mercoledì 25 maggio 2016

Veit Heinichen, “Danza macabra” ed. 2008

                                                   Voci da mondi diversi. Area germanica
                  cento sfumature di giallo
                   il libro ritrovato

Veit Heinichen, “Danza macabra”
Ed. e/o, trad. Maria Paola Romeo ed Elena Tonazzo, pagg. 296, Euro 17,00
Titolo originale: Totentanz


Accarezzò la canna quasi con tenerezza, si posizionò sulla piazzola, diede uno sguardo al telemetro e regolò l’arma. “Questo fucile di precisione cambierà il modo di fare la guerra. Leggero da trasportare, veloce da montare e rapido da caricare, maneggevole, preciso e con un silenziatore così potente che sparare fa meno rumore che stappare una bottiglia di champagne”.

   Si legge di volata il quinto episodio della serie che ha per protagonista il commissario Proteo Laurenti. Il titolo del nuovo romanzo dello scrittore tedesco Veit Heinichen che vive a Trieste è “Danza macabra” e ben si addice al balletto di morte delle pagine finali, collegandolo con l’affresco medievale della chiesetta di Hrastovlje che Laurenti visita all’inizio. Così come suggestiva è la copertina del libro, con quello che forse è il più famoso tram d’Italia che si arrampica sulle colline carsiche fino all’abitato di Opicina- scenario di ben due momenti chiave e mozzafiato del romanzo.

    L’avvio della vicenda è piacevolmente lento e, come negli altri libri della serie, i problemi personali e famigliari di Proteo si mescolano a quelli del suo lavoro. Il fatto che la sua amante di oltreconfine, il sostituto procuratore di Pola Živa Ravno, gli dica, proprio dopo aver visto la “Danza macabra” di Hrastovlje, che ha deciso di mettere fine alla loro relazione, non mette certamente di buon umore Proteo Laurenti. Che si trova ad affrontare parecchi casi tutti insieme- e qui sta, da un certo punto di vista, la parziale debolezza del romanzo. Perché, se è vero che la quotidianità è sfaccettata, c’è tuttavia rischio di dispersione nel portare avanti parecchie tracce in un romanzo di indagine poliziesca. E infatti, anche in “Danza macabra”, ne viene approfondita solo una e la conclusione ha il sentore di una resa dei conti personale.
C’è la questione degli immigrati clandestini e del lavoro nero, per cui Laurenti si apposta in piazza Garibaldi, sorprende un tizio che si sta facendo pagare il pizzo e viene malmenato da uno scimmione di uomo con l’alito micidiale. C’è un non ben definito spionaggio industriale nel centro di ricerca scientifico che porta all’assassinio del custode Damian Babič. C’è il caso della giornalista ridotta in coma a colpi di stoccafisso (e noi lettori sappiamo di lei molto di più di quanto pare ne riesca a scoprire Laurenti). Quello di molestie nei confronti dell’ispettrice Pina Cardareto, piccola di statura, molto ambiziosa, ottima disegnatrice di fumetti. E infine- riflettori accesi sul caso più importante: riappaiono in scena i fratelli Drakič ed è subito chiaro che non potranno restare tutti e tre sul palcoscenico alla fine, Tatjana e Viktor e Proteo.
Ci sono dei criminali che, a meno che non muoiano, risorgono sempre dalle ceneri. E si sono fatti ancora più scaltri e agguerriti. Viktor Drakič gestisce i suoi affari da un isolotto al largo della costa croata, una sorta di Napoleone che trae enormi profitti dal traffico di esseri umani, droga, armi e (tempismo eccezionale nella scelta dell’argomento da parte di Veit Heinichen) smaltimento dei rifiuti, tossici e non. Con l’aiuto della sorella che ha cambiato il nome in Petra Piskera insieme ai connotati fisici (opera di chirurghi che però non hanno pensato alle impronte digitali) e svolge ufficialmente funzione di console di un piccolo e sconosciuto stato dell’Europa dell’Est.
 I ballerini della danza della morte sono dunque i due fratelli e Proteo in quella che diventa, nella seconda parte del romanzo, una lotta personale supportata da una parte dagli scagnozzi di Viktor (con un’arma fabbricata in Svizzera di cui ci sono solo tre esemplari e che permette di colpire l’obiettivo a enorme distanza- altra goccia in questa ricca trama), e dall’altra dalla minuscola e intraprendente Pina e dal bisbetico ma sempre efficiente dottor Galvano.


    Si trema per la sorte di Proteo, ci si indigna per il tentato stupro a sua moglie, si ride con Galvano. Si gode, con un piacere squisito, degli scorci di mare e di vigneti e di altopiano carsico. Si gustano piatti di pesce e si sorseggia buon vino. E…riuscite a immaginare la velocità di un’auto in fuga lungo le rotaie del tram che scende da Opicina? bene, è quella del romanzo.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


Nessun commento:

Posta un commento