lunedì 21 dicembre 2015

Amitav Ghosh, “Diluvio di fuoco” ed. 2015

                                                         Voci da mondi diversi. Asia
      la Storia nel romanzo
      FRESCO DI LETTURA


Amitav Ghosh, “Diluvio di fuoco”
Ed. Neri Pozza, trad. A. Nadotti e N. Gobetti, pagg. 703, Euro 15,73


       E’ arrivata al capitolo conclusivo, la grandiosa trilogia di Amitav Ghosh che era iniziata con “Un mare di papaveri” a cui aveva fatto seguito “Il fiume dell’oppio” per terminare ora con “Diluvio di fuoco”. Ed una scena finale apocalittica illumina di sinistri bagliori tutta l’epopea, una duplice furibonda battaglia di uomini e agenti atmosferici. Si scatena il primo tifone della stagione monsonica sulla costa meridionale della Cina, provoca morte e distruzione sulla terraferma, affonda una delle navi britanniche, mentre gli inglesi sferrano un attacco alle fortificazioni di Canton e i cinesi tentano di contrattaccare lanciando barche infuocate contro i vascelli nemici.
    E’ questo ‘diluvio di fuoco’ che resta impresso nei nostri occhi, con il dubbio se una volontà superiore, o il destino, voglia spazzare via entrambe le forze combattenti e riportare indietro le lancette del tempo a prima che l’avidità dei colonialisti incoraggiasse la coltivazione dei papaveri da oppio e ne imponesse un commercio fortemente redditizio rendendo però schiavi della droga un enorme numero di cinesi.
“Diluvio di fuoco” raccoglie le fila delle narrazioni dei due precedenti romanzi, ce ne fa ritrovare la maggior parte dei personaggi e seguire le loro avventure, l’ascesa di alcuni e la finale caduta di altri, e tutte queste singole storie confluiscono in una storia corale che è la Storia della prima guerra dell’oppio incominciata ufficialmente quando l’imperatore Daoguang, nel gennaio del 1840, vietò ogni commercio e terminata nel 1842 con il trattato di Nanchino, catastrofico e umiliante per i cinesi. Non solo erano obbligati a pagare un’enorme indennità per l’oppio precedentemente sequestrato, ma dovevano aprire cinque porti al commercio e cedere l’isola di Hong Kong alla corona inglese. Hong Kong sarebbe tornata cinese nel 1997 ma il suo futuro, che è il suo presente di adesso, fu disegnato allora: nelle ultime pagine del libro ci si accaparrano i lotti in vendita nella città-stato che sarà il luogo dove l’Oriente incontra l’Occidente.

     Il racconto di Amitav Ghosh passa da un personaggio all’altro, da uno scenario di guerra ad un incontro amoroso, da scaramucce dell’eterna lotta di seduzione alla rivelazione di segreti che hanno sempre una componente amorosa- è inutile nascondere la realtà dei molti uomini che, lontani da casa per lunghi periodi, si sono fatti una seconda famiglia (causando dolore e umiliazione nei figli sangue-misto), così come un’opportuna cecità impedisce ai mariti di accorgersi delle tresche delle mogli che spesso si sono sposate per interesse. Se sentiamo la mancanza, nel romanzo di Ghosh, di un approfondimento dei personaggi, di quel ‘non so che’ che li rende indimenticabili, abbonda invece una straordinaria varietà di vicende e di registri narrativi.
Ghosh riesce a creare un perfetto equilibrio tra scene molto ‘virili’, con la solidarietà e l’amicizia- del tipo che può nascere solo sul campo di battaglia- tra l’ufficiale inglese e il sepoy indiano, e scene da boudoir, grottescamente lussuriose, in cui la frustrata gentildonna inglese seduce il rozzo carpentiere con il pretesto di guarirlo dal suo vizio solitario, tra scorci incredibili dei bambini pifferai che dovrebbero giocare alla guerra e non trovarcisi in mezzo sul serio e altri, penosissimi, di chi ormai darebbe l’ultima goccia di sangue per una pipa di oppio.


     Di tutta l’umanità (inglesi, cinesi, indiani) che popola le pagine del romanzo, una donna emerge come personaggio da ammirare. E’ Shireen, l’indiana di religione parsi rimasta vedova del commerciante che forse si è ucciso perché ha perso tutto. La vita di Shireen è sconvolta dalla morte del marito. Lei, che non è mai uscita da sola di casa, sfida i fratelli e si imbarca per Hong Kong, per andare sulla tomba del marito e per reclamare quanto le è dovuto, se è vero che ci sarà un risarcimento per l’oppio sequestrato. Lei, che ha sempre indossato il sari, si fa confezionare abiti europei per non sfigurare. Ha sempre adorato il marito, ma riesce ad affrontare la notizia che lui aveva avuto una relazione con una donna cinese da cui era nato un figlio. Di più, vuole conoscerlo, lo accetta perché figlio dell’uomo che ha amato. Di più. E’ capace di staccarsi dal passato ed accettare la nuova possibilità di amore che la vita le offre. E così Shireen diventa l’esempio di come si debba affrontare il moto della Storia- ricominciando da capo, volgendo in proprio favore quello che appariva come una disgrazia, andando avanti. Come il veliero che rattoppa le vele e le spiega di nuovo nel vento dopo il tifone.


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