Casa Nostra. Qui Italia
romanzo di formazione
anni di piombo
Enrica Ferrara, “Mia madre aveva una cinquecento gialla”
Ed.
Fazi, pagg. 300, Euro 17,10
Titolo bellissimo che risveglia la nostalgia
dei ricordi, di quando si viaggiava in 500, senza aria condizionata, di quando
neppure c’erano le cinture di sicurezza e si riusciva ad entrare anche in sei
nella mitica Fiat 500.
Mia madre aveva una Fiat cinquecento
gialla. Adesso non c’è più e non so nemmeno se ne facciano ancora.
L’io
narrante è Gina, dieci anni, vive a Napoli con la famiglia. Sua sorella Betta non ha neppure due anni più di lei. Poi c’è la mamma, alta e bionda, e il papà
grande e grosso che Gina chiama ‘Papaone’. Un papà molto amato e molto
affettuoso che a un certo punto scompare. Dove è andato? Perché? la mamma e le
bambine lo raggiungono in Sardegna. Per Gina è tutto un gioco fantastico.
Devono prendere l’aereo e hanno una carta di identità con altri nomi. Lei
adesso si chiama Enrica Coffey. Suo padre è italo-inglese. Ma Gina non deve
dire a nessuno, né il nuovo nome né dove stanno andando.
Suo padre si chiama Mario Carafa, è un uomo politico, c’era anche Moro tra i suoi amici. È innocente, ma è stato accusato di aver rubato soldi in banca. Suo padre è latitante, dicono a Gina. Che cosa vuol dire ‘latitante’? sua madre vorrebbe che lui si costituisse- altra parola che Gina non conosce, come ‘camorrista’ e ‘brigatista’.
Dopo la Sardegna Gina, la sorellina e la
mamma incontreranno il padre un’altra volta, in un Natale che sarà memorabile,
dapprima in una masseria (che cosa è una masseria?) da cui dovranno fuggire in
fretta e furia dopo che un amico del padre viene ferito gravemente da un’arma
da fuoco (sarebbe dovuto essere suo padre la vittima?), e dopo in casa di un
presunto amico. Non riescono neppure ad iniziare il pranzo perché succederà
qualcos’altro di ancora più grave.
“Mia madre aveva una cinquecento gialla” è un romanzo di formazione singolare e delizioso, perché deliziosa è la voce di Gina, bambina precoce che ha imparato a leggere ad sola a tre anni, deliziosa è la sua interpretazione degli avvenimenti che vengono rielaborati nella sua testolina e ridotti a misura di bambino. Così per gli avvenimenti politici di quegli anni che siamo soliti chiamare ‘di piombo’, ingarbugliati e pericolosi perché è impossibile sapere di chi ci si possa fidare e invece si sa benissimo quale è la fine di chi si espone o fa un passo falso. Così anche per le dinamiche famigliari- Gina adora suo padre e si trova in difficoltà a difenderlo con sua madre e sua sorella che sembrano schierarsi contro di lui. Un padre che abbandona la famiglia e ne lascia tutto il peso alla moglie? Eppure Papaone è sempre a conoscenza, in qualche maniera, di quello che loro fanno e di quello che a loro succede. Si era fatto vivo immediatamente dopo le scosse di terremoto in Irpinia (era il 1980, si erano sentite fortissime anche a Napoli), sapeva chi erano le amiche delle figlie.
Gina incontrerà suo padre dopo un vuoto di
sette anni, lui si nasconde ancora, cercherà di spiegarle. E in quei lunghi
sette anni c’è una parentesi felice, di leggerezza e di svago- è il racconto umoristico
e brioso del viaggio su una 500 stracarica, con i bagagli sul tetto e il
mangiadischi a tutto volume per arrivare al campeggio in Calabria dove la mamma
tornerà a sorridere con un distinto signore, Gina si farà un’amica tedesca,
Betta riceverà le attenzioni dei ragazzi.
Una bellissima lettura in cui il buio degli
anni di piombo è rischiarato dall’allegria e dalla leggerezza di una voce
infantile, innocente e nello stesso tempo saggia. Un romanzo in cui la Storia
di noi tutti passa attraverso quella di una famiglia quanto mai tipica- ne è la
prova la cinquecento (amata da tutti gli italiani) gialla (il colore non è il
classico rosso, è quello che differenzia l’auto e le viaggiatrici).
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