venerdì 12 maggio 2017

INTERVISTA a Doris Lessing 2005

Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                        premio Nobel  2007  
                      il libro ritrovato                                            

In Italia sono stati pubblicati quasi contemporaneamente da case editrici diverse due romanzi della scrittrice inglese Doris Lessing, “Mara e Dann” che è del 1999  ( Fanucci, pagine 518, Euro 18,00) e “Le nonne” ( Feltrinelli, pagine 250, Euro 15,00) che è invece del 2003. Due libri di genere differente che mostrano ancora una volta come questa straordinaria scrittrice ottantacinquenne sappia ambientare le sue storie in luoghi e tempi diversi, creare personaggi di ogni età, dare voce con la stessa naturalezza a donne e uomini e bambini. Sono infatti due bambini di sette e quattro anni, Mara e Dann, i protagonisti
del romanzo che porta i loro nomi nel titolo. Anche se comprendiamo subito, nell’ingiunzione di una voce sconosciuta di dimenticare come si chiamino in realtà, che questi non sono i loro veri nomi, cancellati dalla paura. E’ un libro di avventura, “Mara e Dann”, storia di una formazione che si colloca in un luogo, Ifrik, che è l’odierna Africa, e in un tempo futuro in cui la nostra civiltà è già scomparsa da migliaia di anni, c’è stato un cambiamento climatico che ha provocato una glaciazione al Nord e una tremenda siccità al Sud. E Mara e Dann affrontano le prove più tremende in un lungo viaggio verso il Nord in cui la loro sopravvivenza è affidata all’adattarsi a tutte le situazioni, a far tesoro del cibo e dell’acqua che trovano, a imparare dall’esperienza. E se Dann rischia di perdersi in questa crudele lotta per la vita, c’è sempre la sorella che lo salva; e, se gli uomini sembrano pensare solo a se stessi, c’è sempre l’amore generoso che lega Mara a Dann sul filo dell’incesto, combattuto, evitato- ma in quante civiltà era considerato normale?
“Le nonne” è una raccolta di tre storie lunghe, di cui la prima è quella del titolo: due  donne le cui vite sono intrecciate fin dall’infanzia da un forte legame di amicizia e, quando restano sole, sembrano stringersi ancora di più l’una all’altra. Tanto che appare naturale che ognuna di loro diventi l’amante del figlio sedicenne dell’altra, assumendo un ruolo di insegnante di amore e di sesso. Nella seconda storia una ragazza di colore ha una bambina da un giovane bianco inglese che è cresciuto in una famiglia benestante e illuminata di sinistra e, quando ha bisogno di aiuto economico, il comportamento “politically correct” della famiglia Staveney finirà per allontanarla dalla figlia. E’ invece un ragazzo, il protagonista della terza vicenda, un’altra storia di formazione con un viaggio su una nave di soldati nel mare in tempesta che si calma poi quando, dopo la sosta a Cape Town, la nave entra nell’Oceano Indiano.
Ma nella sosta a Cape Town una tempesta di passione travolge il giovane James che si innamora di una donna: vivrà per sempre ricordandola, dando per certo che il figlio che lei ha avuto sia il suo, cercando di incontrarla di nuovo, di conoscere almeno suo figlio anche se ormai James si è sposato e ha avuto una figlia. Stilos ha incontrato a Mantova Doris Lessing, una donna che il tempo sembra non avere toccato, con la scriminatura tra i capelli solo un poco più bianchi sopra il bel viso fiero, una figura fuori dal tempo che suscita ammirazione e rispetto.



Nei suoi romanzi lei parla spesso di persone anziane, dell’essere donne e anziane e attive. Quali sono i vantaggi della terza età?
    Nessuno. L’età è una questione di aspettative degli altri nei nostri confronti. Per esempio, nel 1986, ho incontrato in Pakistan delle donne giovani che potevano essere mie figlie e che sembravano delle nonne, adesso da noi ci si aspetta che non sembriamo mai vecchi. Ho visto delle persone che decidono di diventare vecchi. Quando si dice “basta”, quello è il momento in cui si diventa vecchi- è una questione di volontà, se vuoi diventare vecchio, lo diventi.

 Ha vissuto in Africa e in Inghilterra, che ricordo ha di questi due paesi?
    Ho vissuto in Inghilterra più a lungo che in Africa e devo dire che l’Africa della mia infanzia è scomparsa. Sono scomparsi gli uccelli e gli animali liberi; tutto quello che ricordo, adesso non c’è più: gli animali sono rinchiusi nelle riserve di caccia. Quando torno laggiù, scopro che quello che ricordo se n’è andato.

Ha descritto molti tipi di donne, c’è un tipo di donna di cui vorrebbe ancora raccontare?
     Lo scrittore non sa mai che cosa vorrà scrivere. Ho scritto un seguito di “Mara e Dann” in cui ci sono un uomo e una ragazza, ma non lo avevo pianificato: è la prima volta che nello scrivere è emerso un personaggio non previsto. Non solo è emerso, ma si è impadronito del libro.

