FRESCO DI LETTURA
Brian Morton,
“Florence Gordon”
Ed. Sonzogno, pagg. 320, trad. Parolini e Curtoni, Euro 17,50
Florence Gordon. Ah, Florence Gordon! Unica e straordinaria. Quanto
ci manca Florence Gordon quando terminiamo di leggere il romanzo di Brian
Morton.
Per la protagonista del libro che ha il suo
nome come titolo, esiste solo New York. E’ impossibile vivere in un’altra
città. Il suo ritratto: ha settantacinque
anni e non ha mai inseguito la giovinezza, fedele alle idee del femminismo
rivoluzionario degli anni ‘70. Stranamente ha mantenuto il cognome del marito
da cui ha divorziato molti anni prima (era d’uso così, e poi chi non
cambierebbe Silverblatt per Gordon?), scrittore come lei. Perché Florence
Gordon è scrittrice di saggi sulla
storia delle donne e del femminismo, molto nota in un certo ambiente, fonte di
ispirazione e venerata da sua nuora Janine. Sua nipote Emily, diciottenne,
pensa dapprima che sia un ‘vecchio trombone’ per poi finire per amarla e
rispettarla, dopo averle fatto da assistente per un paio di mesi. Nonostante
tutto- perché Florence non è una persona
facile. Vista da un lato, è una vecchiaccia che non si fa scrupolo di
essere offensiva e sputare sempre fuori quello che pensa. Brusca oltre ai
limiti della sgarbatezza. E’ il tipo che, invece di essere grata alle amiche
che le hanno organizzato una festa a sorpresa, invece di avere riguardo per
tutti quelli che sono arrivati anche da lontano per renderle omaggio, li saluta
e se ne va a casa: lei ha ben altro da fare che star lì a spilluzzicare cibo,
bere e fare chiacchiere insulse. E’ il tipo che è capace di dire ‘si tolga dai
piedi’ a chi le dà fastidio intendendo farle un complimento.
Vista dall’altro
lato, però, Florence è grandiosa. Coerente
e fedele ai suoi principi, incede maestosa nella vita (non importa se deve
appoggiarsi ad un bastone) senza mai perdere d’occhio il suo obiettivo. Il
tempo scarseggia, almeno quello che le sarà concesso di vivere, e Florence
vuole completare il suo memoir. Non ha tempo per quello che è irrilevante, per
chi è superficiale, per chi non corrisponde al suo standard. E’ una donna
fredda, Florence? Forse, anche se si affeziona veramente alla nipote con cui
sente affinità. E non è un caso se Emily è l’unica tra coloro che la circondano
ad accorgersi che Florence è cambiata, che c’è qualcosa che non va in lei, il
segno di un male che Florence è troppo orgogliosa per confidare. Forse Florence
è poco empatica, ma ha l’ardire di
schierarsi in prima fila con gli studenti dell’università- lei dall’aria
fragile con il suo bastone- contro la polizia nel corso di una manifestazione
di protesta per i diritti dei gay di donare il sangue.
Florence è di certo la protagonista
assoluta di questo romanzo- non perfetto ma molto bello, con un andamento
narrativo che può sconcertare finché ci si abitua e lo si apprezza e lo si
gode: capitoli di lunghezza disuguale, a volte brevissimi, come dei flash. E
però c’è un’idea su cui riflette Emily dopo aver letto “Middlemarch” di George
Eliot, che ‘ognuno di noi è il centro di
un mondo’, e sono parole che ci danno un’altra chiave di lettura del libro.
Perché Brian Morton non si accontenta di dipingere Florence con robuste
pennellate. A tratti più fini rappresenta anche gli altri membri della sua famiglia, ognuno con la sua storia e la
sua vita e la sua lotta personale. Il figlio Daniel (strano che il figlio di
due intellettuali abbia scelto di fare il poliziotto), la nuora Janine tentata
dall’amore per un altro uomo, la nipote Emily che trova la forza per terminare
una relazione proprio pensando alla nonna, l’ex marito Saul, fedifrago e
scrittore fallito.
Coraggiosa fino alla fine,
Florence. Dignitosa fino alla fine, Florence. Un personaggio che resta nel
nostro pensiero.
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