giovedì 2 marzo 2017

Xu Xiaobin, “Il serpente piumato” ed. 2009

                                                          Voci da mondi diversi. Cina
        saga
       il libro ritrovato


Xu Xiaobin, “Il serpente piumato”
Ed. Elliot, trad. Flavio Aulino, pagg. 532, Euro 18,50


Ma quei boccioli di pruno erano davvero unici e i suoi occhi non poterono fare a meno di indugiare sui seni di Yu. Fino ad allora aveva visitato centinaia di donne, ma i seni di quella ragazza erano senza dubbio i più belli che avesse mai visto: piccoli, deliziosamente slanciati ed eleganti. I boccioli di pruno, proprio sopra i capezzoli, gli conferivano un aspetto esotico. Si chiese da dove venisse Yu, quale fosse la sua storia. Ma l’espressione indifferente del suo viso non gli offrì alcun indizio.

    Una famiglia con tanto yin e poco yang, così piena di femmine e così povera di maschi, è al centro della saga nel romanzo “Il serpente piumato”, della scrittrice cinese Xu Xiaobing.
Xuanming, nata alla fine dell’ottocento, con i piedi fasciati perché restassero piccolissimi e calzati in pantofoline nere decorate con giada sui lati; sua figlia Ruomu che aveva frequentato l’università e che, per sposare Lu Chen, aveva tramato per mandare all’estero la fidanzata di questi; Ling, Xiao e Yu, le tre figlie di Ruomu, e Yun’er, la figlia di Ling: sono loro le protagoniste del romanzo
e c’è anche un ragazzino, unico discendente maschio di un ramo collaterale della famiglia, ma la sua sarà una fine drammatica, o meglio, una non fine di paralisi in seguito ad un incidente, e di certo sarebbe stato meglio che morisse.
    Il libro incomincia con un altro dramma, anche se il lettore non può rendersi conto di che cosa significhi: una giovane donna viene portata fuori in lettiga dalla sala operatoria del reparto di neochirurgia. Le hanno eseguito un intervento di lobotomia, asportandole una parte del cervello. Molto più avanti nel libro verremo a sapere che è stata sua madre Ruomu a richiedere l’intervento, per domare Yu, la figlia scomoda, l’eterna ribelle. Così Yu sarà ridotta ad un povero essere dolce e servizievole, sempre consenziente ai desideri della madre. Tra tutte le donne che vivono nelle pagine del romanzo, di certo Yu è il personaggio dominante, forse proprio per l’aura tragica di infelicità che la circonda. Terzogenita poco amata, messa da parte quando era nato il tanto atteso maschietto, Yu, di appena sei anni, aveva soffocato il fratellino nella culla. Si era portata dietro il senso di colpa per tutta la vita. Qualcuno le aveva detto che, se si fosse fatta fare un tatuaggio da un monaco famoso, il sangue che avrebbe buttato fuori dai forellini sulla pelle avrebbe anche estirpato il rimorso da lei. E il monaco le aveva tatuato uno splendido serpente piumato sulla schiena.
Per portare a termine l’opera, per riuscire a rilassare la tensione dolorosa di Yu, il monaco l’aveva anche fatta accoppiare con un suo assistente: Yu idealizzerà per sempre il giovane monaco che l’aveva iniziata all’amore, identificandolo ad un certo punto con uno studente ribelle, amandolo in silenzio, arrivando anche a salvargli la vita. Il lettore non saprà mai se lo studente e il monaco sono la stessa persona, ma, d’altra parte, il filone della storia di Yu entra ed esce dal sogno, passando a volte attraverso i quadri che dipinge, aggiungendo un pizzico di magia alla narrazione. Solo un pizzico, perché qui non c’è un paesaggio inventato, come Macondo. Lo sfondo di tutte le storie- e sono veramente tante- è Pechino che tuttavia non viene mai nominata, così come i grandi eventi della Storia della Cina sono solo accennati, usati soprattutto come riferimento temporale- l’anno che era iniziata la Rivoluzione culturale, l’anno dei disordini nella piazza con il grande monumento bianco, l’anno in cui, sempre nella grande piazza affollata all’inverosimile, erano avanzati i carri armati. D’altra parte lo scorrere del romanzo non rispetta una cronologia lineare: proprio come l’insolito albero genealogico che ci aiuta ad orizzontarci all’inizio del libro, anche le storie raccontate paiono spostarsi indietro e in avanti e poi di lato, portando alla ribalta l’una o l’altra delle donne della famiglia, spesso cedendo loro la parola in prima persona.


    Come tutti i libri che ci arrivano da altre culture, “Il serpente piumato” ci incanta, ci incuriosisce, ci stimola con domande e paragoni. E’ un romanzo epico, del genere che di per sé ci pare il più adeguato per rappresentare una paese vasto come la Cina, una saga famigliare (e ci piace avvicinarla, per diversità, ai “Buddenbrook”), un romanzo d’amore che pare quasi stilizzato, tale è la delicatezza e la ritrosia con cui si parla di sentimenti. E’, infine, un romanzo sulla colpa e sull’espiazione- e forse non è un caso che la colpevole sembri in realtà più vittima che criminale. 

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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