vento del Nord
seconda guerra mondiale
fresco di lettura
Katja Kettu, “L’amore nel vento”
Ed. Salani, trad. Nicola Rainò,
pagg. 312, Euro 15,90
Titolo originale: Kätilö
Scrivo ancora qualche rigo prima
che si spenga l’ultima candela. La piccola tace e non mangia. Le ho preparato
una culla accanto alla stufa foderando di cotone e lana di renna una scatola
per il pesce. Sale vapore dal suo respiro. Negli angoli si accumula brina ma
non sono affatto preoccupata. Sento che ti stai avvicinando, Johannes. Sto qui
seduta nella penombra bluastra della notte artica, resto in ascolto.
La guerra è la guerra. Non fa sconti a
nessuno, cambia solo il tipo di atrocità che, tuttavia, ha sempre un’unica
matrice e un’unica giustificazione: il Male commesso per l’ideale della patria.
Eppure la seconda guerra mondiale in Finlandia- così come appare nel romanzo
bello e terribile di Katja Kettu- sembra avere avuto una connotazione più
selvaggia, come se in qualche maniera si adattasse ad una natura scabra che
pare essere più nemica che amica dell’uomo.
E’ il 1944. Le sorti della guerra sono già
decise, anche se i tedeschi non vogliono riconoscerlo. La Finlandia- terra
ambita per la sua posizione, come la Polonia- ha fatto uno sforzo disperato per
respingere l’Unione Sovietica e si è alleata con i tedeschi. Nell’estremo nord del
paese, a una cinquantina di chilometri da Murmansk, vicino al circolo polare
Artico, c’è il Campo Titovka- la situazione dei prigionieri è uguale a quella
degli altri campi di concentramento tedeschi.
Qui, più lontano che mai dagli
occhi di Dio e degli uomini, si svolge l’Operazione Kuhstall (stalla delle
vacche). Niente è più temibile per una donna che essere portata nella Kuhstall.
Prima i soldati abuseranno di lei e dopo verranno effettuati esperimenti medici
sul suo corpo (si può immaginare di che tipo). Una donna, però, ha chiesto lei
stessa di essere mandata al campo Titovka. E’ la protagonista e una delle voci
narranti de “L’amore del vento”. L’ha chiesto per amore, per essere vicina
all’ufficiale delle SS che ha colpito il suo cuore con uno sguardo. Ha i titoli
perché la sua richiesta venga accolta, può lavorare come infermiera, fa la
levatrice- chissà di quanti aborti si dovrà occupare. Tutti- anche il suo
adorato Johannes Angelhurst- la chiamano Guercina per il suo strabismo (non di
Venere). Quando Johannes l’ha vista la prima volta, Guercina aveva appena
aiutato una donna a partorire e aveva il cordone ombelicale del bimbo tra i
denti. Girano tante voci su Guercina, sul perché sia ancora illibata, su suo
padre che è scomparso, sull’uomo nella cui casa è cresciuta e da cui lei è
fuggita. Quando Guercina si innamora, si prefigge un solo scopo: avere
Johannes, magari riuscire anche a dargli un figlio, anche se lei ha ormai 35
anni e non può competere con le grazie e le moine di altre ragazze. Guercina
non sa nulla del passato del tedesco che sembra avere due occupazioni al campo,
scavare fosse e scattare fotografie per fissare la Storia. Da Johannes
Angelhurst- seconda voce narrante- noi apprendiamo quello che lui lascia
riaffiorare alla sua memoria (e si serve sempre abbondantemente da una
bottiglietta che lo aiuta a dimenticare). Perché ha combattuto in Ucraina nel
1941, forse era a Babi Jar, ma proprio non ricorda nulla. O forse sì? C’è una
foto da lui scattata con montagne di cadaveri dagli occhi vuoti.
Dal campo Titovka al fiordo del Morto dove c’è una capanna isolata e un
baule con dei taccuini preziosi, dalla voce di Guercina, da quella della SS la
cui madre era finlandese, da messaggi cifrati di una doppia spia, da lettere di
un uomo soprannominato Facciabruciata, veniamo a conoscere frammenti di storie
di guerra, di tradimenti e di violenze, di stupri ed esperimenti, di condizioni
di vita estremamente primitive in cui anche i sentimenti sono primitivi. “La
ferocia dell’amore” poteva essere un bel titolo per il libro di Katja Kettu.
Tutto è feroce nel suo romanzo- forse la vita in un clima estremo rende feroci,
è la legge della sopravvivenza. I personaggi- fin nei dettagli degli abiti,
delle scarpe di pelle di pesce, della dentiera di osso di balena-, le vicende,
sia personali (ci si accoppia, si mettono al mondo bambini, si eliminano feti),
sia di guerra, hanno un che di feroce (una interessantissima postfazione
chiarisce molti punti del romanzo, spiegando la difficile situazione politica
della Finlandia prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale). E oso
definire feroce anche lo stile di Katja Kettu, perfetto per la sua narrazione-
forte, crudo, sboccato, senza alcuna concessione alla tenerezza tranne che in
alcuni momenti alla fine, quando Guercina, intrappolata nel gelo artico con la
bimba che è figlia dell’amore feroce, aspetta di sentire i passi del suo amato
sul ghiaccio.
Un libro che non si dimentica, gelido e incandescente, brutalmente
passionale- perché il fuorviante romantico titolo italiano al posto di quello
originale, “La levatrice”, che è stato mantenuto per l’edizione inglese e
francese?
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Katja Kettu |
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