Voci da mondi diversi. Germania
autobiografia
Rudolf Hoess, “Comandante ad Auschwitz”
Ed.
Einaudi, trad. Panzieri Saija, pagg. 268, Euro 13,00
“Comandante ad Auschwitz” è l’autobiografia
scritta, durante la prigionia, da Rudolf Hoess, militare e criminale di guerra
tedesco, membro delle SS e primo comandante del campo di concentramento di
Auschwitz.
Hoess racconta tutta la sua vita, dall’infanzia e l’adolescenza, da quando si arruolò a soli 14 anni, mentendo sulla sua età, a quando fu nominato comandante di quello che sarebbe diventato il più grande ed efficiente campo di sterminio, fino a quando venne arrestato nel 1946 dalle forze britanniche. Il 2 aprile 1947 fu condannato a morte per impiccagione dalla Corte Suprema di Varsavia e la sentenza fu eseguita il 16 aprile davanti all’ingresso del crematorio di quel campo della cui efficienza si era vantato.
E poi, sconvolgente e agghiacciante, è la
sua giustificazione, uguale a quella di molti altri. Aveva obbedito agli
ordini. Nessuna SS avrebbe mai disobbedito. Quello che Hitler ordinava era
giusto. Lui, Hoess, non aveva ucciso nessuno personalmente. Lui, Hoess, non
sopportava i bagni di sangue. E infatti l’uso del gas aveva avuto su di lui un
effetto calmante.
La lettura dell’autobiografia di Hoess, lo
scorcio che abbiamo sulla sua doppia vita (la moglie e i bambini vivevano in
una villetta fuori del campo e avevano tutto quello che potevano desiderare- la
moglie non si faceva mai domande? La figlia Brigitte dirà di lui, in seguito,
che per lei era l’uomo più buono del mondo) hanno su di noi un impatto
fortissimo, più ancora del film “Zona di interesse”, ispirato al libro di
Martin Amis dallo stesso titolo del film, e sugli schermi in questi giorni.
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