Voci da mondi diversi. Giappone
Tayama Katai, “Il maestro di campagna”
Ed.
Marsilio, trad. Pierantonio Zanotti, pagg. 334, Euro 19,00
È un antieroe, Hayashi Seizō, protagonista del romanzo “Il maestro di
campagna” dello scrittore giapponese Tayama Katai, nato nel 1872 e morto nel 1930.
L’ispirazione del romanzo venne da una
visita fatta dallo scrittore all’abate del tempio buddista di Hanyū, a nord di
Tokyo. Nel cimitero del tempio, vedendo una tomba fresca, l’abate gli raccontò
di un giovane maestro elementare che aveva vissuto a pensione presso il tempio
e che era morto poco prima di tubercolosi.
Per certi versi “Il maestro di campagna” è
un romanzo insolito e composito che si bilancia tra il naturalismo delle
descrizioni di campagna e l’intellettualismo dei riferimenti a scrittori e
tendenze letterarie del tempo.
Il protagonista Hayashi Seizō non ha molte
scelte dopo aver conseguito il diploma. È giovane ed ambizioso, ma non ha
soldi. Ha una madre industriosa ma un padre con un lavoro dubbio di cui Hayashi
si vergogna ed è sempre a corto di soldi. I suoi genitori fanno conto su di lui
per tirare avanti. È per questo che Hayashi accetta di fare il maestro
elementare in un villaggio di campagna.
La storia di Hayashi Seizō si articola in tre parti, tre periodi distinti.
Nella
prima parte Hayashi arriva nel villaggio, cerca un alloggio che gli permetta di
risparmiare il più possibile e consegnare dei soldi ai genitori, ammira la
natura in continuo mutamento, incontra ogni volta che può gli amici, i compagni
di scuola più fortunati di lui che hanno potuto iscriversi alle scuole
superiori di Tokyo. Con loro discute di letteratura, di timidi incontri
d’amore, di speranze, della minaccia della guerra tra Giappone e Russia.
È un Hayashi più stanco e più scoraggiato,
quello della seconda parte del libro. l’isolamento della campagna lo deprime,
la curiosità e la solitudine lo portano a frequentare una prostituta con la
conseguenza che si indebita e la sua condizione si fa sempre più precaria.
Eppure si risolleva, Hayashi, insegue
nuovamente le sue ambizioni e i suoi interessi, la musica, la botanica, lo
studio dell’inglese. Tuttavia lui, che vorrebbe fare “qualcosa di grande in
qualunque cosa che lasci il mondo stupefatto”, fallisce su tutti i fronti. E in
più si ammala. Che siano dei dottorucoli a curarlo, sbagliando la diagnosi
finché non è troppo tardi, è, in qualche maniera, perfettamente adeguato a
quello che lui è- un modesto maestro di campagna che finisce sotto terra come
uno degli sconosciuti defunti dell’”Elegia in un cimitero di campagna” del
poeta inglese Thomas Gray, resi tutti uguali da quella grande livellatrice che
è la morte.
Il romanzo è preceduto da un’ottima introduzione di Pierantonio Zanotti che aiuta il lettore ad inquadrare l’opera e l’autore.
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