sabato 22 novembre 2014

Susan Vreeland, "L'amante del bosco" ed. 2004

                                              Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                                       painting fiction
           il libro ritrovato


Susan Vreeland, “L’amante del bosco”
Ed. Neri Pozza, trad.Chiara Gabutti, pagg. 462, Euro 17,00

I nativi la chiamavano hailat, “persona con il potere dello spirito nelle mani”, quella donna audace che si era spinta nelle loro terre al Nord, in Canada, indossando una gonna che aveva cucito in mezzo alle gambe per trasformarla in un più comodo pantalone, avida di conoscere le loro storie, pronta a condividere le loro esperienze, capace di mettere su tela la luce che filtrava tra gli alberi giganteschi trasformando la foresta in una cattedrale, il colore cupo degli abeti e quello squillante dei pali totemici con le figure di Corvo, di Orso, di Aquila e di altre creature, una seduta sulle spalle dell’altra- i potenti antenati in cui loro si identificavano. Non è molto conosciuta al di fuori del Canada, la pittrice Emily Carr, vissuta tra il 1871 e il 1945, che è al centro del nuovo romanzo della scrittrice americana Susan Vreeland, “L’amante della foresta”. Una figura di donna anticonvenzionale che rifiuta le regole strette della morale e della società del suo tempo, i canoni tradizionali della bellezza e gli scialbi colori dell’acquarello, per seguire quella che lei pensa essere la sua missione: preservare nei suoi quadri i totem degli indigeni, prima che marciscano o vengano rubati o venduti.
Dedicare la sua vita all’arte significa, per Emily Carr, non soltanto affrontare i disagi e i pericoli di un viaggio in una terra inospitale, ma anche l’opposizione della sua famiglia, le difficoltà economiche, i pregiudizi della gente e, soprattutto, il mancato riconoscimento del valore dei suoi quadri. Ci vorranno anni prima che il Canada senta la necessità di trovare un’identità nel suo paesaggio e nel retaggio culturale delle popolazioni che l’abitavano prima dell’arrivo dell’uomo bianco, e prima che sia pronto a “vedere” i quadri della Carr, che si appropria dello stile indigeno che sente suo, distorcendo le immagini per dare espressione, applicando pennellate forti e cupe, dipingendo i totem in cui non c’è distanza tra animale e uomo, tra natura e spirito. Abbiamo già potuto apprezzare la sensibilità con cui Susan Vreeland si avvicina alla pittura nel romanzo precedente, “La passione di Artemisia”, e ritroviamo lo stesso tocco felice ne “L’amante della foresta”, capace di ridare vita ad un personaggio vero mescolando realtà biografica e finzione narrativa, circondandolo di altre figure, le sorelle diffidenti della sua stravaganza, un innamorato per cui la Carr non ha tempo, l’amica squamish che seppellisce un bambino dopo l’altro, l’uomo reso folle dalla severità del padre missionario, la pittrice neozelandese.
Ma forse il merito maggiore della Vreeland è quello di prestarci gli occhi per vedere i quadri di Emily, con tutte le storie che ci sono dietro che raccontano di coraggio e di disperazione, di morti e di nuove vite, in un ciclo continuo.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net







Nessun commento:

Posta un commento