Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Roberto Costantini, “Tu sei il male”
Ed. Marsilio, pagg. 669, Euro
22,00
Manfredi lo fissò. In quello sguardo c’era qualcosa che era molto peggio
dell’odio, qualcosa di più profondo e doloroso.
“E’ ora che lei si renda utile, Balistreri. E’ inguardabile. Vada a
dormire, si faccia una doccia, la barba, una buona colazione domani mattina.
Perché se la sua mente è nelle stesse condizioni del suo corpo la ragazza non
ha speranza.”
Balistreri si alzò. Sulla porta Manfredi lo congedò senza strette di
mano.
“Cerchi di salvare almeno questa ragazza, Balistreri. Più che la sua
anima.”
E allora, sì: avremo anche noi la nostra
trilogia! Perché “Tu sei il male” di Roberto Costantini, pubblicato da poco
dalla casa editrice Marsilio, si annuncia come il primo di una serie di tre
romanzi con lo stesso protagonista e con trame che combinano il genere di
indagine poliziesca con quello di ritratto-denuncia dei mali dell’Italia. E una
trilogia è importante, una trilogia significa un ampio respiro, una
progettazione di un discorso mirato, la voglia di scagliare frecce, di dire
qualcosa che lasci un segno.
Incomincia dalla fine, il romanzo di
Roberto Costantini. La stessa data, 9 luglio 2006, per la riflessione di un
assassino (Se la prima volta le cose
fossero andate diversamente, forse non avrei ucciso tutte le altre), e per
la breve descrizione di un suicidio: mentre i tifosi esultano per la vittoria
dell’Italia nei mondiali di calcio, una donna si getta dal balcone. Quando
giriamo pagina la data è gennaio 1982 e facciamo la conoscenza con il
commissario Michele Balistreri: in un lussuoso appartamento di Roma si sta
svolgendo una partita a poker, Balistreri beve whisky sperando di portarsi a
letto l’amica della padrona di casa che ha conosciuto in seguito alla sua
denuncia per il furto di un cane.
Questo Balistreri trentaduenne non è
affatto simpatico. Non raggiunge il grado di antipatia di Evert Bäckström, il personaggio dello svedese
Leif Persson, ma ci va vicino. Michele Balistreri ha un passato turbolento:
nato e cresciuto in Libia da padre siciliano, secondogenito e pecora nera della
famiglia, ammiratore di Nietzsche e Mussolini, militante in Ordine Nuovo e poi
agente dei Servizi Segreti. Finché, dopo l’uccisione di Aldo Moro, quando ‘la
criminalità di destra si saldò col terrorismo di sinistra’, Michele Balistreri
cambiò rotta con l’aiuto del fratello. Entrò in polizia, gli fecero vincere il
concorso, ebbe l’incarico di commissario in un quartiere tranquillo di Roma.
Dove lo troviamo ora a ritrovare cani smarriti. Michele Balistreri è cinico,
egoista ed egocentrico, un maschilista che usa le donne per il suo piacere.
Beve (troppo), fuma (troppo), lavora (poco).
Non è solo
l’azione del romanzo ad incominciare in questa serata in cui Balistreri fa la
conoscenza di Angelo Dioguardi, l’abile giocatore di poker che è il suo doppio
e il suo opposto e che diventerà suo grande amico. Balistreri non lo sa ancora,
ma anche la sua vita è destinata a cambiare con gli incontri fatti quella sera.
E arriviamo ad un’altra sera- quella fatale della finale dei mondiali di
calcio, l’11 luglio 1982. Nessuno vuole essere disturbato, quella sera. Non di
certo Michele Balistreri: per incuria, pigrizia, disattenzione, menefreghismo,
arroganza, superficialità, Michele non raccoglie la denuncia di scomparsa di
Elisa Sordi, giovanissima aiutante negli uffici che fanno capo ad un cardinale.
Il corpo della ragazza sarà ritrovato nel Tevere: è stata assassinata. Il caso
non viene risolto. Sarà riaperto ventiquattro anni dopo, quando sua madre si
getta dal balcone. Intanto, tra la fine del 2005 e l’estate del 2006, ci sono
state altre morti, di altre ragazze uccise con la stessa modalità. Tutte hanno
una lettera dell’alfabeto incisa su una parte del corpo. E’ un Michele
Balistreri del tutto diverso, quello che guida le indagini adesso. Non è solo
un fattore di età. Questo è un uomo che è macerato dall’interno. Che soffre di
insonnia e prende pillole antidepressione. Che non fa più ‘usa e getta’ con le
donne. Che deve moderare il fumo e l’alcol. Che è più umanamente simpatico
nella sua ruvidezza. Che è consapevole, proprio per il suo passato, delle
manovre politiche che strumentalizzano anche la polizia in una città che
include un altro Stato, il Vaticano.
Perché le tracce
conducono al Casilino 900, malfamato e degradato campo rom di cui da più parti
si chiede la chiusura (verrà chiuso, effettivamente, nel 2010). Ma sono i veri
colpevoli i rumeni (quanta confusione, tra rom e rumeni) accusati di sequestri,
stupri e delitti? O qualcuno spinge per portare la situazione al limite del
tollerabile? In modo che la furia della folla esploda in maniera opposta a
quella esultante per la vittoria dei calciatori?
Menzogne, coperture, truffe, corruzione, malvagità,
criminalità. E non solo dove la miseria può offrire una qualche
giustificazione.
C’è azione
serrata, nel romanzo di Roberto Costantini. C’è, oltre al protagonista, un
folto gruppo di personaggi fortemente caratterizzati. C’è la bella ed
enigmatica figura di una giornalista d’indagine. C’è una trama con un serial
killer che si inserisce in un’altra trama di altri misfatti in quello che viene
definito, con accoramento, ‘un paese senza onore’- che è il nostro, quello di
adesso e non solo di ieri. C’è una scrittura tesa, veloce, incalzante. E una
tensione che impedisce di interrompere la lettura.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Nessun commento:
Posta un commento