martedì 31 gennaio 2017

Jens Christian Grøndahl, "Spesso sono felice" ed. 2017

                                                                       vento del Nord
          FRESCO DI LETTURA

Jens Christian Grøndahl, "Spesso sono felice"
Ed. Feltrinelli, trad. Eva Kampmann, pagg. 102, Euro 12,00

   Ellinor è la voce femminile che sentiamo in questo breve romanzo dello scrittore danese Jens Christian Grøndahl. Si rivolge ad Anna, forse è in piedi davanti alla tomba di Anna e accanto a quella di ‘tuo marito, nostro marito’. Ci vogliono un paio di pagine per afferrare la situazione. Georg è stato il marito di Anna e ha sposato in seconde nozze Ellinor che si è presa cura dei loro due figli gemelli come se fossero i suoi. Che cosa sia successo, come e perché Ellinor abbia finito per sposare il marito della sua migliore amica sono gli elementi della trama che, naturalmente, non posso svelare.
    Ellinor ha settant’anni. Ha conosciuto infelicità e felicità. Come tutti. E’ cresciuta solo con sua madre che le ha detto poco del padre. Quando gliene parlerà, sarà come un altro piccolo romanzo dentro il romanzo perché è una storia che risale al tempo della guerra, alla presenza dei soldati tedeschi sul suolo danese. Ellinor e la madre abitavano in Amerikavej, nella zona povera di Copenhagen. Ellinor se ne era andata di casa a diciotto anni, ma adesso è lì che vuole tornare, è quasi di fronte alla sua vecchia casa che trova un appartamento e lo compera, lasciando stupito perfino l’agente immobiliare.
I figli gemelli di Georg e Anna, ormai adulti, sono esterrefatti, punti sul vivo perché lei venderà la bella villa del loro padre. Per andare ad abitare dove, poi? Tra prostitute, tossici e musulmani, come le dice uno dei figli. “Non passa giorno che non si abbia notizia di sparatorie e di bande criminali”. Eppure questo è quello che Ellinor vuole fare, come se, riavvolgendo indietro il nastro della vita, potesse cancellare i ricordi che bruciano, la delusione del non poter avere figli, il tradimento delle persone di cui si fidava e che più le erano vicine. Cancellare perfino, o meglio, assopire la nostalgia che prova per Georg che non c’è più- ed è più facile fra pareti che lui non ha mai visto, guardando da finestre da cui lui non si è mai affacciato. E avvicinarsi invece alla madre, comprendendo quello che non aveva mai capito.
      Jens Christian Grøndahl ha una capacità singolare di immedesimarsi nei suoi personaggi femminili, nel rendere naturali e credibili le voci delle protagoniste dei suoi romanzi che sono sempre in primo piano, lasciando gli uomini nell’ombra. Non fanno una bella figura, inoltre, gli uomini di questo romanzo- né il padre naturale di Ellinor, né il suo primo marito, né Georg, bravo ma scialbo, e neppure i due figli di Georg, arrogante uno, superficiale l’altro.
     “Spesso sono felice” è un romanzo lieve anche se è la storia di due matrimoni non del tutto felici, è un libro che si legge con piacere e facilità, con la curiosità legittima di scoprire il nodo delle relazioni famigliari dei personaggi, ma che poi si dimentica con altrettanta facilità.




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