domenica 8 gennaio 2017

Aminatta Forna, “Le pietre degli avi” ed. 2008

                                                            Voci da mondi diversi. Africa
           saga
          il libro ritrovato


Aminatta Forna, “Le pietre degli avi”
Ed. Feltrinelli, trad. Katia Bagnoli, pagg. 293, Euro 16,50

    La storia di quattro sorelle dagli anni venti all’inizio del nuovo millennio, raccontata da loro stesse in un alternarsi di voci. Detto così, parrebbe uno dei tanti romanzi al femminile, “Le pietre degli avi” di Aminatta Forna. Sbagliato. Perché la scrittrice è nata a Glasgow ed è cresciuta tra Regno Unito e Sierra Leone, il paese della sua famiglia, e lei stessa ci dice che l’idea per questo libro le è venuta mentre faceva ricerche per quello che stava scrivendo su suo padre, leader dell’opposizione democratica in Sierra Leone assassinato nel 1975. Era arrivata al villaggio dove il padre era nato e aveva ascoltato per ore la zia raccontare storie della sua famiglia- e a questo punto si era resa conto che quelle storie dovevano trovare spazio sulle pagine di un romanzo. “Le pietre degli avi” è, sì, dunque, la storia di quattro sorelle, ma è anche la storia di un paese per noi lontano e sconosciuto, della sua cultura e delle sue usanze, del passato sotto il dominio britannico, dell’indipendenza raggiunta nel 1961 e della guerra civile negli anni ‘90.

     Le quattro sorelle, Asana, Mary, Hawa e Serah, appartengono ad una famiglia insolita per il mondo europeo: figlie dello stesso padre e di quattro delle sue undici mogli. Nella prima delle quattro sezioni in cui è diviso il romanzo ognuna di loro parla della propria infanzia e quindi della madre, in una sorta di flashback che ci porta ancora più indietro nel tempo, in una società in cui il fardello più pesante da portare era delle donne, scelte, comperate da un uomo che eleggeva poi una favorita e che poteva ripudiare la moglie sospettata di infedeltà. E’ una società di uomini padroni e donne serve che diventano adulte due volte nella vita: quando vengono ‘iniziate’ in un rito nella foresta e quando si sposano.
Eppure qualcosa cambia, seppur lentamente, e lo apprendiamo dalle voci di Asana, che finirà per diventare una mambore, una donna che vive come un uomo gestendo un negozio, della dolce Mary, cresciuta in una scuola di suore, di Hawa, a cui un medico lega arbitrariamente le tube perché non faccia più figli, di Serah, la più giovane e la più politicamente consapevole delle quattro. Le sorelle non ci raccontano solo della piccola vita famigliare fatta di cure quotidiane, amore (quanto diverso da quello dei romanzi occidentali), figli, ma anche- attraverso uno sguardo privato- di due mondi a confronto, uno- quello dei bianchi- che si impone a forza su quello dei neri. Così Mary che riceve questo nome dalle suore con il battesimo, al posto di quello che le avevano dato i genitori, Mariama; o l’esperienza di Hawa, al servizio di uno dei bianchi che sfruttano il lavoro degli indigeni nelle miniere. O ancora Mary che va a studiare in Inghilterra con una borsa di studio e viene emarginata. Non regge, Mary, la salva Serah che, invece, in Inghilterra trova la sua strada, per ritrovarsi poi confinata di nuovo tra le mura domestiche dopo il rientro in patria, mentre il marito lavora con il nuovo governo antidemocratico che fa scomparire i dissidenti- tra di loro il ragazzo di cui Serah era stata innamorata.


     Nel libro di Aminatta Forna l’Africa nera parla con la voce delle sue donne- come se la voce uscisse dalle pietre che Mariama regala alla scrittrice che metterà su carta le loro testimonianze, come se le pietre stesse fossero la storia di secoli, oppure come se fossero incarnazione della dura essenza femminile che si riscalda al tocco di una mano.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net

della stessa scrittrice il bellissimo "Il ricordo dell'amore" messo online sul blog nel 2014. Cercare con l'etichetta "Voci da mondi diversi. Africa"


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