martedì 11 aprile 2017

Patrick Modiano, “Dora Bruder” ed. 2014

                                                               Voci da mondi diversi, Francia
                                                                        Shoah
                                                                 premio Nobel


Patrick Modiano, “Dora Bruder”
Ed. Guanda, trad. F. Bruno, pagg. 144, Euro 12,33

       Quando, nel 2014, Patrick Modiano ha vinto il premio Nobel, mi sono ripromessa di leggere almeno un suo romanzo. Eppure, dopo aver letto gli articoli di cui i giornali erano pieni in quei giorni, avvertivo in me una certa resistenza, avevo il sentore che non fosse uno scrittore che avrei amato e di cui avrei letto, puntigliosamente, tutti i libri.
Solo ora ho preso in mano “Dora Bruder”. L’ho letto- è un libriccino, si legge in fretta. Mi ha lasciato con una sensazione di freddezza che mi ha rattristato. Non è un soggetto allegro, la ricerca di Dora Bruder scomparsa del tutto nei fumi del camino di Auschwitz, ma mi è parso che il seguire le sue tracce da parte dello scrittore, sfogliando documenti nella speranza di trovarvi nomi e date, camminando per le strade che forse la ragazzina con le trecce aveva percorso, mancasse di calore, che tutto fosse iniziato sotto la spinta della curiosità e dalla volontà di prolungare almeno su carta la vita di Dora Bruder, ma che il distacco dagli avvenimenti fosse troppo forte nel tempo e nel cuore per colmarlo.

    Nel 1988, su una vecchia copia di Paris-Soir del 1941, Patrick Modiano legge un breve annuncio stilato dai genitori di Dora: chiunque abbia visto una quindicenne con gli occhi grigi, cappotto grigio, gonna e cappello blu, scarpe marrone, è pregato darne notizia ai genitori. Segue un indirizzo di Parigi da cui incominciano le ricerche dello scrittore. Che scopre che, all’epoca, l’edificio dove i Bruder avevano dato il recapito era un albergo: era dal 1937 che la famiglia occupava lì una camera con cucina.
    Non vi racconterò né la storia della famiglia Bruder né quella, molto esile in realtà, di Dora. La ricerca di Patrick Modiano non è stata facile- documento che attesta la nascita, il giro di tutte le scuole per capire quale avesse frequentato, il collegio di suore dove il padre l’aveva iscritta- molto previdente davvero- fin dal 1939. E poi Dora era scappata dal collegio il 14 dicembre 1941- questo è registrato. Si possono solo fare supposizioni- perché era fuggita? Dove era andata se c’era il coprifuoco? Come era la ragazzina Dora? di sicuro c'è solo la sua fine, meticolosamente registrata.

   Più ancora che il personaggio di Dora che è un’ombra in una Parigi occupata dai nazisti, è la capitale francese ad avere il ruolo più interessante nel romanzo di Modiano. Nel girare per Parigi cercando indizi di Dora, Modiano calpesta anche le orme del suo proprio padre, immagina anche che le strade di suo padre e di Dora possano essersi incrociate brevemente, ricrea l’atmosfera buia e pesante di quegli anni. La prosa di Modiano è concisa, distaccata, non dà alcun calore, non lascia trasparire emozioni.
   Può darsi che leggerò un altro romanzo di Patrick Modiano. Di certo non subito.




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