domenica 27 dicembre 2015

Gabriela Adameşteanu, “L’incontro” ed. 2010

                                             Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
             il libro ritrovato


Gabriela Adameşteanu, “L’incontro”
Ed. Nottetempo, trad. Roberto Merlo, pagg. 348, Euro 18,00

Titolo originale: Întâlnirea

    “Colombino?! E questo sarebbe un colombo? Guarda com’è ridotto! Trascina le ali nella ghiaia!! Non è neppure più capace di volare, grasso e impacciato com’è! Mi ricorda le persone Dall’altra parte, anche se la loro cattività è infinitamente meno piacevole. Pochi sono rimasti, almeno in parte, liberi!....”

    E’ una delle immagini che più restano in mente, nella lettura dell’Odissea di Omero: Ulisse che approda a Itaca, dopo i dieci lunghi anni della guerra di Troia a cui si sono aggiunti quelli del viaggio di ritorno con le peripezie che sembrano prove di valore a cui l’eroe si deve sottoporre, e nessuno lo riconosce tranne il cane Argo.
Nei suoi sogni Traian Manu, il protagonista del romanzo “L’incontro” della scrittrice rumena Gabriela Adameşteanu, ritorna a Bucarest che ha lasciato da giovane e neppure sua madre lo riconosce. Nella realtà, quando Traian è circondato da una folla di persone che sono venute ad attenderlo all’aeroporto di Otopeni, è lui a non riconoscere nessuno di quei volti che si accalcano, reclamando la sua attenzione. Tutte quelle persone, che pretendono di essere cugini, parenti, vicini di casa, sono veramente quello che dicono di essere o è una finta gigantesca, una sorta di commedia (o tragedia?) messa in scena dagli agenti della Securitate? Perché è il mese di agosto del 1986, tre anni prima della caduta di Ceauşescu, e Traian Manu, insigne studioso e direttore dell’Istituto Europeo per la Ricerca sull’Ambiente Mediterraneo a Napoli, è un fuoriuscito che nel 1947 si è rifiutato di tornare in patria, motivo per cui gli è stata tolta la cittadinanza rumena. E’ tornato solo ora, perché è stato invitato per tenere una conferenza.

    E’ un libro molto bello, quello di Gabriela Adameşteanu, come sanno esserlo i romanzi che, nel narrare la storia di un uomo, coinvolgono anche tutti noi lettori, parlandoci di esperienze universali. Come fanno i miti, per l’appunto. Quello di Ulisse sottende tutta la vicenda di Traian Manu, l’esule per sempre in esilio, sia in terra straniera sia in patria, straniero ovunque, nel paese in cui vive ormai da più anni di quanti ne abbia vissuto in Romania e straniero in quello dove è nato, ma che non riconosce più e che non gli dice più nulla se non nella lingua della nostalgia. La storia di Traian Manu è la storia di due viaggi, dunque: uno che lo porta ‘fuori’ del suo paese, ed è anche il viaggio di conoscenza di Ulisse; l’altro che lo riporta ‘dentro’ i confini della patria. Uno che lo porta ‘dall’altra parte’- ed è questa un’espressione spesso ripetuta, a volte sussurrata, da quelli che sono rimasti in Romania, colma di aspettative, sogni, ma anche paure: nella Romania di Ceauşescu non è permesso parlare ‘dell’altra parte’, non è neppure permesso avere dei conoscenti e tantomeno dei parenti ‘dall’altra parte’. E poi, con un effetto straniante, quel ‘dall’altra parte’ viene a confondersi con quello che in genere chiamiamo ‘l’aldilà’, e per Traian ritornato ‘a casa’ è l’intero suo paese a sembrare il regno dell’Ade, in cui si addentra come un Ulisse intimorito dalle ombre che vede ovunque. La Romania è diventato un paese di morti in vita, di figure grigie che bisbigliano e scivolano via. Di nuovo in Italia, quando gli chiederanno quale differenza lo abbia più colpito tra i due paesi, Traian non esita: la mancanza di colori. Non sono solo gli abiti informi e neutri a non avere colore in Romania. Sono le facce, gli sguardi, il paese intero. E’ la vita stessa che ha perso colore in Romania.
     La narrativa di Traian è quella principale nel romanzo, ma è affiancata da altre quattro narrative, ognuna una voce intrigante perché diversa. La storia di Christa, la moglie tedesca di Traian, serve a bilanciare quella del marito: Christa ha vissuto sotto il nazismo, suo padre è stato penalizzato per la sua opposizione a Hitler (e c’è un esplicito parallelo tra il Führer e il Condottiero Ceauşescu), sua madre e sua sorella sono morte in un bombardamento- anche lei ha il suo passato di sofferenza.
Poi c’è Daniel, il giovane rumeno che, se la vita fosse stata diversa, sarebbe potuto essere nipote di Traian e che è, tuttavia, l’alter ego di Traian: “io ero lui che non era partito, ero lui che sarebbe tornato”, una sorta di Stephen Dedalus nella più celebre riinterpretazione del mito di Ulisse.
Daniel è anche lo sguardo veritiero su quello che sta succedendo intorno all’ingenuo Candide che non si accorge di nulla durante il viaggio di rientro in Romania, né della stretta sorveglianza, né della finzione di quello che lui pensa essere un suo amico e neppure sospetta alcunché del presunto cugino Victor, così servizievole, sempre accanto a lui. Daniel parla di tutti questi come di un branco di spioni e di maneggioni. Sono tutti al servizio della Securitate- quarta narrativa del romanzo in cui vanno inclusi sia i testi dattiloscritti del dossier su Traian Manu  sia gli scambi di parole degli stessi agenti, personaggi rozzi e volgari che si esprimono in una misera lingua che li rispecchia.

Il coro, infine. Non monovocale ma splendidamente differenziato- tante voci che si rincorrono, si accavallano, alzando e abbassando il tono, affermando, negando, avanzando le ipotesi più strampalate su Traian e sulla sua vita, su quello che era e su quello che è diventato, dicendo qualcosa e subito dopo il suo opposto. Come fa la voce del popolo che ama spettegolare e cambia versione di bocca in bocca.
     Questo libro dolorosamente ironico e anche molto sofferto offre poi, naturalmente, un’ulteriore percorso di lettura seguendo i personaggi dell’Odissea. Li ritroviamo in gran parte: oltre a Traian/Ulisse c’è Ana Maria/Penelope (è morta da poco la ragazza amata un tempo da Traian), ci sono ben due Cassandre, c’è Telemaco/Daniel, a ben vedere ci sono anche i Proci in versione studentesca. E, lungo tutto il percorso del ritorno, le citazioni del poema omerico, così perfettamente adeguate al presente, che Traian fa in greco e che noi leggiamo nella traduzione moderna di Rosa Calzecchi Onesti.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



  

Nessun commento:

Posta un commento