venerdì 11 dicembre 2015

Intervista a Dominique Manotti, autrice di "Le mani su Parigi", ed. 2007

                                           Voci da mondi diversi. Francia
                                            cento sfumature di giallo



Intervista a Dominique Manotti

    Non demorde, Dominique Manotti, nella sua denuncia di tutto quello di marcio che c’è nella Francia contemporanea. Insegnante universitaria di Storia economica e attiva sindacalista, dopo la trilogia noir- sempre pubblicata in Italia dalla casa editrice Tropea- che aveva come protagonista un affascinante ispettore omosessuale, il nuovo romanzo “Le mani su Parigi” è sulla Francia di Mitterrand, Presidente dal 1881 al 1995. Abbiamo intervistato la scrittrice

 Abbiamo l’impressione che ci sia qualcosa di diverso in questo suo nuovo libro, come un passaggio dal sociale al politico. E una maggiore rabbia. Contro le istituzioni, contro chi ha il potere: è un’impressione giusta?
      Sì, giustissima. E’ un libro molto “politico” perché tratta del traffico di armi. All’origine volevo scrivere qualcosa che fosse come un grande quadro del giro di soldi negli anni ‘80. Ne “Il bicchiere della staffa” avevo trattato della speculazione immobiliare, in “Curva Nord” del calcio, e ora del traffico di armi. Quest’ultimo libro è, per l’argomento stesso, più politico; inoltre, intrecciandolo con la vicenda, ho anche toccato quello che riguarda il funzionamento della presidenza durante l’epoca di Mitterrand- la cellula dell’Eliseo che era una polizia parallela costruita nel cuore della Repubblica. E sottolineo che tutto quello che si riferisce alla cellula, nel romanzo, è basato su documenti veri. Dunque è evidente che è un romanzo più “politico” degli altri e ha proprio ragione, c’è della rabbia nel romanzo. Appartengo alla generazione della guerra di Algeria e del maggio del ‘68 e ho visto sotto i miei occhi distruggere la sinistra francese. La presidenza Mitterrand per me vuol dire la distruzione della Sinistra francese. Se oggi la Sinistra non esiste più è perché è stata distrutta in quegli anni. Le organizzazioni politiche impiegano anni a morire: la morte è iniziata negli anni ‘80. Quello che racconto è l’inizio di quella morte.

Iniziamo a commentare il titolo originale, che contiene un’amarezza satirica che manca in quello italiano: Nos fantastiques années frics, con quell’iperbole dell’aggettivo “fantastiques” che già dice molto.
   Fantastiques: quelli furono gli anni in cui la Sinistra scoprì l’eccitazione dei soldi, il piacere di fare soldi, di nuotare nei soldi. La Sinistra ha sempre avuto piccole storie di corruzione ma nell’insieme disprezzava il denaro. In Francia c’è anche una Destra che disprezza il denaro. De Gaulle detestava i soldi, era un uomo di un’integrità straordinaria. Quando riceveva i nipotini all’Eliseo, si dice- ma credo sia del tutto vero- che pagasse di tasca sua i dolci per la merenda. Lui era il Presidente, lui e non la sua famiglia, non i suoi nipoti. Era di un’onestà estrema, aveva quel senso dello Stato che segnava una parte della Destra e tutta la Sinistra.
Negli anni ‘80 non è cambiata solo la Sinistra, è cambiato il mondo. La Sinistra ha scoperto i soldi. C’è stato un elemento che ha accelerato questa caduta sul denaro: il decentramento. Prima in Francia il potere era centralizzato a Parigi. Poche persone avevano accesso al denaro di Stato. Con il decentramento il potere di gestire il denaro di Stato è stato spostato ai comuni e ai dipartimenti. Erano più numerosi gli uomini politici che avevano accesso ai soldi: questa ha significato l’accelerazione della corruzione. C’era poco controllo: in tanti si sono trovati con i soldi a fare quello che volevano. Era una riforma necessaria ma ha affrettato la corruzione in maniera incredibile. E poi- questo è molto importante- la gente veniva condannata per malversazione e poi veniva rieletta. Non era mai successo prima. Una volta, se succedeva una cosa del genere, se uno rubava soldi della cassa pubblica, spariva dalla vita politica.

