venerdì 11 novembre 2016

Helen Simonson, “L’estate prima della guerra” ed. 2016

                            Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
           prima guerra mondiale
           FRESCO DI LETTURA

Helen Simonson, “L’estate prima della guerra”
Ed. Neri Pozza, trad. C. Brovelli, pagg. 541, Euro 15,30

      Rye, piccola cittadina nel Sussex, è un idillio nell’estate prima dello scoppio della Grande Guerra. Forse è un idillio che nasconde brutture- rivalità, gelosie, invidie e ambizioni frustrate, pettegolezzi e meschinità-, ma è pur sempre uno scenario di pace e serenità, immersa com’è nel verde, con l’odore di mare che arriva nel vento, la vita che scorre uguale tra vecchie abitudini.
    E’ l’arrivo di una nuova insegnante di latino, Beatrice Nash, a dare uno scossone ai ritmi usuali, a dar fuoco alle chiacchiere. Poco più che ventenne, orfana di padre, di una bellezza non stereotipata, Beatrice stupisce. Perché questo è il 1914, l’anno che segna la fine di un mondo, l’inizio di una guerra che sarà più lunga e sanguinosa di quanto si pensasse, e al termine della guerra niente sarà più come prima. Beatrice Nash precorre i tempi. Beatrice è colta e non teme di mostrare la sua intelligenza, non ha paura di mettere in fuga i corteggiatori con la sua brillantezza. Aspira all’indipendenza, dice che non si sposerà mai- in effetti, nonostante un’età che a noi pare giovanissima, Beatrice è una ‘zitella’ per l’epoca in cui vive- e però non sa che cosa sia l’amore. Per lei è importante ottenere il posto di insegnante a Rye e per fortuna ha dalla sua parte Lady Agatha, la ‘signora’ del paese, e i due nipoti che sono quasi dei figli per lei, perché la moglie del sindaco caldeggia, invece, la nomina di suo nipote, uno sciocco presuntuoso che però ha il vantaggio di essere un uomo. Lo stratagemma con cui Beatrice (del tutto ignara del complotto a suo favore) ottiene la nomina è esilarante.

    E’ talmente un’oasi di pace, Rye, che la notizia della morte dell’arciduca e dell’inevitabilità della guerra arriva filtrata attraverso il marito di Lady Agatha che ricopre una carica governativa e non c’è nulla che lasci presagire la tragedia che seguirà. La guerra ha un suo fascino, come se si trattasse della guerra di Troia, come se i combattenti vivessero nell’aria mitica dell’Eneide che Beatrice fa leggere ai suoi alunni. C’è addirittura una sfilata nella strada principale, con un carro che trasporta la gloriosa Britannia. Le donne si danno da fare per sollecitare gli uomini ad arruolarsi, distribuiscono piume bianche a chi è reticente. Lo scriveva anche il poeta Orazio, Dulce et decorum est pro patria mori. Sarà il poeta Wilfred Owen- uno del gruppo dei ‘poeti di guerra’ inglesi che possiamo vedere adombrato nel nipote poeta di Lady Agatha che si arruola per sfuggire alle voci di omosessualità- a denunciare la falsità di quei versi che hanno spinto tanti giovani verso ‘una gloria disperata’, a contrapporli alla realtà che ci verrà poi descritta da Hugh, il nipote medico di Lady Agatha, dal suo ospedale da campo in Francia- il sangue, la cancrena, le amputazioni, le budella fuoriuscite, gli occhi senza vista, il dolore, il dolore, il dolore e la morte. Quelli che sono tornati e quelli che sono rimasti là, sepolti sotto i papaveri delle Fiandre.

     Il romanzo di Helen Simonson ha un attacco lento, due terzi del libro descrivono il ‘come si era’- le barriere sociali, i pregiudizi (il giovanissimo Snout, figlio di padre zingaro, si arruola mentendo sulla sua età quando apprende che mai potrà aspirare ad una borsa di studio per quanto ottimi possano essere i suoi risultati in latino), la limitatezza delle aspirazioni femminili e la messa al bando delle donne che hanno un comportamento libero, la condanna totale e assoluta delle ragazze che aspettano un figlio senza essere sposate (la vicenda della piccola profuga belga, vittima di uno stupro, è un breve romanzo dentro il romanzo), il sussurrato e non-detto riguardo all’amore che non osa dire il suo nome.
E poi le singole vicende si focalizzano nella guerra, non c'è spazio per altro che questo enorme dramma, la trama acquista un'altra dimensione. 
Alcuni personaggi del romanzo sono memorabili (lo scrittore americano Tillingham- in realtà Henry James che veramente visse a Rye- è ritratto senza pietà in tutta la sua supponenza) e la narrativa scorre sempre con lievità e umorismo gentile, molto britannico.



     

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