lunedì 17 novembre 2014

Susan Vreeland, "La lista di Lisette" ed. 2014

                             Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                       



INTERVISTA A SUSAN VREELAND

E’ un piacere incontrare di nuovo, a distanza di anni, Susan Vreeland, a Milano nella settimana di Milano BookCity. E’ sempre la stessa, sottile, raffinata, elegante, con un’aria fragile. Lei dice che ricorda la mia voce. Non so se sia vero, ma è gentile da parte sua dirlo.

Chi è il protagonista del romanzo? Lisette o la Provenza? L’importanza che il paesaggio ha nel romanzo mi ha ricordato “L’amante della foresta”- il paesaggio come fonte di ispirazione.

     Penso che il personaggio principale sia Lisette, ma il paesaggio mi ha ispirato a ideare Lisette e l’intero romanzo. Quando visitai Roussillon, pensai che sarebbe stato una splendida ambientazione e a come potessi collegarlo con il mondo dell’arte. Quando poi ho scoperto che c’erano le miniere di ocra nella zona, quello mi ha fornito il legame che cercavo. Il passo seguente è stato inventare un minatore e connetterlo con il mondo dell’arte a Parigi facendolo vendere i pigmenti e facendogli fare le cornici per Pissarro e Cézanne. Poi farlo tornare a Roussillon e introdurre Lisette dopo che André e Lisette sono andati a vivere con lui. Il paesaggio mi ha portato a Lisette, ma il paesaggio non cambia, al contrario di Lisette che matura nel tempo mentre impara ad amare il paese dove è venuta a vivere.. All’inizio Lisette non è affatto contenta di essersi trasferita da Parigi, finché Pasacal le racconta di come avesse conosciuto i pittori.

Questo romanzo ha anche un profondo coinvolgimento con la Storia: era il tempo in cui è ambientato il libro che lo richiedeva oppure ha scelto questo periodo perché le interessavano gli avvenimenti storici della Francia spaccata in due?

      Per il secondo motivo. Ho scelto questo periodo per la sua minaccia all’arte della Francia e di tutti i paesi occupati.

Il romanzo gira intorno all’arte dando spazio a tutti quelli che hanno a che fare con l’arte: i corniciai e i minatori che estraggono l’ocra. Era importante all’epoca il ruolo dei corniciai?

     Sì, certo. Gli impressionisti lottavano per far incorniciare i loro quadri. Penso che Pissarro avrebbe pensato di mancare di rispetto agli altri impressionisti, se anche lui, come loro, non metteva in cornice i suoi quadri. Non poteva mostrare i suoi dipinti insieme a quelli degli altri senza cornice. Le cornici erano un completamento del quadro: l’inizio dei quadri è nelle miniere da dove provengono i pigmenti e il tocco finale è mettere la cornice. Volevo sottolineare quanto profondamente Pascal sentisse di far parte di questo processo e di come si sentisse onorato. Attraverso lui volevo mostrare che una persona non colta poteva avere un rapporto profondo con i quadri, che l’arte non è solo per un’élite.

Sono stata affascinata dalla descrizioni delle miniere di ocra: le ha visitate, che cosa ha provato?

    Sembrava essere in un luogo sacro. Essere nelle miniere dove gli uomini scavavano qualcosa dalla terra per fare un’opera di bellezza mi fece sentire che il loro era un compito sacro. Le gallerie delle miniere erano così alte che sembravano la navata di una chiesa. Ecco perché volevo ambientare là il mio libro.

Un’altra cosa che ho scoperto nel suo libro sono stata i bories.Ancora la stessa domanda: li ha visitati? E che cosa ha provato davanti a queste abitazioni così primitive?

     Ho iniziato a pensare a come vivevano le persone in quelle abitazioni,
quale tipo di linguaggio usassero e che tipo di pensieri avessero sulla natura che li circondava. La luce nell’interno era quella che entrava dalla porta aperta. Quello che è stupefacente è come non entri l’acqua dentro, considerando come sono costruite.

Cézanne e Chagall occupano il posto più importante fra i pittori di cui parla nel libro: c’è un motivo speciale?

    Cézanne era nato a Aix-en-Provence, penso che capisse l’importanza delle miniere, ha dipinto parecchie volte Mont Saint Victoire con dei minatori in primo piano, penso che onorasse i minatori come degli eroi dell’arte che sarebbe nata. Chagall, poi, perché si nascose là, a circa 8 chilometri da Roussillon. Mi permetteva di creare una progressione di artisti- i primi impressionisti, Pissarro, e poi Cézanne, che non è un vero e proprio impressionista ma si indirizza già verso il cubismo, a Picasso ho dedicato un piccolo cammeo per fare un collegamento con il post-impressionismo e il post-modernismo di Chagall e i suoi dipinti frutto dell’immaginazione e delle leggende russe. Ho provato eccitazione quando ho saputo che Chagall si era nascosto laggiù: mi offriva l’argomento della distruzione dell’arte europea dopo il Rinascimento voluta dai nazisti.


In tutti i suoi romanzi c’è un messaggio costante ed è quello della capacità dell’arte di nobilitare lo spirito.


    Mi piace la parola che ha usato, “nobilitare”, ecco perché scrivo romanzi sull’arte, mi piace pensare che i lettori abbiano voglia di andare a visitare un museo, dopo aver letto un mio romanzo.

l'intervista è stata pubblicata su www.wuz.it



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