Voci da mondi diversi. Israele
cento sfumature di giallo
Daria Shualy, “La calda estate di Mazi Morris”Ed.
Neri Pozza, trad. Raffaella Scardi, pagg. 335, Euro 19,00
Questo è un noir come non ne avete mai
letti, ambientato in una Tel Aviv che potrebbe anche essere New York per lo
stile di vita che ci si conduce, in un Israele lontano anni luce da quello dei
‘gialli’ di Batya Gur, forse la prima scrittrice israeliana di gialli che io
abbia letto trent’anni fa. Già, trent’anni fa. E in trent’anni le società
cambiano, perfino i ricordi del passato più tragico possono affievolirsi.
È un’estate caldissima a Tel Aviv. E Jasmin Schechter è scomparsa. Era in un bar all’aperto con il marito David, chiamato Dudi, e la bambina di tre anni. Dudi era entrato a prendere qualcosa da bere, un’auto (grigio metallizzato? Lo ha detto la bambina, le si può credere?) si è fermata e Jasmin si è accostata per dire qualcosa al conducente, aprendo la portiera. Poi è scomparsa. Jasmin che adorava la bambina, che, quando doveva passare qualche giorno lontano da lei, le telefonava ogni sera, non si è più fatta viva. È il marito che incarica l’investigatrice privata Mazi Morris di ritrovarla.
Mazi
è un personaggio unico e sorprendente. Iniziamo dal suo nome: Mazal vuol dire
‘fortuna’, ma lei non ne ha avuto affatto di fortuna nella vita. Non anticipo
nulla, perché lei stessa ne parlerà solo verso la fine, quello che invece è un
refrain costante è la nostalgia per il padre di cui, ad un certo punto, non ha
saputo più niente, e però lei non ha mai perso la speranza di ritrovarlo. Suo
padre era un grande amico del padre di Dudi e loro due erano inseparabili da
bambini. Poi Mazi, capelli rasati, fisico da ragazzino, era entrata in polizia
diventando uno degli elementi migliori, ma era stata ‘cacciata’ per
comportamento inadeguato. Adesso è un’investigatrice privata e il fratello e la
sorella adottivi sono i suoi aiutanti. Non ci vuole molto per capire quale sia
stata ‘l’inadeguatezza’ di Mazi. Quando, in momenti di stress, dice di aver
bisogno di una dose, non pensate che si tratti di droga, anche se a lei fa lo
stesso effetto. Mazi è una ninfomane, ha bisogno di rapporti sessuali per
rilassarsi e lavorare più lucidamente. Non importa con chi, anche se preferisce
le sue conoscenze fisse- il suo vicino di casa, per esempio. E, paradossalmente
(o forse no), non ha un rapporto fisico con un giornalista d’indagine di cui è
innamorata.
Dunque, Jasmin Schechter è scomparsa. Sembra che sia accaduto altre volte, in passato, che scomparisse. Una volta, addirittura, l’avevano ritrovata che faceva la cameriera all’Eliseo. Gli Schechter sono una potenza a Tel Aviv. E forse c’è qualcosa di vero quando si dice che enormi quantità di denaro non sono mai un guadagno pulito. Infatti. Se si alza il coperchio di una immaginaria scatola con l’etichetta ‘Schechter’ viene fuori di tutto. Corruzione, appalti pilotati, edifici di proprietà affittati a tenutarie di bordelli, traffico d’armi e, a livello privato, c’è ben altro ancora, difficile dire se è di peggio. Di certo, noi restiamo inorriditi.
Il primo romanzo di Daria Shualy è un noir
singolare- ci sono i delitti e ci sono i morti ma non c’è la tensione colma di
paura in attesa di un assassinio, c’è un’indagine doppia, una per la ricerca
della giovane Jasmin, e una che fornisca la spiegazione di tutto quello che è
avvenuto e chi ne sia il responsabile. Non si tratta però solo di una ‘piccola’
vicenda famigliare, il quadro è ben più vasto, quello che si scopre riguarda un
intero paese puntando il dito dell’accusa a personaggi in vista nel mondo della
politica e dell’economia. E mai ci ricorderemmo che tutto sta accadendo in
Israele, se non ci fosse la guerra sullo sfondo, le sirene d’allarme che
seminano il panico, le esplosioni, il tracciamento dei razzi nel cielo.
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