martedì 2 giugno 2015

Elizabeth Strout, “Resta con me” ed. 2010

                                        Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
        il libro ritrovato


Elizabeth Strout, “Resta con me”
Ed. Fazi, trad. Silvia Castoldi, pagg. 368, Euro 18,50

Titolo originale: Abide with Me

   E così si sparse la voce che forse Tyler se la intendeva con la domestica. Era l’evento più drammatico dopo la morte di Lauren, e per certi versi anche di più, perché non era del tutto chiaro. Molti liquidarono la faccenda, dicendo che la bambina “non era a posto con la testa”, e una cosa del genere era solo stupida e impensabile. Altri non ne erano così sicuri.

     Armonia. Serenità. Limpidezza. Pacatezza. Sono queste le parole che mi vengono in mente se dovessi dire che cosa c’è di così bello nel romanzo “Resta con me” di Elizabeth Strout. Di certo non c’è nulla di straordinario nella trama- un pastore della Chiesa Congregazionale, rimasto vedovo da poco, affronta le maligne dicerie della piccola cittadina di West Annett, nel Maine, e le difficoltà domestiche del dover tirare su da solo le sue due bambine. La sua fede è intaccata ma, grazie all’amore che ha saputo spargere intorno a sé, riesce ad uscire dalla crisi. Eppure c’è qualcosa di incantatorio nella voce narrante che incomincia prendendo le distanze da quello che sta per raccontarci, quasi si trattasse di una fiaba: Oh, saranno passati anni ormai, ma una volta un ministro del culto viveva con la figlioletta in una cittadina del Nord, vicino al Sabbanock River, lassù dove il fiume è stretto e gli inverni erano particolarmente lunghi.
    E’ il 1959, nel pieno della guerra fredda, la gente teme un attacco nucleare da parte della Russia, chi può si costruisce un rifugio antiatomico in un’ondata di paura paranoica. Nella piccola città dove tutti conoscono tutti, dove nulla, neppure un paio di scarpe nuove passa inosservato, dove fioriscono comitati di ogni genere che favoriscono il diffondersi dei pettegolezzi, il ministro di culto Tyler Caskey è una figura luminosa, a sé. Il suo arrivo ha fatto scalpore. Soprattutto la moglie Lauren ha suscitato la curiosità un poco maligna di tutti i parrocchiani, uomini e donne. Con i suoi capelli rosso fragola, i vestiti alla moda, le scarpette con il tacco alto, la franchezza priva di inibizioni delle sue osservazioni, Lauren è una figura incongruente a fianco di Tyler Caskey. Il diacono Charlie Austin- schiavo di una forte attrazione sessuale per una donna di Boston-  riconosce in Lauren un ‘certo’ tipo di donna e dice, senza mezzi termini, che Tyler ha sposato ‘una sgualdrina’. Perché che cosa, se non il sesso, aveva potuto unire un uomo come Tyler che vede Dio in ogni atomo dell’universo ad una donna che trovava noiose le sue prediche, piangeva se il marito la invitava a spendere di meno, si faceva beffe della madre di lui che le suggeriva un comportamento più modesto? E comunque Lauren muore di tumore, Tyler Caskey è distrutto dal dolore, la bimba più piccola viene affidata a sua madre, Katherine, di cinque anni, resta con lui. Ma non parla più, all’asilo si mette a gridare, durante la preghiera ha bisbigliato ‘Odio Dio’. Scandalo.

     Si leva come un ronzare di un vespaio dalla piccola città: l’arte narrativa di Elizabeth Strout è proprio in questo, nel renderci partecipi della montante congiura ai danni di Tyler tramite un passaparola- e non c’è nulla che venga modificato e distorto come una diceria che passa di bocca in bocca. Da una parte c’è Tyler che non teme di affermare ad alta voce quello in cui crede, che dice che è una cosa terribile essere lontani da Dio, e che vede Dio nel suo prossimo. Dall’altra ci sono i parrocchiani che sussurrano, che si servono delle due persone più deboli accanto a Tyler- la piccola Katherine e la domestica Connie Hatch- per colpirlo, che forse sono invidiosi di lui e della sua aura, che- in ogni modo- spargono maldicenze. Distruggendolo. Dando un colpo mortale ad un uomo che aveva già molto sofferto: come Katherine è diventata muta, così Tyler deve scendere dal pulpito, improvvisamente incapace di pronunciare il sermone che ha preparato.
     Eppure- è questo che è grandioso nel romanzo della Strout, perfettamente in sintonia con lo spirito del libro- non ci sono buoni e cattivi a West Annett, non si esprimono giudizi o condanne. In un gioco di intarsi ogni personaggio si riempie a poco a poco, ogni comportamento ha una sua qualche giustificazione, ognuno ha una sua infelicità o un suo dramma o dei ricordi di cui non vuole parlare. Dei flashback rivelano che anche il matrimonio di Tyler e Lauren non era poi così felice come lui vorrebbe continuare a credere. Ci sono degli interrogativi sulla colpa- sull’aborto, sull’eutanasia, sul suicidio- che non trovano risposta, che continueranno a macerare nelle pieghe dell’anima.
    La fine del romanzo è un trionfo dell’amore. Non l’amore tinteggiato di rosa, ma l’amore cristiano che non è diretto ad una sola persona, l’amore compassione, l’amore che capisce quello che qui è rivelato: l’umano troppo umano che fa male. Si cade, ma poi ci si rialza, se qualcuno ci porge una mano.

   Un romanzo imperniato sulla religione, fitto di citazioni prese dai testi sacri, potrebbe risultare noioso. Peggio, potrebbe infastidire come una lezione. E invece “Resta con me” è un romanzo consolatorio. Luminoso.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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