lunedì 30 gennaio 2017

Jens Christian Grøndahl, “Quattro giorni di marzo” ed. 2011

                                             vento del Nord
          romanzo 'romanzo'
          il libro ritrovato

Jens Christian Grøndahl, “Quattro giorni di marzo”
Ed. Marsilio, trad. Maria Valeria D’Avino, pagg. 381, Euro 20,00

    Nessuna di loro parla. Ingrid cerca di vedersi da fuori, accanto a Berthe e a Ada. E’ un quadro: tre donne davanti a un bovindo su Esplanaden. Non le sembra di vedere tre generazioni: piuttosto tre stadi di età, di affievolimento, d’impotenza. A paragone di sua madre e di sua nonna è ancora giovane, certo, ma ha superato il momento in cui la vuota apertura delle possibilità è più grande e promettente.

   Quattro giorni. Solo quattro giorni di inizio primavera a Copenhagen. E’ brevissima la durata della vicenda che inizia quando Ingrid Dreyer, quarantotto anni, affermato architetto in uno studio famoso, viene raggiunta da una telefonata a Stoccolma, dove si trova per lavoro. Un funzionario di polizia la informa che suo figlio, il quindicenne Jonas, è stato fermato mentre, insieme ad alcuni amici, prendeva a calci un ragazzo steso a terra.
Jonas, il suo Jonas prendeva a calci in testa un ragazzo arabo? Era andato il nonno paterno a riprenderselo alla sede della polizia, visto che non era stato possibile raggiungere lei per telefono. Ingrid cerca di prendere il primo aereo per tornare a casa. Overbooking. Prende il treno.
E intanto la sua mente rimugina, ricorda, incomincia a scavare nella sua vita- e non solo, ma anche nella vita della madre e della nonna- per cercare di capire dove qualcosa sia andato storto, quali fossero i segnali che lei non ha colto. Come si sia potuti arrivare a questo. In questi quattro giorni, dal giovedì alla domenica, Ingrid incontra il figlio, viene insultata da lui, va a cena a casa del fratello, passa il fine settimana con l’amante, visita la nonna e poi la aspetta una tremenda sorpresa. In realtà a volte è difficile per il lettore ricordare che si tratta ‘solo di quei quattro giorni’, perché Jens Christian Grøndahl rivela un’abilità stupefacente nella costruzione temporale del romanzo. Narrare la storia di tre generazioni di donne in ordine cronologico è facile. Ben altro è raccontare la stessa storia passando incessantemente dal presente al passato, da una protagonista all’altra, inserendo i tasselli mancanti ad un ampio quadro che risulta alla fine perfetto, senza mai perdere il filo e senza mai confondere il lettore. Presentando spezzoni di vita da angolazioni diverse- nessun uomo è un’isola, ognuno vive un’esperienza condivisa in maniera personale e differente dall’altro. E forse la verità, se esiste, è un insieme di tutti i punti di vista, qualcosa di complesso e sfaccettato.
    Ad esempio: qual era la vera personalità del poeta Per Weincke, secondo marito di Ada, la nonna di Ingrid? Era uno schizofrenico ubriacone (come Ada confessa lacrimosamente una sera) o era l’uomo sensibile e dolcissimo che aveva fatto da padre a Berthe e da nonno a Ingrid, pur non essendolo? Era un grande poeta o era stata Ada a completare le sue poesie?
Sono tre donne formidabili, Ada, Berthe e Ingrid. Ada, scrittrice dimenticata, famosa per un libro osé in cui parla degli amanti che ha avuto, che si vanta di un incontro con Karen Blixen, l’icona a cui si sforza di assomigliare.
Karen Blixen
Berthe, figlia trascurata dalla madre, cresciuta in collegio, che pianta il marito fedifrago e la figlia per cercare se stessa a Roma (diventa giornalista letteraria). Ingrid, infine, che- contro quello che vuole- ricalca le orme di madre e nonna, lasciando un marito distrutto e un bambino che non sa capacitarsi del crollo del suo mondo, per diventare l’amante-ombra di un uomo molto più vecchio di lei.
      Si può tramandare un destino? Esiste un’imitazione inconscia di comportamenti? L’essersi sentita poco amata dalla propria madre non dovrebbe portare ad uno sforzo opposto- a colmare d’amore i figli? E’ legittimo perseguire la felicità, sia essa rappresentata da un nuovo amore o da ambizioni di carriera, a prezzo della sofferenza di chi ci sta vicino? E ne vale la pena, alla fine dei conti?
Sono tutti quesiti che arrovellano Ingrid, dopo quanto è accaduto al figlio. Non sono
mai posti apertamente nel romanzo (molto bello) di Grøndahl, ma, proprio per questo, ci tormentano nella ricerca di una risposta.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it




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