffany” diventa, così, il romanzo di un’epoca di grandi cambiamenti- sociali, economici, di costume- ambientato nella città che aveva inaugurato da poco il ponte di Brooklyn, il più lungo ponte sospeso, e dove i primi grattacieli suscitano meraviglia e perplessità:
Clara cita più volte il Flatiron, l’insolito grattacielo a pianta triangolare che deve il nome al fatto che sembra un ferro da stiro e che fu terminato nel 1902. Le carrozze cedono a poco a poco il posto alle automobili, Clara abita in una pensione i cui altri inquilini sono artisti e intellettuali: in questo ambiente l’omosessualità è tacitamente accettata, non fa scandalo e ci stupisce un poco che Clara, così aperta alle diverse inclinazioni altrui, si attenga ad una stretta moralità per quello che la riguarda. Passano molti anni prima che Clara, vedova non particolarmente bella anche se non priva di un suo fascino, trovi l’amore: il secondo uomo della sua vita scompare all’improvviso e il terzo deve prima liberarsi dai legami di un matrimonio. Forse è proprio perché è così libera da legami famigliari che Clara riesce a dedicarsi interamente alla sua arte: l’arte diventa il valore supremo, arte come ispiratrice del bene, arte come elevazione dello spirito. Arte che contagia, anche noi attraverso la bella scrittura di Susan Vreeland.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it




      

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