Voci da mondi diversi. Africa
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
José Eduardo Agualusa, “Teoria generale dell’oblio”
Ed. Neri Pozza, trad. Romana
Petri, pagg. 219, Euro 16,50
25 aprile 1974- iniziava la Rivoluzione
dei Garofani in Portogallo. Anche in Angola, colonia portoghese dal secolo
XVII, i tempi erano maturi per un cambiamento. Nel 1975 Agostinho Neto divenne
il primo presidente dell’Angola indipendente e iniziava, però, una lunga guerra
civile. E’ su questo sfondo travagliato che si svolge il romanzo “Teoria
generale dell’oblio” dello scrittore angolano José Eduardo Agualusa- la storia
di Ludovica Fernandes Mano, reclusa per trent’anni in un’ala del Palazzo degli Invidiati
a Luanda, è il filo conduttore da cui si stacca una frangia di altre storie con
altri personaggi che, in una qualche maniera, hanno a che fare con lei.
Ludo non si sarebbe mai separata da sua
sorella Odete. Quando Orlando, un ingegnere minerario angolano conosce Odete
durante un suo viaggio in Portogallo e se ne innamora, anche Ludo parte per
Luanda insieme alla sorella. Affronta il viaggio morta di paura, ma, d’altra
parte, Ludo ha paura anche dell’aria che respira. Il cognato le regala un cane
che le faccia compagnia e lei lo chiama Fantasma, perché è tutto bianco, è un
pastore tedesco albino. Scoppia la rivoluzione nelle strade di Luanda, i
portoghesi vendono, svendono, regalano le loro proprietà per fuggirsene in
Portogallo. Anche Odete vorrebbe tornare in patria. Orlando si indigna. Quelli
che Odete chiama ‘terroristi’ per lui sono patrioti che combattono per la
libertà dell’Angola e lui è un angolano, non se ne andrà. E tuttavia, una sera,
Orlando e Odete escono per andare ad una festa e scompaiono. Ecco perché Ludo
si mura in casa. Perché ha paura, perché ha ucciso un furfante che voleva
rubare, perché è l’unica cosa che le viene in mente di fare per proteggersi.
Lei e Fantasma sopravvivranno- in casa c’è di tutto, bevande e acqua, sacchi di
farina e di fagioli e di mais, farina. Un muro che Ludo è in grado di ergere
nel corridoio la isolerà dal resto di quel palazzo splendido che non per niente
era chiamato Palazzo degli Invidiati.
Ludo non lo sa, ma Orlando si era
appropriato di un certo numero di diamanti della società per cui lavorava ed un
mercenario- chiamato ‘il Boia’- voleva recuperarli. Sulle tracce del Boia si
muove l’investigatore Monte, un comunista che odia i portoghesi e, anni dopo,
un giornalista, Daniel Benchimol, si metterà alla ricerca di Ludo, dopo aver
ricevuto una strana lettera dal Portogallo dove qualcuno vorrebbe avere notizie
proprio di Ludo. E alla fine conosceremo anche noi il segreto di Ludo.
Con mano maestra Agualusa mescola le carte
e le distribuisce- la storia di Ludo per cui il tempo non ha alcuna dimensione
in quell’appartamento all’ultimo piano dove lei ha coltivato piante
commestibili sul terrazzo, brucia libri e mobili per riscaldarsi, scrive a
carboncino sulle pareti frasi tratte dai libri prima di consegnarli alle fiamme,
inventa una trappola usando i diamanti come esca per catturare piccioni e poi
mangiarli (e un piccione viaggiatore, che lei ha rimesso in libertà
perché consegnasse il messaggio d’amore attaccato alla sua zampa, farà la
fortuna di una persona che verrà ad abitare nel suo stesso palazzo), si alterna
con quella del Boia che scampa a più di una morte, con quella di Monte e quella
di Daniel Benchimol e quella degli angolani negli anni bui (per Ludo lo sono
letteralmente, quando viene meno l’elettricità in casa) della guerra civile quando
una donna che scompare è soltanto una delle tante persone che sono scomparse.
La fine è come la calma dopo la tempesta,
la spiegazione di tutto. “Dobbiamo praticare l’oblio”, dice Ludo. Il Boia si
oppone, “Dimenticare è come morire. Dimenticare è una resa”. Soltanto adesso,
solo alla fine, Ludo si rammarica di aver sprecato la sua vita.
Nella nota preliminare Agualusa ci dice che
Ludovica Fernandes Mano è morta a ottantacinque anni a Luanda, nel 2010, di
avere tra le sue mani i diari dei primi dei suoi ventotto anni di reclusione e
di averli usati per meglio capirla. “Ciò che leggerete, però, è finzione. Pura
finzione.” Pura arte dello scrittore, diciamo noi.
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