Voci da mondi diversi. Area germanica
romanzo di formazione
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
Christoph Hein, “Il figlio della fortuna”
Ed. e/o, trad. Monica Pesetti,
pagg. 364, Euro 19,47
Era sua madre che gli aveva detto che lui
era il figlio della fortuna, perché, quando erano arrivati i russi in città-
era il maggio del 1945-, le avevano riservato un trattamento di riguardo quando
avevano visto che da lì a breve avrebbe partorito un bambino. Che Konstantin
abbia avuto fortuna nella vita è indubbio, leggendo le sue peripezie nel bel
romanzo di Christoph Hein, e ci viene da pensare al proverbio ‘aiutati che il
ciel ti aiuta’ perché, oltre che fortunato, è un ragazzo più che intelligente e
pieno di risorse.
E
tuttavia quella di Konstantin è stata una vita difficile e dolorosa, una corsa
ad ostacoli in cui, ogni volta che Konstantin ne supera uno, un altro gli se ne
innalza davanti. Konstantin si porta dietro la maledizione di un padre che è
stato giudicato un criminale di guerra e giustiziato con l’impiccagione in
Polonia.
Poco importa che lo zio Richard, fratello del padre, abbia fatto
ricorso e abbia strappato una sentenza di illegittimità dell’esecuzione. E’
così: Gerhard Müller, proprietario
delle fabbriche di gomma Vulcano, aveva ordinato e preso parte a stermini di
massa e stava addirittura allestendo un campo di concentramento nel boschetto
di betulle alla periferia della piccola città in cui vivevano. Lo zio e il
figlio primogenito, fratello di Konstantin, sostengono che Gerhard ha obbedito
agli ordini, che è stato un eroe che ha combattuto per la sua patria, ma la moglie ha ripreso il suo cognome da nubile
e ha chiesto e ottenuto di cambiare anche il cognome dei figli. Si chiameranno
Boggosch. E’ sufficiente cancellare un cognome per cancellare un padre?
Non è soltanto la storia di Konstantin Boggosch figlio del nazista
Gerhard Müller
la trama del nuovo romanzo di Christoph Hein (nato un anno prima del suo
protagonista e cresciuto nella ex Repubblica Democratica tedesca), è tutta la
storia della Germania che, come Konstantin, si affanna per far dimenticare un
passato che non si lascia dimenticare. Il romanzo inizia dalla fine, quando
l’ormai in pensione ex preside Konstantin Boggosch riceve una lettera
dell’Ufficio delle Imposte con quel cognome, Müller, che non ha mai portato, di quel padre che non ha mai
conosciuto e di cui ha parlato con pochissime persone. La sua attuale seconda
moglie non sa nulla, ad esempio, e in qualche maniera Konstantin riesce a
giustificare l’errore dell’indirizzo.
Il racconto si srotola a ritroso, ritorna
al 1945, all’esproprio dalla bella villa in cui abitavano, all’impossibilità
della madre di trovare un lavoro come insegnante nella nuova DDR in quanto
vedova di un criminale di guerra, agli sbarramenti nell’iter scolastico dei due
fratelli Boggosch perché una cosa è il cognome sui documenti e un’altra il
fatto che i fascicoli ufficiali ne registrino un altro. Rispunteranno fuori ad
ogni tappa importante della vita di Konstantin, questi fascicoli con il nome
del padre. Come il fantasma di Banquo in “Macbeth”. A 14 anni Konstantin riesce
a scappare in Francia, pensa di arruolarsi nella Legione straniera e
naturalmente non ci riesce. A Marsiglia, però, trova lavoro in una libreria
antiquaria, conosce persone incredibilmente generose che lo aiutano a studiare,
a prendere il diploma. Konstantin ritorna in Germania nel momento in cui chi può
fugge ad Ovest. Vuole rivedere sua madre e non sopporta più di ingannare i suoi
benefattori francesi. La Storia va avanti, i governi cambiano, eppure i crimini
del padre sono sempre d’intralcio ogni volta che si prospetta per Konstantin un
miglioramento di vita, una promozione, la realizzazione delle sue ambizioni.
Con uno stile narrativo molto tradizionale e un poco lento, che non
lascia vuoti nel racconto, in questo singolare romanzo di formazione Christoph Hein ci vuole dire che la colpa di cui si
è macchiata la Germania durante la seconda guerra mondiale è stata così enorme
che non può essere dimenticata. Che ci sono, e ci saranno sempre, i
voltagabbana, i profittatori, i ‘io-non-sapevo-niente’. Che non c’è modo di scontare questa
colpa, che, in qualche maniera, ricadrà sui figli e i figli dei figli di coloro
che hanno aderito al nazismo (non per nulla Konstantin non vuole avere figli,
non dopo la morte della sua prima bambina che è parsa quasi un castigo).
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