Voci da mondi diversi. Medio Oriente
Asmaa Alghoul e Sélim Nassib, “La ribelle di Gaza”
Ed.
e/o, trad. Alberto Bracci Testasecca, pagg. 201, Euro 15,67
Mai abbiamo sentito parlare tanto di Gaza come negli ultimi mesi. Gaza, come appare nelle pagine del libro “La ribelle di Gaza”, è una città senza pace, ma non è la città di macerie di adesso. È una città in cui la vita sembra ‘quasi’ normale e che Asmaa Alghoul ama, anche se poi deve allontanarsene. “La ribelle di Gaza” è lei, giornalista palestinese che, nei suoi articoli per il quotidiano Al-Ayam, documenta ‘la corruzione di Al- Fatah e il terrorismo di Hamas’. Nata nel 1982 a Rafah, un campo profughi nel sud della striscia di Gaza confinante con l’Egitto, Asmaa ha sposato un poeta egiziano nel 2003, lo ha seguito ad Abu Dhabi per poi divorziare da lui e ritornare a Gaza con il figlio. Non ha mai avuto paura di denunciare la violazione dei diritti umani, ha preso parte a manifestazioni, ha sfidato le autorità islamiche rifiutando di coprirsi i capelli e sfoggiando un abbigliamento occidentale come i jeans, è stata più volte minacciata e arrestata. Attualmente vive in Francia ed è lì che ha chiesto la collaborazione di Sélim Nassib per scrivere “La ribelle di Gaza”.
Questo è un romanzo autobiografico scritto
a due mani, un libro che racconta, in un linguaggio parlato e molto vivace,
della numerosa famiglia di Asmaa, soprattutto di un padre musulmano
‘illuminato’ che ama la letteratura ed è di ampie vedute e di uno zio che è un
importante dirigente dei servizi di sicurezza di Hamas. Le tensioni in famiglia
sono all’ordine del giorno, proprio come quelle nelle strade di Gaza. Asmaa
denuncia a voce alta le violenze e gli estremismi di Fatah e soprattutto di
Hamas, ma anche le incursioni israeliane nottetempo, i bombardamenti del
2008-2009 che causarono la morte di 1400 palestinesi. Non può essere
considerata che una ribelle, Asmaa Alghoul, perché non accetta la
discriminazione femminile imposta da Hamas, respinge l’obbligo di coprirsi il
capo e di non avvicinarsi agli uomini neppure per una semplice conversazione,
si fa gioco dei guardiani della morale.
“Da bambini giocavamo molto ad “arabi ed ebrei”, gli uni si nascondevano, gli altri li cercavano. In genere i maschi facevano gli ebrei e noi femmine gli arabi, perché gli ebrei sono più forti e brutali. Nessuno ragionava su cosa volesse dire, non facevamo politica, l’importante era divertirci.”
Inizia
così questo libro autobiografico che ci rivela molto della quotidianità in Gaza
e che ci piace per la sua immediatezza e per la passione che rivela. Ad
iniziare da questo gioco che ci colpisce e ci fa male, perché sostituisce il
‘guardie e ladri’ che tutti noi abbiamo giocato, perché indica una paura
recondita che cerca di sfogarsi nel gioco, perché sotto la forma del
divertimento mette in scena la guerra continua. Ecco, se c’è una osservazione
che farei riguardo a questo libro è che, pur non lesinando- anzi!- le critiche
ad Hamas, si dà risalto agli attacchi violenti degli israeliani, senza però
fare cenno a quello che li può avere provocati, senza dire se sono stati
sferrati come ritorsione ad una impresa di Hamas.
Tante cose sono cambiate, molto è peggiorato
da quando Asmaa Alghoul ha scritto questo libro insieme a Sélim Nassib, ma
questo è il documento di una donna che parla in nome della libertà e vale la
pena di leggerlo.
Asmaa
Alghoul è stata la prima Palestinese a vincere il premio Coraggio nel Giornalismo.
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