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guerra dei Balcani
fresco di lettura
Marco Magini, “Come fossi solo”
Ed. Giunti, pagg. 224, Euro 14,00
Guardo la massa di corpi impilati, coperti ormai di mosche. Potrò mai
dimenticare questa immagine? Cosa dirò a Sanja quando un giorno mi chiederà
cosa faceva suo padre durante la guerra?
A volte ci sfugge un libro. Per disattenzione, perché sono tanti i libri
pubblicati, per caso. Ed è una fortuna che qualche altro lettore ce lo segnali,
perché avremmo perso veramente molto, senza leggerlo. “Come fossi solo” di
Marco Magini è stato pubblicato a gennaio, il mese che culmina con il Giorno
della Memoria. Memoria della liberazione di Auschwitz, memoria di tutte le
stragi e di tutti gli orrori del secolo XX. Nel libro di Magini tre personaggi
si avvicendano per raccontare l’eccidio dell’enclave musulmana di Srebrenica,
nel luglio del 1995.
Romeo Gonzalez, giudice del tribunale
internazionale per i crimini di guerra,
Dirk, giovane casco blu olandese del contingente Onu, Dražen Erdemovic, il
sangue misto, serbo con origini croate, cittadino della Bosnia musulmana. Il
colpevole, lo spettatore, il giudice. Eppure, quando terminiamo il libro,
avvertiamo un disagio interiore: è l’unico colpevole il reo confesso? Sono
tutti e tre colpevoli, anche se solo per emettere una sentenza? Non siamo forse
anche noi, spettatori lontani, colpevoli? E’ la Storia ad essere colpevole? Ma
che cosa è, chi fa la Storia?
Dražen Erdemovic fu l’unico ad autodenunciarsi per la strage di
Srebrenica, addebitandosi almeno settanta morti. Nel 1996 fu condannato a dieci
anni di reclusione, ridotti poi a cinque. Un crimine è sempre un crimine, non
ci sono attenuanti. Non ci sono? Lo scandaglio dell’anima di Dražen Erdemovic
ci fa provare pena per lui, quanta ne proviamo per quegli uomini, giovani,
vecchi, bambini, trasportati sui pullman nella fattoria isolata per essere
uccisi. I primi gruppi bendati, gli altri a guardare la morte in faccia.
Erdemovic a guardare loro, a non volerli vedere per non ricordarli negli
incubi. Era un soldato per caso, Erdemovic che aveva rivestito tre divise,
seguendo la storia della Jugoslavia. Si era arruolato per mantenere la moglie e
la bambina, era assegnato al trasporto munizioni. Obiezione: non sapeva che
cosa fosse una guerra? Che ti trovi a dover uccidere? Contro obiezione: non però
ad uccidere civili, gente disarmata, bambini- per carità, come si fa ad
accusare di terrorismo dei bambini? Erdemovic si era rifiutato di sparare.
Allora era un traditore, si mettesse in fila con i musulmani. Erdemovic pensa
alla moglie, alla figlia. Che cosa è meglio, che cosa è meno peggio? Un padre
assassino o un padre morto e traditore? E’ il dilemma di tutti i conflitti, è
la ‘banalità del male’. Anche un padre assassino muore lì, accanto alla
montagna di cadaveri. Non si torna mai dalla guerra.
Il casco blu Dirk, per tutti gli altri caschi blu che il 13 luglio 1995,
fecero uscire 300 persone dal campo protetto in cui si erano rifugiati, volendo
ignorare quello che aspettava i convogli della morte. Un’altra vittima anche
Dirk, come lo sono sempre i singoli, colpevole al momento di non aver aggiunto
uno, due nomi alla lista di coloro che speravano di andare incontro alla
salvezza, colpevole di non aver saputo che cosa fare per impedire il massacro.
I ricordi di Dirk e quelli di Dražen sono come un ‘prima’ e un ‘dopo’ di
orrori. L’affollamento del campo, il puzzo, la disperazione, la donna che
partorisce nella polvere, un’umanità umiliata. L’inganno di Dražen, soldato per
sbaglio, è l’inganno di Dirk, sorvegliante impotente e senza ordini precisi.
Ed è anche
l’inganno di Romeo Gonzalez, l’ometto senza qualità che era perfino rimasto
deluso che un incarico così prestigioso avesse a che fare con uno sconosciuto e
non con uno dei mostri- Mladic, Karadžić, Milosevic. Perché, invece, sarebbe stato più
facile giudicare proprio un Mladic, un Karadžić, un Milosevic, che non l’uomo
qualunque che si era trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato e che si
macerava nella colpa. Esiste la giustizia umana? E’ possibile ergersi a giudice
delle azioni compiute dai nostri simili, quando saremmo potuti essere noi al
loro posto?
Il libro di Marco Magini, con il suo personaggio reale di un eroe
tragico dei nostri tempi, è assolutamente da leggere. Se non altro per
ricordare.
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