Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Paul Lynch, “Il canto del profeta”
Ed.
66thand2nd, trad. Riccardo Duranti, pagg. 288, Euro 17,10
Dublino. La famiglia Stack, padre, madre,
quattro figli. Lei, Eilish, è una scienziata e ha appena ripreso il lavoro dopo
il congedo per maternità. Il marito è un sindacalista. Il figlio maggiore ha
sedici anni, poi c’è una ragazzina di 14, un altro maschietto di 12 e il
neonato.
È già buio quando bussano alla porta. Sono
due uomini che vogliono interrogare Larry, il marito. Si sta preparando una
manifestazione a sostegno degli insegnanti che chiedono un aumento di
stipendio. L’atmosfera è intimidatoria- il nuovo governo di estrema destra
della repubblica irlandese non tollererà né proteste né scioperi. Gli Stack
pensano che siano minacce vuote anche se c’è una certa inquietudine che gira,
riguardo alle posizioni estremiste del partito di Alleanza Nazionale.
Già questa scena di apertura ci introduce ad uno scenario fin troppo noto- da sempre, da sempre, c’è da temere quando uomini del potere bussano di notte alla porta di una casa. Succede sempre di notte, come se si volessero cancellare le tracce. E anche tutto quello che succede dopo ci è noto, da quanto è successo in altri paesi e in altri tempi. Come dire che non c’è mai niente di nuovo sotto il sole.
La manifestazione si tiene, Larry viene
arrestato, Larry scompare. A nulla serve ingaggiare un avvocato. A nulla serve
cercare di rassicurarsi pensando che è impossibile che nella verde Irlanda
succedano queste cose. Diamine, è un paese democratico, i cittadini hanno dei
diritti, c’è l’habeas corpus. C’è l’habeas
corpus? È una situazione di emergenza, si giustifica il governo imponendo
il coprifuoco.
Molti se ne sono già andati, hanno chiuso la
casa e hanno fatto fagotto. La sorella di Eilish vive in Canada, è da tempo che
la incita a raggiungerla con marito e figli, almeno con i figli, adesso. E le
ricorda che la storia è piena di gente che ha indugiato, pensando ‘non è
possibile’. Non è possibile che si arrivi al peggio, non è possibile andarsene
adesso (e se Larry tornasse e non trovasse nessuno?), non è possibile per
Eilish abbandonare suo padre che dà segni di demenza.
C’è un crescendo di buio nell’aria. Un
costante peggiorare della situazione. Il figlio maggiore viene arruolato (ma
come? ha appena compiuto 17 anni) e poi scompare (si è unito ai ribelli?), non
c’è più l’elettricità, gli scaffali dei negozi sono vuoti, dai rubinetti scende
acqua, si intensificano gli scontri tra forze governative e ribelli, aumentano
i posti di blocco. È guerra.
Che ne sarà della famiglia Stack? Che cosa dovranno sopportare prima di riuscire a prendere decisioni sofferte, pericolose, faticose?
“Il canto del profeta” (vincitore del
Booker Prize 2023) è un romanzo distopico, il partito che è dietro questa
prospettiva di un futuro possibile non è lo stesso del “1984” di Orwell, ma i
metodi, però, sono gli stessi (con l’aggiornamento delle nuove tecnologie), le
scene descritte ci fanno pensare alla Germania nazista, all’Argentina dei
‘desaparecidos’. E se abbiamo una sensazione di irrealtà, se anche noi ci
diciamo ‘non è possibile’, è perché il romanzo è ambientato in Irlanda che,
nell’immaginario collettivo, dopo la fine dei ‘troubles’, è l’isola di smeraldo
dove la gente è cordiale, beve birra nelle strade, canta canzoni folk. Le
barricate nelle strade e i cecchini possono risvegliare in noi i ricordi di
quella che fu, in definitiva, una guerra civile- quel tempo ormai è lontano e,
paradossalmente, è proprio nell’Ulster che gli irlandesi della repubblica possono
trovare la salvezza.
Si legge bene, “Il canto del profeta”, ma
non possiamo non avvertire un che di ‘già letto’.
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