martedì 19 luglio 2016

Julian Fellowes, “Un passato imperfetto” ed. 2009

                           Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
    romanzo 'romanzo'
    il libro dimenticato


Julian Fellowes, “Un passato imperfetto”
Ed. Neri Pozza, trad. M. Ortelio, pagg. 380, Euro 7,65

     Quando è stato pubblicato, nel 2009, non avevo letto “Un passato imperfetto”. L’ho preso in mano ora, dopo aver letto “Belgravia”, per fare un confronto, per completare la mia conoscenza dell’autore. Ebbene, Julian Fellowes è sempre Julian Fellowes. Se fosse stato un pittore, sarebbe potuto essere Thomas Gainsborough, il ritrattista dell’alta società britannica del 700. Perché, libro dopo libro, film dopo film, sia per il grande schermo sia per la televisione, Julian Fellowes, Barone Fellowes di West Stafford, dipinge per noi un quadro preciso, ricco di dettagli e sfumature, dell’upper class inglese- ed è chiaro che sa di che cosa sta parlando, che conosce dall’interno quell’ambiente, che, con l’acume della persona intelligente, riesce a sdoppiarsi, ad essere, nello stesso tempo, uno di loro ed un osservatore esterno, nel ruolo che affida al narratore sia in “Snob” sia in “Un passato imperfetto”, che potrebbe essere quello di Matthew in “Downton Abbey”.
    Il narratore di “Un passato imperfetto” (è inevitabile per noi identificarlo con lo stesso Julian Fellowes) racconta una storia che si svolge per lo più nel passato, un passato che è ‘imperfetto’ e che però sembra suscitare nostalgia. C’era molto che non andava bene, nel passato- e lo vedremo- ma il presente- il crollo della garbatezza, dello stile, dell’eleganza, delle buone maniere, di una solida cultura di base, dell’ordine, del rispetto- non regge al confronto. Le conquiste del presente, tutte quelle inimmaginabili libertà (quella sessuale, prima di tutto) che erano parse esaltanti, sono degenerate in superficialità e lassismo.

Ci deve essere un pretesto per far scattare la trama del romanzo, per permettere allo scrittore di mettere a confronto gli anni ‘60 (i mitici anni ’60 che in realtà hanno solo preparato i cambiamenti veri, degli anni ‘70) con l’inizio del nuovo millennio. Damian, uno del gruppo di amici di ‘allora’, sta morendo. Vive da solo, in una splendida abitazione- ne ha fatto di strada, Damian. Perché il ritratto che si completa a poco a poco, pagina dopo pagina, è quello di un arrampicatore sociale, di un intruso nel bel mondo, di un ragazzo- ventenne all’epoca- molto bello e di indubbio fascino che impara in fretta a comportarsi come gli altri del gruppo.
   Damian affida un compito di vitale importanza al narratore, che non lo vedeva da ‘allora’, quando era successo qualcosa di tremendo (e di non rivelato fino alla fine), in una vacanza in Portogallo, e che ora ricostruisce il passato per noi. Damian, che non ha avuto figli nel corso di un breve matrimonio, sospetta di averne avuto però uno, ‘allora’. E vuole rintracciarlo, vuole lasciargli la sua immensa fortuna. Non dovrebbe essere così difficile. Ha già fatto una selezione, controllando le date, delle ragazze con cui era andato a letto in quegli anni. Quelle che si erano sposate in fretta e avevano avuto un figlio nato, guarda caso, ‘prematuro’. L’amico narratore- era stato molto geloso di Damian, allora, non aveva la conquista facile come Damian, anzi, l’opposto- deve fare in fretta, sì, poi si farà l’esame del DNA, ma prima è necessario parlare di persona con le ex ragazze.

    Entrano in scena una dopo l’altra- una non entra affatto, è già morta- le debuttanti di ‘allora’, di un tempo in cui c’era ancora il rito di passaggio dell’ingresso in società che implicava spese non indifferenti. Una dopo l’altra rivivono le gelosie, gli innamoramenti, il sesso di nascosto e di sfuggita, le menzogne ai genitori, l’obiettivo di un matrimonio adeguato alla posizione. Che cosa è rimasto, di tutto questo, dopo quarant’anni? Il tempo non perdona, lascia tracce indelebili.
    E’ l’umorismo la cifra dello stile di Julian Fellowes. Anzi, il suo humour, perché la parola inglese mi pare renda meglio la sua specificità. E acutezza e brio. E quel lieve distacco che gli permette di criticare senza avere l’aria di farlo, che ci fa ricordare che anche lui, Julian Fellowes era ‘dei loro’.
Nelle sue commedia di costume Julian Fellowes è il cantastorie del passato, il Giano bifronte che guarda avanti e, nello stesso tempo, rivolge lo sguardo nostalgico al passato.


         



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