giovedì 30 marzo 2017

Ann Patchett, “Belcanto” ed. 2001

                                Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
      il libro ritrovato

Ann Patchett, “Belcanto”
Ed. Neri Pozza, pagg. 351, L.32.000

Uno stato dell’America latina. Un gruppo di guerriglieri fa irruzione  nella casa del vicepresidente durante un ricevimento e prende gli ospiti in ostaggio. Potrebbe essere una situazione banale. Quello che la rende straordinaria è l’elemento della musica, di quel “bel canto” che diventa il leitmotiv del romanzo. Perché ci sono due ospiti d’onore al ricevimento: il signor Hosokawa, presidente di una società giapponese e la soprano Roxane Coss. La soprano è stata invitata per cantare, perché si vuole festeggiare il compleanno di Hosokawa e tutti conoscono la passione di questi per l’opera. I guerriglieri in realtà volevano sequestrare il presidente, ma questi non è venuto per non perdere la puntata di una telenovela. Rilasciano la maggior parte degli ospiti, trattenendo i più importanti e la soprano, unica donna. Quattro mesi e mezzo di prigionia durante i quali conosciamo i personaggi e, con magistrale sottigliezza psicologica, i cambiamenti che la reclusione, la convivenza e soprattutto la musica operano su di loro.
Oltre a Hosokawa c’è un altro giapponese appassionato di musica che si rivela essere un ottimo pianista, e non è un caso, visto che lo stereotipo ci presenta i giapponesi come un popolo di lavoratori indefessi. E infatti entrambi coltivavano la loro passione di nascosto e adesso forse si augurano che la prigionia non abbia fine, perché sarà duro rientrare nelle strettoie della vita di lavoro. C’è poi l’interprete di Hosokawa, che diventa l’uomo più richiesto perché fa da tramite tra i presenti e, finché non si innamora di una guerrigliera, non aveva mai riflettuto sulla sua incapacità di parlare per se stesso, senza interpretare i pensieri altrui; il sacerdote che conosce finalmente la soddisfazione di esercitare la sua vocazione e, nello stesso tempo, gode della musica e di quella voce che gli sembra essere la voce stessa di Dio; il piccolo vicepresidente che acquista una nuova statura nel sapersi comportare con dignità, scoprendo il piacere di attività umili mai svolte prima.
E ancora, lo svizzero che fa da mediatore, il francese che si scopre innamorato della moglie, il pianista che muore per amore e i guerriglieri, dai capi con le loro continue richieste ai ragazzini che sembrano giocare alla guerra, alle due ragazze che non possono nascondere a lungo la loro femminilità. Su di tutti regna la cantante, un’immagine di luce, di gloria, di bellezza e di armonia che trasforma quella prigione in un luogo irreale, sospeso tra le voci  che vengono da fuori attraverso il megafono e la purezza delle note che escono dalla sua gola. La realtà è fatta di spari e di sangue, in un finale che ha tutta la drammaticità e la dolcezza triste del finale di un’opera lirica per un romanzo sensuale, giocoso, beffardo.




la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net









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