giovedì 25 maggio 2017

Tom Drury, “La fine dei vandalismi” ed. 2017

                                       Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
     FRESCO DI LETTURA

Tom Drury, “La fine dei vandalismi”
Ed. NN, trad. G. Pannofino, pagg. 240, Euro 16,50

     Grouse County. Un altro di quei paesaggi immaginati, costruiti casa dopo casa, famiglia dopo famiglia, personaggio dopo personaggio, dalla mente di uno scrittore. Come Yoknapatawpha County di Faulkner, Holt di Kent Haruf, Vigata del nostro Camilleri. Grouse County è da qualche parte nel Midwest degli Stati Uniti, un paese agricolo con fattorie e balle di fieno, trattori e battute di caccia. E’ qui che è ambientata la trilogia di Tom Drury di cui è appena stato pubblicato il primo volume, “La fine dei vandalismi”, dalla stessa casa editrice che ha ‘riscoperto’ Kent Haruf. Anche quella di Tom Drury è stata una riscoperta, perché “La fine dei vandalismi” è uscito per la prima volta in libreria nel 1994. Il suo è il destino strano di quei libri che per qualche motivo- chissà, l’attenzione distratta verso romanzi più clamorosi, la necessità dei lettori di qualcosa di diverso, il mercato (perché no?) che spinge un libro piuttosto che un altro- rimane nascosto per trovare poi la giusta attenzione in un altro momento, ad anni di distanza, per un qualche altro inafferrabile motivo.

    Il paragone con Kent Haruf è quello che meglio può dare ‘un’anteprima’ dello stile narrativo di Tom Drury. Questo è un romanzo in cui non accade niente e accade tutto, se tutto sta per i grandi e piccoli eventi della quotidianità. I personaggi sono tanti, una settantina, elencati con nome e cognome a fine libro e non tutti hanno la stessa rilevanza. Quelli che dominano la scena sono tre- lo sceriffo Dan Norman, Louise (fotografa) e Tiny, soprannome ridicolo per un omone che diventa quasi subito l’ex marito di Louise dopo che lei, semi-congelata dopo aver dovuto lasciare l’auto e camminare fino a casa con una temperatura di venticinque sotto zero, gli dice ‘voglio la separazione’ in risposta alla sua domanda, ‘vuoi dei fazzoletti?’ Ecco un esempio dell’umorismo asciutto dei dialoghi che sono la cifra stilistica di Tom Drury. Tiny beve, Tiny è un ladruncolo, Tiny va a importunare la sorella di Louise (erano stati insieme per un breve periodo), Tiny, molto imprevedibilmente, si mette a tenere discorsi per scoraggiare l’uso della droghe e fa coppia con una fanatica della religione. E Louise si innamora di Dan, l’uomo che è l’opposto di Tiny- pacato, affidabile, dà un senso di concretezza.

    E poi, e poi…c’è la madre di Louise (non sono mai andate molto d’accordo madre e figlia), un neonato che viene abbandonato in uno scatolone in un parcheggio del supermercato, una coppia giovane di cui lei è una ragazzina cinese in America per uno scambio (passeranno ore tremende in una notte di gelo, quando l’auto va fuori strada), un cervo che entra in casa della madre di Louise e mangia l’edera, dei ragazzi che si arrampicano per protesta sulla torre dell’acqua e vi lasciano delle scritte (dovranno pagare per l’imbiancatura), l’anziano fotografo che viene investito e la donna che porta piatti da lei cucinati in ogni occasione, Louise resta incinta (e sarà il capitolo più triste e drammatico), la campagna elettorale per eleggere lo sceriffo e pescatori in un lago spopolato di pesci.

C’è commedia e c’è tragedia, riso, sorriso e lacrime ne “La fine dei vandalismi”- è la vita che è così. E, come nella vita di ognuno, ci sono periodi di calma piatta in cui è lecito annoiarsi prendendo il fiato. Anche nel romanzo di Tom Drury ci sono pagine su cui i nostri occhi scorrono veloci perché ci sono dei cali nella narrativa e avvertiamo una certa stanchezza nel leggere. Sarebbero state meglio delle pagine in meno in un libro che si costruisce sulla quotidianità?


Nessun commento:

Posta un commento