mercoledì 20 luglio 2016

Zeruya Shalev, “Dolore” ed. 2016

                                                
                                        Voci da mondi diversi. Medio Oriente
     FRESCO DI LETTURA

Zeruya Shalev, “Dolore”
Ed. Feltrinelli, Trad. E. Loewenthal, pagg. 286, Euro 15,30


  L’inglese ha due parole diverse per indicare il dolore, pain e sorrow.  L’ebraico, così come l’italiano,  ci aiuta con un solo vocabolo per indicare il dolore fisico e quello dell’anima. Si intitola  “Dolore” il nuovo romanzo della scrittrice israeliana Zeruya Shalev e ruota, ancora ed ancora, intorno ad entrambi i tipi di dolore.
    Sono passati dieci anni da quando Iris è stata ferita gravemente durante un attentato a Gerusalemme. Glielo ricorda il marito, la mattina in cui inizia il romanzo,  con l’immediato risveglio del dolore nel corpo di Iris a cui ritornano in mente i dettagli di quella giornata, la casualità di quanto era accaduto. Non doveva essere lei ad accompagnare i figli a scuola- se fosse uscita più tardi per andare al lavoro, se Omer non avesse fatto i capricci e se Alma non avesse voluto essere pettinata con la coda di cavallo, se li avesse fatti scendere dall’auto prima, davanti alla scuola, lei non si sarebbe trovata dietro all’autobus che era saltato per aria. La casualità della vita e della morte. Ora, davanti alla recrudescenza del male, il marito fissa un appuntamento da uno specialista di terapia del dolore. E Iris, con un tuffo al cuore, lo riconosce: il dottor Rosen si chiamava Rosenfeld, è Eitan, invecchiato ma sempre Eitan, il suo primo amore di quando aveva diciassette anni e aveva creduto sarebbe morta quando lui l’aveva lasciata.

     Dov’è tutto questo dolore se la storia prosegue con l’amore ritrovato per un uomo di cui Iris registra il numero di telefono con il nome “Dolore”?  la realtà non è semplice, non è lineare, come non è lineare il pensiero di Iris, la voce narrante del romanzo in una sorta di monologo interiore che mescola frammenti di ricordi di tempi diversi- la morte del padre quando lei aveva solo quattro anni (il primo grande dolore), la malattia della madre di Eitan, i momenti di felicità assoluta dell’amore della sua giovinezza e l’abisso della disperazione, l’incontro con l’uomo buono che è ora suo marito e la nascita dei figli, la sua carriera come preside di una scuola specializzata con alunni difficili. Ed adesso questo- se la vita offre una seconda occasione, non è giusto approfittarne? Per Iris il tempo dell’amore si è fermato trent’anni prima, è pronta a lasciare il marito, i figli sono grandi, Alma è già andata via di casa, abita a Tel Aviv, Omer potrebbe essere chiamato al servizio militare a breve.

Eppure succede qualcosa che fa frenare il cuore di Iris. Qualcosa che sposta tutta l’attenzione dal suo vecchio nuovo amore alla figlia, la bambina che avrebbe voluto fosse figlia di lui, Eitan, perché ne avevano parlato nei loro sogni di giovane coppia innamorata. Degli amici avevano osservato, con cautela, quanto fosse cambiata Alma a Tel Aviv. Iris si era preoccupata, poi si era distratta, aveva solo Eitan in mente. E invece, l’allarme era giustificato. Ecco il nuovo dolore, il convincimento irrazionale ma fortissimo che se lei sacrifica Eitan, Alma sarà salva, il capovolgimento di quanto aveva pensato- prima di tutto vengono i figli, la responsabilità di un genitore è prima di tutto verso di loro.

    La storia d’amore, allora, bellissima e struggente come tutte le storie che non si sono realizzate, romantica come quelle dell’unico vero amore che non si confronta con la realtà, si amplia, diventa storia d’amore di una famiglia con il dolore della rinuncia che non è più sacrificio ma scelta. E lo stile narrativo di Zeruya Shalev ci fa vivere dall’interno il dolore della protagonista nel suo cammino verso l’accettazione del presente- “è una vecchia storia”, dice, distaccandosi dal sogno.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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