domenica 20 novembre 2016

Neel Mukherjee, “La vita degli altri” ed. 2016

                                                    Voci da mondi diversi. Asia
           romanzo 'romanzo'
          FRESCO DI LETTURA


Neel Mukherjee, “La vita degli altri”
Ed. Neri Pozza, trad. Norman Gobetti, pagg. 605, Euro 20,00

      Il titolo di questo splendido romanzo dello scrittore indiano Neel Mukherjee ci ricorda quello del film con la regia di Florian Henckel von Donnersmarck che vinse l’Oscar come miglior film straniero nel 2006. Qui, però, al posto dell’uomo incaricato dalla Stasi di spiare la vita di un famoso drammaturgo e della sua compagna c’è lo scrittore stesso che spia la vita degli altri e ce la racconta, in una maniera così coinvolgente che vorremmo continuare a leggere oltre le 605 pagine del libro.
   All’inizio siamo un poco sconcertati, un poco confusi da tutta quella folla di personaggi che ci si accalca intorno- ci sentiamo come chi è cresciuto come figlio unico e si trova improvvisamente nel mezzo di una famiglia numerosa. Siamo frastornati da nomi, nomignoli, appellativi che indicano rispetto o familiarità o diversi gradi di parentela dei numerosi membri della famiglia Ghosh in uno dei quartieri ricchi del nord di Calcutta. Tre generazioni di Ghosh condividono la bella casa con giardino- l’anziano Prafullanath ha fatto fortuna con delle cartiere.
Come tutte le grandi fortune, anche quella dei Ghosh non ha origini del tutto limpide, anzi, e chissà che tutto quello che succederà da lì a poco- è il 1967- non sia il prezzo da pagare per le truffe, lo sfruttamento, l’aver tratto profitto dalla rovina altrui. I Ghosh hanno quattro figli e una figlia, solo questa non è sposata e ormai non c’è più speranza di trovare un marito per lei, anche se i genitori hanno provato ad aumentare la dote, calando anche le pretese di un buon partito di un’adeguata classe sociale. Perché Chaya ha la pelle scura ed è strabica- le fotografie si possono correggere schiarendo la carnagione e riprendendo il viso dalla giusta angolatura, ma nessuno si è più ripresentato dopo il primo incontro. Due dei nipoti abitano nelle stanze al primo piano insieme alla madre e non hanno quasi contatti con gli altri- perché siano considerati ‘inferiori’, perché non godano affatto della ricchezza dei Ghosh, perché patiscano quasi la fame, chi sia e che cosa abbia mai fatto il loro padre, è una delle storie che leggeremo, parecchio più avanti nel romanzo, quando ormai ci siamo fatti tutte le domande che potevamo farci e abbiamo indovinato almeno una parte della vicenda della pecora nera della famiglia Ghosh.
   Sono 600 pagine che si divorano, quelle di “La vita degli altri”. Perché Neel Mukherjee tiene desta la nostra attenzione, perché varia il suo racconto, perché il suo sguardo si sposta dall’uno all’altro dei personaggi come se fossero chiamati alla ribalta, perché la storia di famiglia passa dall’anziano Prafullanath, che ha un infarto dopo aver fronteggiato gli scioperanti davanti alla cartiera, al fedele servitore Madan, accusato di aver rubato dei gioielli, dal terzogenito dei Ghosh, che ha un attaccamento quasi incestuoso per la sorella, al nipote che rimane invischiato nel circolo della droga, dal secondogenito dei Ghosh, che dirige una fallimentare casa editrice, al ragazzo che è un genio della matematica, il figlio della pecora nera che vincerà una borsa di studio per una prestigiosa università americana.
Le donne, poi, sono un mondo a sé, attraversato da correnti di gelosie, di sensualità, di rivalità. Tutto acquista un secondo significato in questo mondo- i piatti cucinati e serviti, il numero dei sari ricevuti in regalo e la qualità dei tessuti, i gioielli, d’obbligo per qualunque donna indiana: quando si sposa sua figlia (e la famiglia è già sulla via del declino), la massima ambizione di Priyo è che lei appaia ricoperta d’oro.
   C’è una seconda narrativa che scorre lungo tutto il romanzo, una sorta di diario del nipote maggiore dei Ghosh che si è unito ai naxaliti, i ribelli maoisti che reclamano con la violenza equità nella distribuzione delle ricchezze e la terra per i contadini. Supratik scrive queste pagine per una donna (anche qui, scopriremo a poco a poco chi sia e la storia che c’è dietro) e la distanza fra le due narrazioni è enorme, la prima spiega la seconda, il dare per scontato che una famiglia come i Ghosh abbia diritto ai lussi di cui gode, semplicemente perché da sempre è stato così, giustifica le scelte politiche di Supratik. C’è un abisso tra la vita di miseria e di duro lavoro che ora condivide con i contadini e quella nella residenza della sua famiglia.

    Il paragone con “I Buddenbrook” non è sprecato. E penso anche al titolo 'Declino di una famiglia’ che Mann voleva dare al suo libro. I Ghosh al posto dei Buddenbrook. Penso anche a “La melodia di Vienna” di Ernst Lothar. Un romanzo grandioso ambientato in un altro paese, con un’altra cultura, a migliaia di chilometri di distanza- Calcutta al posto di Lubecca o di Vienna. Un romanzo altrettanto ricco di sfumature, di personaggi, di storie. Uno di quei romanzi che ti fanno dire che no, il romanzo non è affatto morto. Per fortuna.

la recensione e l'intervista sono state pubblicate su www.stradanove.net


   

     

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