martedì 4 aprile 2017

Paolo Cognetti, “Le otto montagne” ed. 2006

                                                                   Casa Nostra. Qui Italia
               romanzo di formazione
               FRESCO DI LETTURA

Paolo Cognetti, “Le otto montagne”
Ed. Einaudi, pagg. 199, Euro 18,50

    E’ da un vecchio nepalese che trasporta un carico di galline su per l’Everest che Pietro sente parlare per la prima volta delle otto montagne. L’uomo fa un disegno nella polvere, sembra un mandala: un cerchio con quattro diametri, all’estremità di ognuno una montagna, una montagna più grande nel centro. E gli spiega che quello è il mondo per loro: al centro c’è Sumeru, un monte altissimo e intorno ci sono otto montagne e otto mari. Puntando al centro il bastoncino con cui aveva fatto il disegno, aveva chiesto: “avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”. Quando Pietro lo racconterà all’amico Bruno e questi gli chiederà chi di loro due farà che cosa, la risposta è pronta- è Bruno quello che sale in cima al monte Sumeru.

     “Le otto montagne” di Paolo Cognetti è una storia di amore e di amicizia- amore per la montagna, amore di un padre per un figlio, amicizia profonda tra due ragazzi che poi diventano uomini e si trovano ancora a condividere la passione per la montagna. Chi ci è nato si porta la montagna nel cuore- il padre e la madre di Pietro venivano dal Veneto, si erano dovuti trasferire a Milano per lavoro, per loro esistevano solo le Dolomiti, le uniche montagne a portata di uomo secondo sua madre. Poi suo padre aveva scoperto l’imponenza del  Monte Rosa, avevano preso in affitto una casupola in un villaggio, ci andavano ogni estate e la sfida era raggiungere una vetta dopo l’altra. Anche se Pietro soffriva il mal di montagna. Fino al giorno quando- era già adolescente- si era rifiutato di seguire suo padre. Era stato il primo distacco. Intanto Pietro aveva fatto amicizia con Bruno, il ragazzo un poco selvaggio che badava alle mucche al pascolo e che gli aveva dato il soprannome di Berio che voleva dire ‘pietra’ in dialetto.

     Pietro sarà quello che studierà e che andrà in giro per il mondo, Bruno quello che resterà nella sua valle facendo il muratore. Pietro si allontanerà dal padre e scoprirà solo dopo la sua morte come Bruno gli fosse stato, invece, vicino, quasi un figlio sostituto, scalando le cime insieme a lui. Pietro arriverà sui monti con una fidanzata, ma sarà Bruno ad avere un rapporto di coppia stabile e ad avere una figlia, mentre Pietro, sempre insoddisfatto e inquieto, si spingerà sull’Himalaya. Insieme, Pietro e Bruno, realizzeranno il sogno del padre di Pietro: costruiranno una casa su un rudere, in alto, là dove non arrivano i rumori del mondo, sotto il fianco di una montagna.


     Il racconto di Paolo Cognetti ci irretisce fin dalle prime pagine. Irretisce chiunque, anche chi non ha mai sentito il fascino delle montagne. Perché Cognetti scrive bene, in una prosa cristallina che sembra evocare cieli tersi e profili netti di montagne, con un che di poetico imprecisato e non forzato, con un linguaggio allo stesso tempo semplice e raffinato. E i sentimenti di cui parla sono ‘grandi’- sia il legame tra i genitori di Pietro (hanno una storia drammatica alle spalle, la scopriremo alla fine), sia il rapporto del padre con il figlio (ho pensato al mare che univa padre e figlio nel romanzo “Il passaggio” di Pietro Grossi e mi sono interrogata sull’importanza dei grandi spazi e delle passioni che suscitano e delle lezioni di vita che impartiscono), sia l’amicizia tra due ragazzi che trovano- uno nell’altro- quello che gli manca.


1 commento:

  1. Il mandala rappresenta la montagna... grazie... è l'unico che ho trovato corrispondente alla descrizione del libro. :-)
    Grazie
    Claudio

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