Voci da mondi diversi. Asia
la Storia nel romanzo
Indu Sundaresan, “La principessa indiana”
Ed. Sperling & Kupfer, trad.
Claudia Lionetti, pagg. 360, Euro 19,90
Il Taj Mahal in copertina, una donna
avvolta in un sari che si appoggia ad una colonna, una luce dorata che colora
l’aria. “La principessa indiana” di Indu Sundaresan parrebbe essere un romanzo
sentimentale, una qualche ennesima storia d’amore al profumo di spezie
orientali. Se diamo un’occhiata al titolo originale, Shadow Princess, possiamo correggere la nostra impressione e
indovinare che ci aspetta qualcosa di diverso. Perché la Principessa ombra,
forse in inglese ancor più che in italiano, suggerisce la figura di una donna
forte che governa dietro- e non necessariamente in opposizione- chi è al
potere. E il romanzo di Indu Sundaresan contiene anche delle storie d’amore ma
è, soprattutto, un bel romanzo storico che ci racconta dell’impero moghul tra
il 1631 e il 1666.
Nel 1631, quando inizia la storia, la
principessa Jahanara ha diciassette anni. E’ figlia dell’imperatore moghul Shah
Jahan e di Mumtaz Mahal, la donna che sarà ricordata nei secoli a venire perché
resa immortale dalla tomba di marmo bianco che il marito fa erigere per lei. Mumtaz
Mahal muore dando alla luce il quattordicesimo figlio, una bambina. Soltanto
sei dei figli sono vivi, nel 1631, quattro maschi e due femmine, Jahanara è la
maggiore. Jahanara è l’unica che riesce a dare qualche conforto al padre,
distrutto dal dolore, incapace di rassegnarsi, invecchiato nel giro di poche
ore. Dall’amore di Jahan per la moglie e dalla disperazione per averla persa
nasce l’idea, dapprima confusa, poi sempre più precisa e grandiosa, di un
tempio a memoria imperitura. Il Taj Mahal, la Tomba Luminosa , sarà splendido,
suggestivo, ricco di decorazioni, intarsi, pietre preziose, giochi di luce e di
acque.
La costruzione del Taj Mahal si protrae
per ventidue anni e la scrittrice usa il mausoleo come fondale per la storia
che racconta, misurando il tempo con quello delle opere in corso. Mentre
l’imperatore Jahan è avvolto nella nebbia del suo lutto, iniziano le contese
intorno a lui, girano voci che desideri abdicare, che gli succederà il primo
dei figli maschi, che verrà nominato un reggente. Niente di tutto questo
avviene, passano gli anni, il dolore sfuma nel ricordo, la principessa Jahanara
è sempre vicino al padre che la consulta prima di prendere delle decisioni.
Così vicino a lui da dare adito a pettegolezzi: è la sorella minore che
contribuisce a diffonderli? Essere la prediletta del padre ha un prezzo alto:
Jahan non vuole che la figlia si sposi. Chiuderà gli occhi, però, davanti alla
relazione di Jahanara con un nobile di corte.
Aurengzeb |
Il figlio maggiore è destinato a succedere
al padre, ma sarà il terzo, Aurengzeb (l’inglese Dryden scrisse un dramma in
versi su di lui, nel 1675) a regnare: ne seguiamo la crescita, il fanatismo
religioso, fino alla spietatezza con cui elimina i tre fratelli, possibili
rivali, tenendo prigionieri il padre e la sorella Jahanara nel forte di Agra.
“La principessa indiana” è un
romanzo appassionante, perché la scrittrice riesce a dirigere il nostro sguardo
sul passato e sull’inizio della dinastia moghul (che discende dal famoso
Tamerlano), riallacciandosi a quanto avviene nel secolo XVII, spostando la
scena tra Burhanpur, Agra, Delhi, al seguito della corte (con elefanti,
eunuchi, l’harem, le tende imponenti, i tappeti, i gioielli la cui luminosità
deve poter essere identificata con lo splendore del sovrano). C’è amore e
guerra ne “La principessa indiana”. E, sullo sfondo, biancheggia eterno il Taj
Mahal.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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