venerdì 24 marzo 2017

Valter Hugo Mãe, L’apocalisse dei lavoratori ed. 2010

                                                     Voci da mondi diversi. Penisola iberica
           il libro ritrovato

Valter Hugo Mãe, L’apocalisse dei lavoratori
Ed. Cavallo di Ferro, trad. Antonietta Tessaro, pagg. 171, Euro 15,00

Titolo originale: o apocalipse dos trabalhadores


    Apocalisse: ‘togliere il velo’, ‘rivelazione’, in greco. L’apocalisse dei lavoratori dello scrittore portoghese Valter Hugo Mãe toglie veramente il velo che lascia solo intravedere la vita misera dei lavoratori, fatta di dura fatica e piccole speranze, umiliazioni e soprusi e brevi sprazzi di felicità di cui bisogna sapersi accontentare, con atavica rassegnazione.
    Due domestiche, un pensionato, un giovane immigrato ucraino: sono questi i personaggi principali di cui il lettore spia la vita. Una delle due donne, Maria da Graça, serve da unione  tra di loro. Sulla quarantina, sposata con Augusto che è spesso via per mare, Maria da Graça ha dei sogni ricorrenti che sembrano incubi: è alle porte del Paradiso, in mezzo ad una folla di gente che vuole entrare e ad un’altra folla che vende souvenir della vita terrena, davanti ad un severissimo san Pietro con cui lei si attarda a discutere. Maria da Graça sogna di essere morta ammazzata dal signor Ferreira, il vecchio pensionato sporcaccione che esige da lei altro che la pulizia della casa. E però è un uomo colto che le parla di musica, pittura, letteratura. Maria da Graça ha un’amica, Quitéria, che va a servizio come lei e con la quale si confida. Perché alla fin fine a Maria da Graça fanno piacere le attenzioni del ‘maledetto’ signor Ferreira e prova vero dolore quando questi si suicida gettandosi dalla finestra. E’ andata così che lui non ha ucciso lei ma se stesso.

    Quitéria ha meno reticenze dell’amica. A Quitéria piacciono gli uomini giovani. Gli immigrati dell’Est sono così belli, alti e biondi. All’inizio la sua relazione con il ventitreenne Andriy è solo fatta di sesso muto: come potrebbero parlare se lui non sa che poche parole di portoghese? Poi diventa altro, sia per lui sia per lei. Forse per lui Quitéria è un surrogato della madre, forse Quitéria prova anche un sentimento materno di protezione verso questo ragazzo che piange perché non ha più notizie dei genitori. E Quitéria spenderà tutti i suoi risparmi per due biglietti d’aereo per andare con Andriy in Ucraina.
    E’ la voce degli umili della terra, quella che sentiamo ne L’apocalisse dei lavoratori. Una voce che parla di lavoro, di fame, di morte, di dolore dell’esilio, di nostalgia, di isolamento culturale perché non si ha studiato o più semplicemente perché non si sa la lingua del posto dove il mercato dell’occupazione li ha portati. Qui e là, in Portogallo e in Ucraina. Nel Portogallo che per gli europei dell’Est è il ricco paese dove persino la rivoluzione si fa con i fiori (non era noto come ‘la rivoluzione dei garofani’ il colpo di stato che aveva instaurato il regime democratico?) e nell’Ucraina dove milioni di persone morirono di fame durante la carestia degli anni trenta, causata dalla collettivizzazione forzata voluta da Stalin. E la minaccia della polizia, insieme alla morte, serpeggia per tutto il libro. Nella cittadina di Bragança, dove vivono Maria da Graça e Quitéria, la polizia sembra sospettare che Maria da Graça sia responsabile della morte del pensionato; nella piccola Korosten il padre di Andriy ha il terrore che la milizia venga a cercarlo. Dietro i personaggi portoghesi, oltre alla morte del signor Ferreira, ci sono le storie di morte del padre dello stesso signor Ferreira e del ragazzino che cade dal tetto che sta riparando, della vecchia a cui le due domestiche fanno la veglia funebre per cinquanta euro (fare le prefiche è il loro secondo lavoro, su cui scherzano, tra il gioco e la paura di oscure presenze). Maria da Graça versa ogni giorno della varechina nella zuppa del marito, mentre in Ucraina c’è un ricordo di morte nel passato di spia del padre di Andriy…

     Il signor Ferreira parlava a Maria da Graça di Mozart, di Goya, di Proust. Il Requiem di Mozart è la colonna sonora che meglio accompagna il romanzo, le tinte forti e cupe di Goya sono quelle che più si addicono al libro di Valter Hugo Mãe, i personaggi sono ben lontani da quelli de All’ombra delle fanciulle in fiore ma c’è un’eco dell’innovazione stilistica di Proust nella narrazione fluida, vicina al racconto orale, che non ha interruzioni tra dialogo, sogno, pensiero. Non ci sono né maiuscole  né virgolettature di apertura e chiusura di discorso, solo punti e virgole, come se tutto fosse in sottotono.
    Nell’accezione più popolare l’apocalisse è l’annuncio di un evento disastroso e catastrofico: anche questo significato è appropriato per questo libro dal forte impatto dello scrittore che ha vinto, nel 2006, il premio letterario José Saramago.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista letteraria Stilos





Nessun commento:

Posta un commento