venerdì 13 maggio 2016

Vidar Sundstøl, “La terra dei sogni” ed. 2015

                                                               vento del Nord
           cento sfumature di giallo
           FRESCO DI LETTURA

Vidar Sundstøl, “La terra dei sogni”
Ed. Einaudi, trad. Maria Teresa Cattaneo, pagg. 837, Euro 22,10


   Tofte, sulla sponda settentrionale del Lago Superiore, nel Minnesota. Estate. Il sole scintilla sulle acque del lago. La guardia forestale Lance Hanson deve controllare una segnalazione di campeggio abusivo. Quando arriva vicino alla piccola altura su cui si erge la croce di Baraga (il posto preferito dalle coppiette) vede un ragazzo sporco di sangue, completamente nudo, del tutto immobile. E’ in evidente stato di shock. Si alza e fugge via. Quando Hansen lo raggiunge, il ragazzo è fermo vicino a quello che, con tutta evidenza, è il corpo morto di qualcuno a cui è stato sfondato brutalmente il cranio. Anche questo giovane è nudo. Hansen mette le manette al ragazzo che parla in una lingua incomprensibile di cui, però, Lance Hansen afferra e riconosce una sola parola, kjærlighet, ‘amore’. Il ragazzo e il suo amico erano venuti dalla Norvegia perché appassionati canoisti.


    La trilogia del Minnesota dello scrittore norvegese Vidar Sundstøl è un altro di quei romanzi a cui la definizione del genere ‘giallo’ non è adeguata- questo è l’unico assassinio nei tre libri, oltre a quello (presunto) dell’indiano Swamper Caribou, scomparso un centinaio di anni prima. E’ un romanzo in cui, dietro la sottile schermata dell’indagine poliziesca, si parla di emigrazione, di amore ‘che non osa dire il suo nome’ (nelle parole di Oscar Wilde), di discriminazione e di indiani d’America, di sofferenza di coppia, di figli difficili, del peso della colpa e del silenzio che uccide.

    In questo angolo del Minnesota, un tempo terra degli indiani Ojibwe, la maggior parte degli abitanti ha antenati norvegesi- erano arrivati dalla Norvegia nella seconda metà dell’800 in cerca di fortuna, per niente spaventati da un clima freddo che dopotutto era simile a quello della madre patria, e le grandi foreste scure li facevano sentire a casa. Qualche cognome era rimasto uguale nel corso degli anni, altri erano stati modificati per renderne più facile la pronuncia. Anche la famiglia di Lance Hansen è di origine norvegese e lui è un appassionato di storia, anzi è l’esperto di Storia locale, ha un enorme archivio a casa ed è per questo che- davanti all’interrogativo se mai ci sia stato un precedente di omicidio a Tofte- gli viene in mente il caso di Swamper Caribou, ‘l’uomo-medicina’ che era scomparso nel marzo 1892, in coincidenza con l’arrivo dalla Norvegia del quindicenne Thormod, sopravvissuto ad un estenuante viaggio a piedi e a una caduta nelle acque ghiacciate del lago.
     Il primo libro della trilogia, “La terra dei sogni”, in cui Vidar Sundstøl ci introduce in questo ambiente pervaso dall’aura di mito che si è venuto creare intorno alla Norvegia e da quella altrettanto leggendaria intorno agli indiani Ojibwe. L’acchiappasogni che gli indiani appendono sopra il letto per allontanare gli incubi diventa un potente simbolo centrale in questo libro. Nella terra sognata dagli emigranti i loro sogni di una vita migliore si sono per lo più avverati e, in realtà, Lance Hansen avrebbe bisogno non di scacciare i sogni ma di trattenerli: da sette anni Lance non sogna più e l’ex suocero indiano gli dice che dovrebbe obbligarsi a sognare- i sogni sono necessari per entrare in contatto con il mondo dell’aldilà e forse in sogno potrebbe incontrare Swamper Caribou e farsi dire che cosa vuole da lui, con quelle apparizioni ammiccanti su una canoa che scivola sull’acqua, seduto su un masso, tra il folto del bosco.


      Nel secondo libro, “I morti”, l’atmosfera si incupisce. In un paesaggio spettrale di ghiaccio- da incubo che nessun acchiappasogni ha allontanato- rivive la storia dei morti del passato, di Swamper Caribou e di Thormod in lotta tra di loro mentre, nel presente, Lance e suo fratello sono impegnati in una caccia al cervo che si trasforma in una caccia all’uomo, l’eterno dissidio tra Caino e Abele. Il vero colpevole (un capro espiatorio, un indiano, è già in prigione) viene fuori alla fine, nel terzo volume, “I corvi”, in cui assistiamo alla deriva del guardaboschi protagonista, distrutto dai dubbi e dal senso di colpa per aver taciuto difendendo il suo piccolo mondo.
    Un thriller insolito che ci invischia nella ragnatela dei sogni, ci incuriosisce, ci trasporta in una natura selvaggia e cupa o gelida e abbagliante nello scintillio del ghiaccio. Se i tre volumi fossero stati pubblicati separatamente (come è stato fatto per l’edizione francese), la lettura sarebbe stata agevolata.


     



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