Dopo la trilogia con un affascinante ispettore gay, in questo romanzo c’è un altro personaggio insolito, Noria, la poliziotta araba: una concessione alla nuova realtà dei tempi? E la ritroveremo in altri romanzi?
       E’ vero che ci sono sempre più persone di origine magrebina nella vita quotidiana francese, ma Noria è un omaggio alle mie studentesse. Ho insegnato per più di vent’anni nella banlieue e ho amato le ragazze magrebine che seguivano le mie lezioni: sono molto combattive, vogliono uscire dal loro ambiente. Alcune sono scomparse, alcune hanno fatto una fine tragica, alcune sono state costrette a matrimoni organizzati. Ma per lo più hanno voluto uscire con energia straordinaria dal loro ambiente. E sì, la ritroviamo nel romanzo che sto scrivendo, anche se in un ruolo secondario: Noria lascia la polizia…

Parliamo prima dei personaggi femminili di questo romanzo che presenta un quadro scoraggiante di umanità: parlando chiaro, tutte le donne delle romanzo sono delle puttane. Quelle che fanno eccezione- la donna giudice, la moglie di Bornand e Noria- sono o scialbe o bruttine.  Il motivo è che le donne puttane sono quelle che meglio si addicono agli uomini farabutti del romanzo? Oppure non ha una gran considerazione per il sesso femminile?
      Non è sempre vero che le mie donne che valgono sono sempre bruttine. Ne “Il bicchiere della staffa”, Agathe è bella. Le mie donne sono persone forti, amo solo le donne forti, ma nell’ambiente del traffico di armi c’è l’utilizzazione massiccia della prostituzione. Questa è la realtà: il traffico di armi si fa anche attraverso la prostituzione. Nell’ambiente degli affari, si portano gli uomini al ristorante; gli uomini del traffico delle armi si portano dalle squillo di alto bordo. Succede così.

I filoni del romanzo sono due: quello della polizia corrotta e quello della corruzione politica. O forse è un solo filone, perché non ci può essere l’una senza l’altra?
    Non so se direi che questa polizia è corrotta. L’ambiente politico è corrotto. La polizia segue delle regole e sfugge a tutte le forme di controllo. Questo è il pericolo maggiore oggi in Francia, l’autonomia della polizia. Siamo alla vigilia di uno stato poliziesco: la polizia ha le sue regole e le rende oscure all’ambiente politico che dovrebbe controllarle. Oggi nessuno sa e nessuno controlla quello che fa la polizia. E’ questo il problema e non la corruzione. E’ molto grave in uno stato democratico che la polizia sfugga ai controlli.

“Le mani su Parigi”, come pure, anche se in maniera diversa, gli altri suoi libri, è un romanzo impegnato. Sotto l’aspetto di un romanzo di genere è in realtà un libro-denuncia- di una certa società, di una certa classe politica, di certi traffici illegali. E anche di un certo stile di vita. Pensa che sia questa la nuova veste del noir o, se vogliamo, la nuova arma nelle mani dello scrittore per raggiungere un vasto pubblico?
    Sì, penso che il noir sia sempre stato un genere di denuncia. Penso che uno scrittore come Ellroy, qualunque siano le sue idee politiche, abbia fatto la critica più violenta della società americana. Il romanzo noir racconta quello che sta “sotto”, il lato nascosto della società. C’è una grande differenza con il genere poliziesco: quest’ultimo è un romanzo di ordine. Dietro c’è un disordine, segue un’inchiesta e l’ordine viene ristabilito, i colpevoli vengono puniti, il lettore è tranquillo. Nel noir il disordine è onnipresente, il disordine è la verità della società organizzata. Non viene ristabilito l’ordine perché la verità è il disordine.

Non vogliamo chiedere nulla su Sarkozy che non è ancora Storia, possiamo invece chiederle la sua opinione su Mitterrand- anche se già ci ha detto qualcosa su di lui- che si può inquadrare meglio con la lente del tempo?

    Per la Francia Mitterrand ha segnato la scomparsa della Sinistra come esisteva da dopo la Rivoluzione francese. All’estero si pensa che la Sinistra sia molto forte in Francia, ma non è vero. La Francia è un paese di destra. Più Pétain che la Resistenza. E tuttavia la Sinistra ha saputo segnare la cultura. Tutto questo si disfa dopo il 1980: in Francia sarà necessario riinventare una cultura di cambiamento sociale, una cultura di movimento.

Alla luce di quanto mi ha detto, dobbiamo interpretare in chiave ironica la citazione che lei fa di Mitterand all’introduzione del libro, l’invettiva di Mitterrand contro “il denaro che corrompe, il denaro che compra, il denaro che schiaccia, il denaro che uccide…”?
   Assolutamente sì, ecco, questo è Mitterand, la citazione è da un suo discorso al Congresso: diceva una cosa e faceva il contrario. Era un buon conoscitore: sapeva tutto quello che diceva…”il denaro che fa marcire perfino la coscienza degli uomini.” E’ riuscito a prendere il potere con discorsi così, appoggiandosi alle tradizioni della Sinistra e rovinando quindi la Sinistra.

l'intervista è stata pubblicata su www.stradanove.net


    




Nessun commento:

Posta un commento