sabato 20 giugno 2015

Paola Capriolo, “Mi ricordo” ed. 2015

                                                                    Casa Nostra. Qui Italia
       FRESCO DI LETTURA


Paola Capriolo, “Mi ricordo”
Ed. Giunti, pagg. 268, Euro 16,00

    E io, Maestro? Io, tornata a casa, ebbi l’imperdonabile vanità di voler sopravvivere. Nascosi il marchio veridico impresso nella mia carne sotto un bracciale d’argento che da allora non tolgo mai, nemmeno quando dormo. Potessi recintare così la mia mente, nascondere con tanta facilità il marchio che porto impresso dentro, in ogni fibra… Allora forse sarei una donna felice. Una moglie, una madre, non una profuga che la casa della gioia, questa patria infernale, ha lasciato dietro di sé. Sarei qualcuno che non avrebbe più bisogno di scriverti, perché non ricorderebbe, in tutto quel cozzare di stivali, di aver pensato a te come al principe assente.

     Un paese indefinito. Potrebbe essere l’Austria.
Sonja, una cinquantina d’anni, si presenta per un posto di badante di un uomo anziano- è l’indirizzo dell’abitazione che l’ha fatta decidere.
Adela, un’adolescente che scrive lettere auliche ad un poeta che l’ha incantata e commossa durante un incontro di lettura delle sue poesie.
Due donne, due storie, due tempi diversi che diventano una sola storia, l’una il proseguimento dell’altra, il tempo dell’una la necessaria spiegazione del tempo dell’altra. E il vecchio che retrocede sempre più in una condizione senile, che confonde tempi e persone, sta per gli uomini deboli di questa vicenda. Per il padre di Sonja che è scivolato nell’ubriachezza dopo la morte della moglie (sua madre le aveva chiesto, ‘sai perché amo tuo padre? Perché è un perdente’), per il poeta cantore di parole vuote che si tira indietro al primo accenno di pericolo- che delusione amare un uomo così, che spreco della propria vita metterla a rischio per un uomo a cui perfino i testi di letteratura dedicano solo un paio di righe.
    Sonja non è un personaggio accattivante, come non lo è il vecchio di cui deve prendersi cura. Comprendiamo subito che lei conosce la casa, che forse è la casa in cui ha vissuto da bambina, che sì, quella è proprio la cameretta rosa della sua infanzia, che il fiume che rumoreggia in fondo al giardino è quello…I tasselli dei ricordi si incastrano a poco a poco, fanno rivivere la bambina rimasta orfana prima di madre (una mamma che si irrigidiva quando le sue manine si posavano su di lei) e poi di padre (una volta, era ubriaco, le aveva detto che la mamma aveva sempre amato un altro) e il quadro si fa completo dopo un’esplorazione della soffitta- il luogo dove nei romanzi (ma non solo) si accatasta il vecchiume e dove, però, si trova anche il tesoro nascosto. Sonja trova le lettere della madre. E di un altro.
    Neppure Adela è simpatica, ascoltando la sua voce nelle prime lettere. Troppo invasata, troppo sulle nuvole. Le dà corda il Poeta? Difficile a dirsi. Poi, a poco a poco, il tono delle lettere cambia. La realtà fa la sua brusca irruzione.
Prima sono le leggi di Norimberga, l’incredulità davanti a disposizioni incomprensibili. Il fragore della Notte dei Cristalli- i vetri che lastricano le strade si mescolano ai frammenti del cuore spezzato di Adela. Le limitazioni, il padre medico che non può più esercitare, la stella gialla sugli abiti. Il Poeta si tira indietro. Adela mal sopporta che il giovane collega di suo padre, quello che la adora e che lei chiama con disprezzo ‘il dottorino’, faccia quello che lei avrebbe voluto fosse ‘il suo’ Poeta a fare: si schiera dalla loro parte, osa sfidare i puri ariani per lei, per loro.
    Il lettore può immaginare quello che ne sarà, di Adela e della sua famiglia. Ma anche Sonja deve in parte immaginare in che cosa si trasformi la vita di Adela. Perché nelle lettere mai spedite al Poeta e scritte dopo il ritorno da quel luogo da cui in realtà non si ritorna, Adela è reticente. Dice, ma non tutto. Non dice il peggio. Quello non si può affrontare. Quello resta dentro come un macigno che trascina sul fondo del fiume.

    C’è un’affermazione seguita da una domanda che ricorrono come leit motiv lungo tutto il romanzo- profondo eppure lieve, quasi un ossimoro- di Paola Capriolo. Una frase del principe Mishkin ne “L’idiota” di Dostojevskij, ‘La bellezza salverà il mondo’. Una frase ambigua su cui si discute da più di un secolo. ‘Quale bellezza?’, chiede Adela come altri prima e dopo di lei. Tutto quello che può rappresentare la bellezza, la bontà, i valori dello spirito, è qualcosa di illusorio. Lo hanno dimostrato le scelte del Poeta e dell’intera Germania, patria della musica e della poesia.

   Un libro molto bello, intenso, che fa pensare. Da non perdere.

la recensione sarà pubblicata su www.wuz.it


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