martedì 25 ottobre 2022

Willem Frederik Hermans, “La camera oscura di Damocle” ed. 2022

                                Voci da mondi diversi. Paesi Bassi

                                   seconda guerra mondiale 

Willem Frederik Hermans, “La camera oscura di Damocle”

Ed. Iperborea, trad. Claudia Di Palermo, pagg. 445, Euro 19,50

    Henri Ousewoudt era un bambino quando, appena ritornato da scuola, era stato immediatamente accompagnato a casa dello zio- sua madre aveva ucciso suo padre. Era diventato grande con gli zii e aveva finito per sposarne la figlia, sua cugina, più vecchia di lui e brutta per di più. Non che lui, Henri fosse bello. Piccolo di statura (era stato scartato al servizio di leva), naso minuscolo, mento sfuggente, nessuna traccia di barba, pelle liscia come il culetto di un bambino, capelli sottili e biondi, voce acuta. Henri, spesso ridicolizzato per il suo aspetto, potrebbe passare per una donna e infatti, quando, per fuggire, dovrà vestirsi da suora, più avanti nel libro e in quella che forse è l’unica scena comica del romanzo, il suo travestimento sarà così credibile da attirare le avances di un ufficiale tedesco.

   Nel maggio 1940 i tedeschi invadono l’Olanda e un uomo in divisa olandese entra nella tabaccheria che ora Henri gestisce al posto del padre. Da questo momento la sorte di Osewoudt sarà legata a quella di Dorbeck, il misterioso ufficiale. Non sono solo i loro nomi ad assomigliarsi con quella doppia consonante finale, sono proprio identici anche se Dorbeck ha i capelli neri e un’ombra di barba sulla faccia. Sono l’uno il doppelgänger dell’altro, come il negativo e il positivo di una pellicola.

    Il paragone è quanto mai adeguato perché il tema della pellicola, di fotogrammi stampati, usati come segnale di riconoscimento, andati smarriti, passati di mano da olandesi che lottano per la resistenza ai tedeschi, è un leit-motiv di tutto il romanzo, considerato come il capolavoro di uno dei più grandi scrittori olandesi.


Tutto inizia da questo incontro, dunque, quando Dorbeck affida un rullino da sviluppare a Osewoudt. Anche il rullino è misterioso, perché la pellicola è interamente nera: è Osewoudt che ha commesso un errore nello sviluppo oppure non c’era proprio nessuna immagine? In pratica Osewoudt, il pallido e pavido Osewoudt che ha sempre scelto e sempre sceglierà la via più facile, viene arruolato nella resistenza. Nell’eseguire gli ordini Osewoudt è bravo. Non fa domande, obbedisce. Gli dicono di recarsi ad un certo indirizzo e uccidere le persone che troverà in casa? E lui lo fa. Deve andare con una ragazza a prelevare un bambino in una fattoria isolata e ammazzare il collaborazionista che è il padre del bambino? Osewoudt non fa domande, esegue e ci scappa qualche morto in più per sicurezza.

    Intanto Dorbeck è scomparso. Quando, al cinema, compare sullo schermo l’immagine di un uomo ricercato e su cui c’è una taglia, Osewoudt, che è tra gli spettatori, scappa. Cercano lui, Osewoudt, ma quello sullo schermo era Dorbeck, anche se ormai Osewoudt si è fatto tingere i capelli di nero ed è ancora più somigliante. Morti ammazzati, fughe, arresti, interrogatori e torture, un ufficiale tedesco che aiuta sia lui sia la ragazza ebrea che aspetta un figlio da lui (perché?), un medico che lo salva facendolo fuggire dall’ospedale (perché?) e poi la guerra è finita e Osewoudt viene nuovamente arrestato e accusato di avere tradito, di essere stato un collaborazionista. Solo la testimonianza di Dorbeck potrebbe scagionarlo. Ma Dorbeck non si trova.


    La narrazione è in terza persona, ma è sempre il punto di vista del protagonista che noi leggiamo, tanto che a volte abbiamo l’impressione che sia un monologo interiore. E, come accade in questi casi, non sappiamo quanto sia affidabile la voce che sentiamo. Perché i fatti sono ingarbugliati, le persone cambiano nome per non essere riconosciute, e poi, esiste veramente Dorbeck o c’è in Osewoudt una traccia della follia di sua madre? È uno psicopatico che ha inventato un doppio per se stesso? E soprattutto, è un eroe o è un criminale?

   “La camera oscura di Damocle” è un romanzo terribile sulla seconda guerra mondiale, senza apparire tale, ma piuttosto un thriller o un libro di spionaggio. Terribile perché riflette le ambiguità dell’atmosfera del tempo, dove la linea di confine tra bene e male è sottile, dove tutto è permesso, anche uccidere.

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