martedì 29 settembre 2015

Debra Dean, “Le madonne dell’Ermitage” ed. 2008

                                          Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
             il libro ritrovato


Debra Dean, “Le madonne dell’Ermitage”
Ed. Piemme, trad. Mariagiulia Castagnone, pagg. 237, Euro 14,90
Titolo originale: The Madonnas of Leningrad



    E’ incredibile quanto la sua vita sia cambiata. Ora non c’è più nessuno da condurre in visita al museo né opere d’arte da vedere. Ogni giorno percorre la galleria abbandonata, le cui finestre sono rotte o sbarrate da assi. Vicino all’ingresso delle sale sono stati piazzati dei mucchi di sabbia in caso di incendio. E alle pareti pendono file di cornici vuote, una sorta di pegno a testimoniare che un giorno i quadri ritorneranno.

     Era un modo per tenere viva la memoria, quello di passare da una stanza all’altra del museo dell’Ermitage illustrando a visitatori immaginari i dipinti che ormai non c’erano più, imballati e trasportati via prima che si serrasse l’assedio dei tedeschi intorno a Leningrado. Come inventarsi un castello della memoria: a Marina lo aveva insegnato la vecchia guardiana che non sapeva niente di storia dell’arte ma poteva descrivere ogni quadro del museo. Perché senza la memoria non si è nessuno, non esiste né una nazione né un individuo senza la massa dei ricordi che fanno la storia, di un popolo o di un singolo.
   Il romanzo di Debra Dean inizia quando Marina è anziana e il morbo di Alzheimer ha cancellato dalla sua mente il ricordo del tempo più vicino, lasciando intatto quello della sua infanzia- l’arresto del padre, la famiglia dello zio archeologo che l’ha accolta, l’amore per Dimitrij che è tuttora accanto a lei, e poi la guerra, il gelo, la fame, i cadaveri per le strade, lo splendido palazzo dell’Ermitage che, per quanto ormai vuoto, per quanto si stia sgretolando per l’incuria forzata, deve essere salvaguardato. Perché l’Ermitage diventa un simbolo dell’Arte in esso rinchiusa, e l’Arte è eterna, mentre scompaiono gli uomini che l’hanno creata. E così il racconto, in un continuo alternarsi di presente e passato, di memorie familiari che si intrecciano con quelle di un popolo, diventa una storia del valore della Bellezza e dell’Amore. “madonne di Leningrado” (il titolo originale del libro), quando Dimitrij la incontra nuovamente in un campo profughi, con un bimbo riccioluto come un Bambin Gesù di Raffaello per mano, e c’è un tipo di amore che non finisce, quello che fa sì che Marina ceda un prezioso pezzo di cioccolata al fagotto di stracci che sta morendo in strada, o quello che si esprime nel tocco delle mani di donne sconosciute sul ventre gravido di Marina, o quello, tenerissimo, dell’anziano Dimitrij per la moglie che non riconosce più neppure la figlia.
Marina stessa è una delle
    E’ un romanzo incantatore, “Le madonne dell’Ermitage”, sia nelle pagine che rievocano in bianco e nero il primo terribile inverno di Leningrado assediata, sia in quelle in cui i quadri sembrano animarsi nelle parole di Marina che rivive i suoi giorni di guida turistica- visi di madonne e bambini, gentiluomini e nobildonne, tripudi di cibo e frutta nelle nature morte, nutrimento fantastico per occhi affamati. E se ci coglie la malinconia nel leggere dell’inesorabile decadimento mentale della protagonista, questa viene fugata dalle visite nel “castello della memoria”- e quanto è strano che si possa ricordare anche quello che si vorrebbe dimenticare. E ci piace pensare che, quando alla fine si perde sull’isola, Marina immagini di aggirarsi non nel bosco ma tra le colonne di marmo, non per i sentieri, ma su per lo scalone di ingresso dell’Ermitage, “Lo progettò l’architetto Bartolomeo Francesco Rastrelli nel Settecento. Notate l’opulenza delle modanature di stucchi dorati…”
Aveva spiegato così, con occhi pronti a cogliere il bello, anche ogni dettaglio del garage in cui si era rifugiata, senza sapere più chi fosse o dove dovesse andare. “Mi stava mostrando il mondo”, aveva detto di lei il giovane muratore che l’aveva ritrovata.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it






                                                                                           

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