Voci da mondi diversi. Canada
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
Aki Shimazaki, “Il
peso dei segreti”
Ed. Feltrinelli, trad. C. Poli, pagg. 394, Euro 16,15
Sullo sfondo, come se fosse uno dei
notiziari che si proiettavano in bianco e nero una volta nei cinema, il fungo
atomico della bomba sganciata il 9 di agosto 1945 dagli americani su Nagasaki.
Una scena che non possiamo dimenticare, che si ripercuote su tutte le vicende
raccontate nel romanzo “Il peso dei segreti” della scrittrice canadese di
origine giapponese Aki Shimazaki, un romanzo a incastro composto da cinque
tessere di un puzzle, ognuna con il suo titolo che contiene un indizio, che ha
un riferimento preciso al testo anche se noi lo comprenderemo dopo, a poco a
poco.
Ancora una volta un romanzo che incomincia
dalla fine, con la rivelazione contenuta nel testamento della nonna Yukiko- c’è
una busta da consegnare a suo fratello. La nonna Yukiko aveva un fratello?
Nessuno ne ha mai saputo nulla. E intanto, mentre la pellicola si riavvolge, il
tempo torna indietro nella storia che Yukiko racconta alla nipote, al giorno
della bomba. Yukiko era sopravvissuta perché era fuggita via da casa al mattino
presto dopo aver commesso qualcosa di tremendo.
E questo è il primo dei segreti
in un libro fitto di rivelazioni e di storie di seconde vite, di amori nascosti
e proibiti, di tragedie naturali (il grande terremoto del Kanto, nel 1923, che
causò circa 142.000 morti e quasi 40.000 dispersi) e storiche (non solo la
seconda guerra mondiale ma anche la guerra russo-giapponese per il controllo
della Manciuria e l’annessione della Corea al Giappone con la conseguente
persecuzione dei coreani).
Di segreto in segreto, da una voce
narrante all’altra, di ricordo in ricordo, “Il peso dei segreti” è un libro
che, letteralmente, si divora. Se ci rendiamo conto che a tratti sfiora il
genere feuilleton, se alcuni dettagli ci paiono incredibili, la costruzione del
romanzo è talmente perfetta, con il suo gioco di rimandi, che sorvoliamo sui
difetti che possiamo trovarci.
La prima copertina colorata è quella con una
camelia rossa- tsubaki in giapponese,
e questo è il nome che Yuki ha dato alla sua terza figlia per ricordare il
fiore preferito del suo grande amore. Segue la parte con l’immagine delle
conchiglie, hamaguri: è Yuki il
personaggio che sale alla ribalta ed era stato con la ragazza del suo cuore che
aveva fatto il gioco delle conchiglie di cui solo due combaciano perfettamente.
Gli azzurri myosotis (non-ti-scordar-di-me), wasurenagusa- sono i fiori preferiti di Mariko (ma c’è un segreto
anche dietro questo nome, così come dietro la sua identità) che domina la terza
parte. Dopo ci sarà la rondine dalle ali nere (tsubame come viene chiamato il prete della chiesa presso cui trova
rifugio Mariko) e la lucciola (hotaru)
con la sua scia di luce che attrae in acque zuccherose che bisogna
assolutamente evitare. Ogni personaggio contribuisce con la sua parte di
storia, a volte sentiamo lo stesso frammento di vita raccontato in più di un
modo da persone differenti, ognuno aggiunge, ognuno toglie qualcosa, ognuno ha
sofferto o gioito diversamente, ognuno ha uno o più segreti. Vengono fuori
inimicizie e pregiudizi, colpe dei genitori per cui sono i figli a soffrire,
tre generazioni di donne sperimentano un cambiamento di costumi anche se il
comportamento maschile pare seguire la solita strategia di conquista.
Come accade in ogni bel romanzo a sfondo
sentimentale ci sono due personaggi maschili contrapposti. Definiamoli
sbrigativamente l’amante e il marito, il ‘villain’ del romanzo (quello con il
ruolo del cattivo) e l’uomo generoso e dal cuore grande. Uno farà una brutta e
meritata fine e l’altro si conquista il suo posto in famiglia (e conquista
anche noi).
Un romanzo che piacerà a tutte le lettrici
proprio per questo misto di dramma e sentimento.
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