Voci da mondi diversi. Penisola balcanica
guerra dei Balcani
il libro ritrovato
Nicol Ljubić, “Mare calmo”
Ed. Keller, trad. Franco Filice, pagg. 188, Euro 14,50
Titolo originale: Meerestille
Che sensazione
deve essere quella di vedere lì, oltre il vetro,il proprio padre? Nella
consapevolezza che tutti gli altri lo considerano un criminale e si chiedono
come possa un uomo commettere ciò che lui ha commesso. Forse qualcuno si
chiederà anche come si pone la famiglia di quell’uomo rispetto ai suoi reati.
Li ha resi tutti vittime. E in realtà è proprio questo che ha cambiato profondamente
la famiglia. vittima, perché costretta a vivere il resto dei suoi giorni
all’ombra di un carnefice. Si possono perdonare cose così?
“E’ una cosa tragica dal punto di vista
storico”, dice un professore in “Mare calmo”, bellissimo romanzo di Nicol Ljubić. “E’ probabile che la Serbia
sia l’unico Paese in Europa che non abbia vissuto una catarsi. Da quasi
vent’anni vive isolata dal mondo, con il complesso della colpa.”
Il
libro si apre con un prologo al tribunale dell’Aia dove sono in corso i processi
per attestare le colpe dei criminali di guerra. L’avvocato che ha preso la
parola traccia un brevissimo quadro della guerra che infuriò dal 1991 al 1995
nei paesi che fino alla morte di Tito avevano formato la Jugoslavia.
L’attenzione, per i fatti imputati all’uomo che è in attesa di giudizio, si
punta sulla cittadina bosniaca di Višegrad,
famosa per il lungo ponte ad arcate di epoca ottomana che ha dato il titolo al
romanzo di Ivo Andrić, premio Nobel del 1961. A Višegrad, nell’aprile del 1992, fu effettuata
una delle pulizie etniche più cruente di tutta la guerra: la città doveva
essere liberata dai musulmani (impossibile non pensare a come la storia si
ripeta crudelmente, alle dichiarazioni di città Judenfrei durante la seconda guerra mondiale). Uomini, donne,
vecchi e giovani, bambini e neonati- uccisi, gettati nella Drina, nelle acque
del lago artificiale creato dalla diga di Bajna Basta (durante lavori di
manutenzione nel 2010 vennero scoperti sui fondali 373 corpi e la stima è che
ce ne fossero duemila), sepolti in fosse comuni (diciannove fosse comuni sono
state trovate nel 2001), bruciati vivi dopo essere stati radunati e chiusi
nelle case.
L’imputato si chiama Zlatko Šimić. E’
il padre di Ana, che Robert ha conosciuto a Berlino e di cui si è innamorato.
Robert adesso è lì, nell’aula del tribunale. E’ venuto apposta per vederlo, per
sentirlo, per cercare di capire la storia di quel paese che era pure di suo
padre, prima che questi emigrasse in Germania dove Robert è nato. Robert non sa
neppure parlare in croato, Ana gli ha detto che zlatko vuol dire ‘adorabile’ ma
non gli ha detto che è il nome di suo padre. Ana tiene una fotografia del padre
in stanza, ma non gli ha mai parlato di lui, non gli ha confidato che è in
carcere a Scheveningen. Quando a Robert è capitato- perché ne scrivevano i giornali- di parlare della
guerra in Bosnia con lei, Ana si è inalberata. Nessuno può dire nulla, se non
ha vissuto quella esperienza. Nessuno può giudicare. Ana elude le domande,
ricorda le bombe che cadevano su Belgrado, ricorda quando suo padre ha fatto
andare via da Višegrad
lei e sua madre. L’ultima volta che Robert ha fatto qualche osservazione, lei
si è chiusa nel silenzio. Non si sono più visti. Si può amare una ragazza
serba, se sei bosniaco o croato? Si può amare una ragazza il cui padre si è
spacciato per funzionario della Croce Rossa dirigendo gente in fuga dentro la
casa a cui sarebbe stato appiccato il fuoco?
I ricordi dei giorni d’amore di Robert e di Ana si mescolano alle
udienze in tribunale. Parole dolci, l’incanto della scoperta l’uno dell’altra,
si alternano alle voci dei testimoni sopravvissuti. Sentiamo Ana che racconta
di come il padre le abbia fatto scoprire Shakespeare e il testimone che ha
sentito Zlatko Šimić citare “Tito Andronico”. Zlatko Šimić che ha gli stessi
occhi della ragazza che Robert ama. Montecchi e Capuleti. Ci si può amare al di
fuori del contesto in cui si vive?
Non si riesce ad interrompere la lettura di “Mare calmo” di Nicol Ljubić, coinvolge le nostre emozioni e i
nostri pensieri con la forza di un grande romanzo. Restiamo turbati dalla
Storia ancora poco conosciuta di fatti avvenuti vicino alle nostre frontiere
(uno sguardo alle date dei ritrovamenti dei corpi delle vittime ne spiega in
parte la ragione), ci interroghiamo senza fine sulla duplicità umana e sul
fardello della colpa, accostiamo nel pensiero il personaggio di Ana, con il suo
rifiuto della realtà, con quello di un’altra Ana, la figlia di Ratko Mladić che
si tolse la vita quando venne a conoscere la seconda faccia del padre che
adorava (ne abbiamo letto nello splendido romanzo di Clara Usón, “La figlia”). E
forse non è un caso che Ljubić
abbia scelto lo stesso nome per la sua protagonista, così come non è casuale
che in “Mare calmo” Ana sia l’abbreviazione di Cordana- non fa pensare a
Cordelia, figlia prediletta di Re Lear?
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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