Lei è uno dei pochi autori che parlano di sesso in età avanzata: perché se ne parla in genere con un tono di sufficienza?
    Tendiamo a considerare con sufficienza qualcuno, siano i mussulmani, o gli animali, o i disabili, per lo più quelli che non sono come noi- fa parte della natura umana. C’è sempre qualcuno da condannare. Perché siamo tribali: noi siamo i buoni, gli altri sono i cattivi. Usiamo la stessa discriminazione verso gli anziani, sono stupidi, incapaci. Nel mio romanzo “Le nonne” ho riflesso quella che è la mia esperienza: sono i giovani uomini che fanno approcci alle donne anziane. All’origine del romanzo c’è una storia vera. Eppure ho ricevuto delle recensioni in cui si parlava di “vecchie signore con intenti predatori” e di “donne che mettono fine ad un rapporto”, insomma un quadro di donne predatrici e spietate. La storia mi è stata raccontata da un giovane, forse aveva un po’ bevuto, ma provava invidia verso i ragazzi che accostavano donne più grandi. La storia che mi ha raccontato sembrava una storia di dieci anni di beatitudine perfetta. Io sono cinica e non credo alla beatitudine perfetta e l’ho modificata. In America, un paese moralista, hanno anche parlato di incesto, ma non c’è la minima traccia di incesto nel mio romanzo.

In “Mara e Dann” leggiamo una storia di coraggio estremo dei bambini.

    “Mara e Dann” è la classica storia di avventure in cui ci sono dei bambini minacciati da qualche situazione tremenda, se ne tirano fuori con furbizia e coraggio, hanno amici e nemici e ci deve essere una fine felice. Guardiamo a che orrori sopravvivono i bambini, in Irak, in Iran, in Cecenia. I bambini sono coraggiosi quando devono esserlo. E lo stesso si può dire di tutto il genere umano: tutti noi, se siamo obbligati, ci comportiamo in maniera coraggiosa. Il genere umano è partorito dalla crisi e dalla catastrofe: come potremmo non essere coraggiosi? Venendo qui,  a Mantova, c’è stato un problema con l’aereo su cui viaggiavo. Il pilota ci ha avvertito che c’era odore di fumo e che dovevamo atterrare. Tutti sanno che odore di fumo vuol dire incendio, eppure tutti erano calmi in una sorta di noia filosofica, pensando, “ci risiamo”.

 La storia di Mara e Dann che sopravvivono alle avversità: è possibile guarire da queste esperienze di dolore, per i bambini?
    Mara è molto seria, non c’è niente di leggero in lei, e Dann è molto danneggiato. Più in generale, questo è il problema della gioventù europea. I giovani di oggi sono diversi, non hanno mai avuto paura, è da tanto che non c’è una guerra, ma la pace non è mai durata tanto a lungo. Non si possono proteggere i bambini, e come potremmo proteggerli? Sentiamo l’esigenza di proteggere i bambini, ma la mia teoria è che l’infanzia è sempre così traumatizzante che vogliamo dimenticarla. Credo che la vita che facciamo fare ai bambini sia una maratona della sopravvivenza, dopo tutto siamo stati selvaggi un tempo- soltanto un tempo?

Un suo romanzo è intitolato “La brava terrorista”. Che cosa pensa dei terroristi e del terrorismo di oggi?
   
Il titolo era ironico, naturalmente, il romanzo parlava di una donna che pensa alla rivoluzione nella quale bisogna uccidere migliaia di persone, ma è per contro premurosa verso le balene, i cani, gli animali insomma. C’è stata una sinistra così, erano in molti a pensare che bisogna uccidere per la rivoluzione, ma bisogna essere buoni. Era una contraddizione interessante: essere animalisti e uccidere nello stesso tempo. Ho conosciuto una ragazza simile ad Alice, che aveva passato la vita ad accudire a qualcuno e si immaginava come terrorista. Allora c’erano tanti terroristi dilettanti. Dopo aver scritto il libro, ho ricevuto lettere di ex terroristi, mi hanno scritto anche due ex appartenenti alle Brigate Rosse che mi hanno confermato l’esattezza della mia descrizione. Di loro mi ha colpito una frase, che si erano “lasciati prendere dal linguaggio che usavano”. Ci succede spesso anche oggi, di lasciarci prendere dal linguaggio che usiamo. Ci sono molti tipi diversi di terroristi. Dovremmo ricordare che alcuni, quando smettono di fare i terroristi- come quelli che militavano nell’IRA- sono diventati impiegati delle poste, stradini. E’ curioso questo sdoppiamento di identità- perché è un problema di identità, ti affibbi l’identità del terrorista. Pensiamo ai palestinesi, alla loro situazione così disperata che si fanno saltare per aria. Confesso di provare simpatia per loro: non è comprensibile che uno di loro dica, “che cosa ho da perdere?”, e si faccia saltare in aria?

Come è cambiato il suo approccio nei confronti della scrittura?
   Mi piace moltissimo scrivere, ancora adesso. Godo a raccontare una storia, mi dà sempre più piacere guardare una storia che si dipana. Sono cambiate molte cose dal “Taccuino d’oro”, è cambiato che non hai più la stessa energia e il mio consiglio è: usatela finché l’avete, perché non dura.

l'intervista è stata pubblicata sulla rivista Stilos




                                                                                      

Nessun commento:

Posta un commento