martedì 30 maggio 2017

Pieter Aspe, “Le maschere della notte” ed. 2010

                                                         Voci da mondi diversi. Belgio
      cento sfumature di giallo
       il libro ritrovato

Pieter Aspe, “Le maschere della notte”
Ed. Fazi, trad. Valentina Freschi, pagg. 297, Euro 14,00

     Una bambina trova, scavando per gioco nel giardino della casa che i genitori stanno ristrutturando, una tibia: c’è uno scheletro intero sepolto in quella buca. All’esame del medico legale risulterà che ha una dentatura rifatta, che ha subito un intervento maxillofacciale e che è stato ucciso con un colpo alla nuca. Non dovrebbe essere difficile scoprire l’identità dello sconosciuto. E invece lo è, se qualcuno ha interesse che non venga niente alla luce. L’ispettore Van In che indaga, insieme al suo aiutante GuidoVersavel, scoprirà che è coinvolto un gruppo di uomini che occupano posti di prestigio a Bruges. Non soltanto il più importante imprenditore delle Fiandre, ma anche un noto avvocato penalista, un immobiliarista e persino un ministro. Aggiungiamo solo che la svolta finale delle indagini arriverà quando Van In incarica una giovane collega di infiltrarsi in un ambiente sospetto. Per raggiungere lo scopo è importante che la ragazza sia bella: Carine Neels lo è, purtroppo però è anche un po’ ingenua e sprovveduta. Non abbiamo dubbi che la lezione le servirà in futuro…

    “Le maschere della notte” è il terzo thriller pubblicato dalla casa editrice Fazi dello scrittore fiammingo Pieter Aspe e l’appuntamento con i suoi libri è già diventato uno di quelli da non perdere. Forse le trame mancano di originalità, ma i personaggi sono così accattivanti, l’ambientazione è talmente piacevole e la scrittura è così brillante, divertente, ricca di humour e con un aculeo così appuntito che la lettura è un vero piacere. Nei romanzi precedenti il commissario Pieter Van In era sovrappeso e beveva decisamente troppo. Non di rado era il suo braccio destro Versavel a salvare la situazione, riaccompagnandolo a casa quando Van In aveva esagerato nell’alzare il gomito. In “Caos a Bruges” già si intuiva che il legame amoroso tra Van In e Hannelore Martens (sostituto procuratore dall’aspetto molto attraente) si stava facendo molto serio. Ora Hannelore aspetta un bambino, i due vivono insieme e Van In è a dieta stretta, quasi fosse lui a dover affrontare la gravidanza. Si lamenta, brontola, ogni tanto sgarra e si fa una birra, ma il suo aspetto è di gran lunga migliorato. I gialli seriali di Pieter Aspe appartengono al genere in cui quello che il lettore cerca non è solo la trama di indagine poliziesca, ma vuole anche veder soddisfatta la sua curiosità riguardo ai personaggi a cui si è affezionato- come accade al nostro Montalbano o al commissario Wallander di Mankell.
l'ispettore Van In sullo schermo
E allora si appassiona al risvolto privato della vita di Van In (Hannelore, che non si risparmia affatto nell’inchiesta, deve fare l’amniocentesi, entrambi condividono il timore di tutti i futuri genitori non più giovanissimi che il bambino che aspettano possa non essere sano) e a quello di Guido Versavel, poliziotto gay di cui abbiamo apprezzato le battute e che, in questo libro, viene abbandonato dal suo compagno. Le vicende matrimoniali di Pieter Van In e la situazione di coppia omosessuale di Versavel rappresentano una normalità in stridente contrasto con gli squallidi incontri delle persone coinvolte nell’omicidio di quello a cui è stato dato il nome di ‘Herbert’, giusto per non parlare di lui sempre come di uno scheletro. Prostituzione, pedofilia, giochi estremi, sadomasochismo, video hard, snuff movies, corruzione a tutti i livelli (anche delle forze dell’ordine)- altro che vaso di Pandora viene scoperchiato!

    Un consiglio: se questo è il primo libro di Pieter Aspe in cui vi imbattete, recuperate anche gli altri due che lo precedono.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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