martedì 3 gennaio 2017

Diego Paszkowski, “Tesi su un omicidio” ed. 2004

                                  Voci da mondi diversi. America Latina
         noir
         il libro ritrovato

Diego Paszkowski, “Tesi su un omicidio”
Ed. Fanucci, trad. Amanda Salvioni, pagg. 172, Euro 12,00

    Sorprendente, intelligente e originale, il primo romanzo dello scrittore argentino Diego Paszkowski, pubblicato dalla casa editrice Fanucci. Un titolo, “Tesi su un omicidio”, che va inteso alla lettera, perché l’assassinio che verrà commesso da Paul Besançon, laureato in Giurisprudenza, servirà proprio come materiale per la tesi che deve scrivere alla fine del corso in Diritto Penale tenuto dal famoso professore Roberto Bermúdez a Buenos Aires. Sono loro i due personaggi principali del romanzo: il giovane dallo sguardo di ghiaccio, figlio di un diplomatico francese, e il docente che è stato giudice, conosciuto da tutti perché appare anche in televisione per parlare della giustizia. E, in capitoli alterni, si avvicendano le loro due voci, o meglio, di Bermúdez è veramente la voce che ascoltiamo in lunghi monologhi interiori, voce rauca di ubriaco che ci racconta la storia della sua carriera, l’amore per la moglie che lo ha lasciato, e poi osserva i suoi studenti, riflette. Quella di Paul Besançon è, invece, una sorta di flusso di coscienza in terza persona, sono i suoi pensieri- a volte mischiati a quelli di suo padre che non sa come trattare questo figlio che non capisce e che, da Parigi, manda a studiare in Argentina, perché spera che il suo amico Bermúdez gli insegni ad essere un uomo giusto.
i protagonisti dell'adattamento cinematografico
Ecco, la giustizia- il tema della tesi di Paul. La giustizia è cieca, secondo Paul, la giustizia non esiste, è il caso a dominare il mondo, e per dimostrarlo lui ucciderà una ragazza che non conosce ma che assomiglia all’attrice Juliette Lewis di cui ha visto tutti i film e di cui conosce ogni gesto e ogni sguardo. Sarà un delitto perfetto: ci saranno tutti gli estremi perché l’assassino debba essere condannato con il massimo della pena e però non sarà mai possibile accusarlo perché non ci saranno prove. E sono pagine allucinanti e allucinate, quelle dei pensieri di Paul, figura dostojevskiana che ragiona come Raskolnikov,

con l’avvistamento della vittima, le domande al professore con cui si accerta dei dettagli legali rivelandogli nello stesso tempo le sue intenzioni, la preparazione del delitto che deve avvenire al termine del corso, proprio lì, di fronte alla finestra dell’aula. Se Paul vuole dimostrare a Bermúdez che la giustizia è impossibile, Bermúdez, d’altro canto, si prefigge il contrario, perché a lui, che si è attaccato alla bottiglia dopo che la moglie lo ha abbandonato, resta solo da credere nella giustizia e nel suo ruolo di insegnante. Se gli è impossibile accusare Paul che lui sa essere colpevole, lo ucciderà perché non vada impunito- no, se lo uccidesse non imparerebbe niente, e allora farà in modo che la giustizia trionfi anche a costo di tradire se stessa.
Ma questo è il grandioso paradosso finale: il piano di Bermúdez per incastrare Paul prevede ossessionarlo con le sue stesse ossessioni, costruire prove false e comprarsi delle testimonianze- per sbatterlo in prigione dove ci penserà qualcun altro a finirlo. Ma non è questa la prova che ha ragione Paul? Che la giustizia è cieca anche quando imprigiona con la menzogna? Serrato e coinvolgente in una logica senza speranza, il romanzo di Paszkowski ha vinto nel 1998 il premio La Nación per il miglior romanzo in Argentina.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista "Stilos"



                                                                    

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